Separare le carriere dei magistrati. Chi lo ha detto? Giuliano Vassalli
Apr 5th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
Inizia oggi la settimana parlamentare in cui la Camera è chiamata ad approvare una parte importante della riforma della giustizia: il processo breve. E subito Bersani ha annunciato le barricate sia in Aula che in piazza, rafforzando così quel filo rosso che lega l’opposizione ai “movimenti” e che rischia di creare il pericoloso cortocircuito istituzionale denunciato da Cicchitto. Un cortocircuito che riguarda in primo luogo la parte politicizzata della magistratura; non a caso appena il ministro Alfano ha annunciato i capisaldi della riforma, prima il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, lo ha attaccato in pubblico, poi il segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Cascini, in un convegno di Sinistra e Libertà ha affermato testualmente che “questa maggioranza non ha la legittimazione storica, politica, culturale e anche morale per affrontare la riforma della giustizia”. Bastano queste due uscite a dare sostanza al sospetto che alcuni settori della magistratura perseguano l’obiettivo politico di abbattere una maggioranza di governo non gradita, come peraltro dimostra la persecuzione giudiziaria contro Berlusconi che dura ormai da diciassette anni. Per le passioni che suscita negli opposti schieramenti, ma soprattutto per le conseguenze che ha sulla vita dei cittadini, quello della giustizia è un problema cruciale, che non può ulteriormente essere eluso. La sinistra fa ruotare tutta la questione attorno alla figura del premier, ma in realtà questo è solo un modo di travisare la realtà. · La domanda che ci dobbiamo porre infatti è: c’è o non c’è l’esigenza di una riforma della giustizia e, se c’è, in quale direzione dovrebbe andare? Per rispondere è sufficiente andarsi a rivedere gli atti parlamentari riguardanti i tentativi che sono stati fatti, da trent’anni a questa parte, per cambiare la carta costituzionale. Sono state ben tre le commissioni bicamerali che, a partire dal 1983, hanno tentato di modernizzare quella Carta che oggi molti a sinistra hanno elevato quasi a totem intoccabile. Nel 1983 toccò alla Commissione Bozzi, nel 1993 a quella presieduta prima da De Mita e poi dalla Iotti, e nel 1997 alla Bicamerale D’Alema. Ebbene, in tutte e tre le commissioni il tema della riforma della giustizia è stato al centro dei lavori e le soluzioni prospettate sono sempre andate nella direzione che oggi governo e maggioranza intendono percorrere. Visto che Berlusconi è sceso in campo nel ’94, analizziamo il dibattito che si svolse undici anni prima nella Commissione Bozzi. In quella sede il senatore Giuliano Vassalli, socialista, docente di diritto penale, giudice e poi presidente della Corte Costituzionale, sostenne: 1. l’eccessiva politicizzazione del Csm; 2. la necessità di separare le carriere dei magistrati giudicanti da quelli requirenti. E alla domanda sulla necessità di riformare la giustizia, rispose: “In un ordinamento democratico serio, le opposizioni non dovrebbero limitarsi a combattere l’ avversario, e viceversa, ma contribuire con idee al progresso del Paese. Di questa riforma c’è bisogno. I due schieramenti dovrebbero collaborare per portarla a termine“. Allora diciamo le cose come stanno: a sinistra molti sono contro la riforma della giustizia solo perché la propone un governo di centrodestra. Non a caso, un disegno di legge sul processo breve fu presentato nel 2006 dalla senatrice Finocchiaro e da altri alti esponenti del Pd senza che nessuno gridasse allo scandalo. Oggi c’è solo una cosa da fare: procedere speditamente sulla strada intrapresa, senza se e senza ma. E senza ulteriori inciampi parlamentari.