Un’altra spallata fallita

Apr 6th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica

Un’altra spallata fallita. Un’altra slogatura alla spalla di chi l’ha tentata. Dal 14 dicembre, data della “madre di tutte le spallate”, quella appena a ridosso del saltafosso dei finiani e che doveva spedire a casa Silvio Berlusconi e sostituirlo con un governo cosiddetto di salute pubblica senza passare per le urne, la maggioranza non ha fatto che rafforzarsi.Prima la diaspora di ritorno da Fli, ormai non più gruppo al Senato e ridotto ai minimi alla Camera, quindi il passaggio nella maggioranza di ex Pd ed ex Idv, ieri i tre nomi in più provenienti dai liberaldemocratici e dall’Mpa.Risultato: il governo che quel 14 dicembre ottenne la fiducia per tre voti nel momento in cui le manovre e le imboscate, parlamentari e non, avevano raggiunto il massimo, e che poi è passato indenne il 18 gennaio nella relazione sulla Giustizia del ministro Alfano (con 20 voti di scarto) ed il 2 marzo sul federalismo fiscale (più 23 voti), e quindi sulla Libia, ieri ha visto consolidarsi ulteriormente i propri numeri. Perché se il margine è stato di 12 voti, la maggioranza ha fatto registrare 314 sì con varie assenze giustificate, a cominciare da quelle di Berlusconi e Maroni. Mentre l’opposizione, pur avendo chiamato a raccolta tutti i suoi, è rimasta ferma a quota 302.Ora, non sapendo più che scusa accampare, il Pd dice che il centrodestra “si salva grazie ai ministri”. Ma i componenti del governo non sono parlamentari come gli altri? E allora il governo Prodi, che tirò avanti non solo con i ministri, ma soprattutto con i senatori a vita? La realtà è ormai un’altra: i moderati hanno ormai una maggioranza politica, una linea, una leadership ed un programma. Ed è proprio su queste basi che i numeri cresceranno ancora. La sinistra non si è ancora ripresa dalla botta, e le sconfitte aumentano.   Caso Ruby/La lettera di Silvio Berlusconi ai giudici “Il sottoscritto Silvio Berlusconi, in relazione all’udienza fissata per il giorno 6 aprile 2011 avanti codesto tribunale in composizione collegiale espone quanto segue. Fermo restando che e’ mia intenzione partecipare alle udienze, consento espressamente, nel caso di specie, trattandosi di prima udienza di smistamento, che si proceda in mia assenza, ancorche’ impedito, come da certificazione allegata, essendo impegnato per ragioni istituzionali che non mi consentono in alcun modo di essere presente”. E’ questa la lettera sottoscritta dal presidente del Consiglio e indirizzata ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Milano per spiegare la sua assenza di oggi in aula. Alla missiva, il premier ha allegato un certificato firmato dal segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, Manlio Strano, che certifica come il leader del Pdl oggi “dovra’ presiedere a palazzo Chigi il comitato denominato ‘crisi Libia’”.Battuta sistematicamente in Parlamento l’opposizione continua a cercare nelle piazze il suo unico sbocco politico. Ieri a Roma ha pensato bene di presidiarne due, Montecitorio (con Di Pietro) ed il Pantheon (con Bersani).Sì è sempre detto “piazze piene, urne vuote”: figuriamoci ora che le piazze sono anche loro mezze vuote. Ciò che però deve soprattutto far riflettere è lo zero assoluto nei contenuti politici dei messaggi di piazza. Bersani rincorre ormai Di Pietro nella demagogia: ieri il solo slogan di cui è stato capace è “vergogna”. Vergogna di che?Ed è ancora abbastanza fresco il ricordo del segretario del Pd che inseguiva sempre Di Pietro (accompagnato da una pattuglia di finiani) sul tetto della Sapienza, per compiacere i baroni universitari. Caro Bersani, si vede chiaramente che la demagogia non fa per lei, si srotoli le maniche della camicia e torni a far politica vera, lei che dovrebbe esserne capace. Altrimenti rischia di passare alla cronaca – la storia lasciamola perdere - per la caricatura di Maurizio Crozza su La 7.D’altra parte, quando non va in piazza l’opposizione si rifugia nei talk show, quelli amici, cioè quasi tutti. Ieri sera a Ballarò è ricomparso per l’ennesima volta Gianfranco Fini, nei panni di istituzione super partes. Talmente super partes da affermare due cose: che il voto alla Camera è stato possibile “per mia scelta, sottolineo per mia scelta”. E che l’interpretazione data con quel voto “è ovviamente di parte”. Ma la maggioranza del Parlamento non è un atto formale che impegna l’intero stesso Parlamento?   Governo/Bossi: dodici voti di differenza? Bastano  ”Bastano”. Questa la risposta del ministro per le Riforme, Umberto Bossi, ai giornalisti che a Montecitorio gli domandavano un commento sullo scarto di soli 12 voti sul conflitto di attribuzioni sul caso Ruby.   Governo/Cicchitto: maggioranza tiene, anzi si allarga ”La maggioranza tiene e si allarga”. Cosi’ il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto commenta il risultato del voto in Aula sul conflitto di attribuzione. E anche il voto favorevole dei liberaldemocratici dimostra, aggiunge, ”lo smottamento continuo dell’area dell’opposizione”. Cicchitto contesta invece le notizie relative alla quantificazione dei voti a favore della maggioranza: ”In Aula e’ stata data solo la differenza dei voti, non sono stati dati altri numeri. Evidentemente - sottolinea - hanno qualcuno, forse ai vertici della Camera, che li informa”.   Governo/Leone: respinta la lesione dei diritti della Camera “Votando si’ al conflitto di attribuzione sul caso Ruby la Camera ha di fatto respinto la grave lesione ai propri diritti e alle proprie prerogative operata a suo danno dai giudici di Milano”. E’ questo il commento dopo l’esito della votazione di Antonio Leone (PdL) vicepresidente della Camera, intervenuto per le dichiarazioni di voto. “Adesso attenderemo il parere della Consulta - ha aggiunto - che ha gia’ riconosciuto in precedenza alla Camera il diritto inviolabile a una propria, autonoma valutazione gia’ espressa, del resto, con la restituzione degli atti giudiziari alla procura milanese. Ma e’ da sottolineare - conclude Leone - il dato politico emerso dalla votazione e cioe’ che la maggioranza tiene ed e’ in grado di portare avanti il programma di riforme, quella della giustizia prima fra tutte, fino alla conclusione naturale della legislatura”.

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