Perché mettere un freno alle intercettazioni
Apr 22nd, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
“Le intercettazioni sono immonde, non da Stato libero. I cittadini sono controllati, anche per questo va fatta la riforma. E’ una questione di libertà”. Il premier Silvio Berlusconi, nel presentare la candidatura di Letizia Moratti, è tornato sui temi principali dell’attualità politica, ed ha fissato l’agenda del governo: “Dopo l’uscita di Fini e dei suoi, la maggioranza è più esile, ma più coesa di prima. Abbiamo i numeri per governare e fare le riforme che gli alleati ci hanno sempre impedito di approvare: la riforma dell’architettura istituzionale dello Stato, quella della giustizia e quella del fisco. Faremo certamente anche quella delle intercettazioni, perché così non si può più andare avanti. Il diritto alla privacy di fatto non esiste più e tutti si sentono spiati quando parlano al telefono”. Sulle intercettazioni, il centrodestra ritiene che non debbano subire limitazioni soltanto nelle indagini per i reati più gravi, come criminalità organizzata e mafie, traffico di droga e delle armi, e i delitti di sangue. Per il resto, bisogna mettere dei paletti, per evitare che con le intercettazioni a strascico le procure politicizzate più che perseguire un’ipotesi di reato, cerchino in realtà di costruirla a tavolino, con costi altissimi per lo Stato, e procedimenti sovente vanificati dalle sentenze assolutorie dei tribunali. Ha aggiunto Berlusconi a Milano: “La sinistra sostiene l’idea che tutti debbano essere spiati. Oggi non siamo veramente liberi, le nostre conversazioni non sono inviolabili”. E più avanti, ha accennato a un fatto personale: “ Milano non ci sono più i negozi di una volta, non c’è più quello dove si compravano le meringhe per la mamma, ora c’è un negozio della Tim, ma io non ci vado perchè al presidente del Consiglio è vietato avere il telefonino perchè sono controllato da tutte le procure d’Italia. Per questo sono tornato a scrivere le lettere d’amore”. Tutte le statistiche confermano l’urgenza di un intervento legislativo che ponga fine all’abuso delle intercettazioni, che spesso riguardano cittadini che non sono neppure indagati, ma poi si ritrovano le conversazioni private sui giornali. Un fatto inevitabile se si considera l’altissimo numero delle intercettazioni in Italia, senza pari al mondo. Quelle ad opera delle procure oscillerebbero da 100 mila a 400 mila l’anno. Nel 2009 gli italiani intercettati sono stati 123.384: nell’ipotesi che ciascuno abbia parlato con 30 persone, tutte intercettate, si arriva a milioni di conversazioni registrate. Con il sistema “a strascico”, le procure intercettano tutto e tutti e poi scelgono ciò che fa loro più comodo, costruendo così indagini penali molto costose, utili ai pm politicizzati per finire in prima pagina sui giornali, ma spesso sconfessati dai tribunali giudicanti. Alcuni pm hanno costruito la loro carriera in toga prima e quella politica dopo proprio con i processi mediatici, basati su migliaia di intercettazioni, ma finiti nel nulla, con l’assoluzione di tutti gli indagati, ai quali è stata rovinata spesso la vita e la carriera . Il costo delle intercettazioni per lo Stato è stato di 271 milioni di euro nel 2009 e poiché il costo unitario si è dimezzato dal 2003, ciò significa che è aumentato il numero delle intercettazioni e degli intercettati, stimato in un +128% tra il 2000 e il 2004. I distretti più attivi nell’autorizzazione delle intercettazioni sono Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Roma. Anche in questo caso si può parlare di accanimento delle intercettazioni. Sembra quindi indubbio che il Parlamento debba mettere mano alla materia, per riportare l’Italia sugli standard dei Paesi che sono al tempo stesso più democratici e più liberi.