VINITALY DETTA LE STRATEGIE PER RICONQUISTARE IL CONSUAMATORE ITALIANO
Apr 7th, 2011 | Di cc | Categoria: Spettacoli e CulturaIl tema del recupero del mercato interno alla luce del calo tendenziale del consumo pro capite, lanciato da Vinitaly fin da febbraio con le interviste di “Aspettando Vinitaly”, ha trovato, con la presentazione della ricerca “Ma gli italiani amano ancora il vino? Le ragioni del consumo interno”, una sintesi scientificamente supportata delle strategie necessarie per riconquistare i consumatori italiani.
In tempi di crisi la “scorciatoia” della leva prezzi non rappresenta la soluzione migliore. Scendere di qualità non paga perché soltanto le imprese che si collocano nella fascia più alta hanno una redditività tale da assorbire la riduzione dei margini e vantano una capitalizzazione maggiore con un migliore equilibrio finanziario. Lo dice lo studio Vinitaly/Confcommercio “Ma gli italiani amano ancora il vino? Le ragioni del consumo interno” presentato nel primo giorno del Salone internazionale dei vini e distillati in corso a Verona fino all’11 aprile.
La ricerca è stata divisa in due parti: la prima, attraverso
A queste due ricerche, si è affiancata una lunga serie di interviste che dal febbraio scorso Vinitaly ha realizzato settimanalmente intervistando 35 personalità del settore vitivinicolo (istituzioni, produttori, giornalisti, associazioni, esperti di marketing e immagine) aprendo un dibattito sul sito htt://aspettando.vinitaly.com
Dal campione di consumatori emerge che:
- il vino si beve essenzialmente a casa, mentre il ruolo di ristoranti, pub ed enoteche è marginale per una buona fetta di consumatori. Appena il 40% degli italiani bere vino tutti i giorni; il 28,3% due, tre volte a settimana. Un terzo del campione beve vino assai più raramente. Analizzando questi dati per classi di età emerge un consumatore abituale mediamente anziano, sopra i 50 anni;
- gli italiani dicono che il vino fa bene, che esprime soltanto valori positivi e non lo ritengono un prodotto di moda. Il vino rappresenta proprio l’italianità, il vino non è più un alimento, ma resta una parte fondamentale del nostro sentirci parte della comunità;
- gli italiani però ammettono di non conoscere il vino (la metà si giudica in materia totalmente incompetente) e che la marca è determinante nella scelta di acquisto solo nelle occasioni importanti;
- la maggioranza del campione non ha radicalmente modificato le proprie abitudini di consumo, ma il numero degli italiani che li ha ridotti, in generale per motivi di salute, è più del doppio di quanti invece hanno incrementato i consumi, il 22,4% contro il 9,8.
Per il panel di esperti:
- il percepito del vino coincide con i risultati della popolazione su temi quali salubrità, piacevolezza, valori positivi e rappresentazione dell’italianità. Negli ultimi anni il vino italiano è inoltre cresciuto in qualità andando anche verso una maggiore facilità di beva;
- nello stesso periodo il mondo del vino non ha parlato correttamente coi consumatori; ha usato un linguaggio elitario (anche nell’etichettatura); non ha investito sufficientemente in pubblicità e promozione, confermando di fatto l’abbandono del presidio sulle nuove generazioni più sensibili di quelle più anziane alla pubblicità e alla comunicazione; non ha coinvolto i consumatori nell’individuare i nuovi vini dando troppo ascolto agli enologi e ai critici. Quindi, paradossalmente, ha prodotto vini che vanno incontro ai cambiamenti recenti delle abitudini della società italiana dimenticandosi però di “avvisarla”.
Le soluzioni individuate dal panel di esperti per riconquistare il mercato interno sono essenzialmente quattro:
- raccontarsi ed aprirsi di più al pubblico;
- intercettare i nuovi pubblici: donne e giovani avviando la sostituzione dei consumatori attuali;
- investire di più in comunicazione e pubblicità, che invece è segnalata in calo da buona parte della stampa di settore presente nel panel degli intervistati;
- favorire le aggregazioni fra i produttori per superare i limiti di comunicazione e commerciali determinati dall’eccessivo frazionamento della produzione.