Lavoriamo per la pace nel Mediterraneo

Mar 5th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica

Il governo si è trovato negli ultimi giorni a fronteggiare due situazioni di emergenza di portata mondiale – la crisi libica ed il probabile rialzo dei tassi d’interesse in Europa – e poi la prosecuzione del cammino di riforme in Italia. Su tutti questi fronti sta superando brillantemente, o ha già superato, la prova.Sulla Libia l’Italia agisce con fermezza ma con prudenza.·        Innanzi tutto, ogni speculazione sull’eccessiva accondiscendenza verso Gheddafi da parte di Silvio Berlusconi è stata spazzata via dalle stesse parole del raiss di Tripoli. L’Italia era e resta per il dittatore libico un interlocutore temuto e spesso avversato, non un complice. I rapporti con Roma e con Berlusconi sono stati improntati al reciproco interesse, senza alcuna sudditanza da una parte e dall’altra; anzi. Nulla di più. ·        Spazzata via dai fatti ogni facile ironia, è Berlusconi stesso a porsi il problema di come affrontare una crisi libica che può travolgere, e certamente coinvolge, non l’“amico” Gheddafi, ma un Paese per noi strategico, che tale rimarrà anche dopo Gheddafi. ·        L’Italia non vuole dunque imbarcarsi in nessuna avventura militare, che risulterebbe comunque estremamente complessa e sanguinosa. Ovviamente non si esclude questa estrema possibilità soprattutto per tutelare i nostri interessi: ma le esperienze della Somalia, dell’Iraq, dello stesso Afganistan sono tutte lì a dimostrare che non esistono guerre “semplici”, vinte in partenza, e probabilmente neppure guerre giuste. ·        L’opzione che intanto si è scelto – e già attuato - è dunque quella umanitaria, per dare soccorso ai profughi e agli stessi oppositori del regime di Gheddafi. Ed infatti i nostri sforzi saranno concentrati in interventi sul territorio libico in due aree, quella di Bengasi epicentro della rivolta, e al confine Libia-Tunisia, dove si ammassa la maggior parte degli sfollati, soprattutto personale egiziano e tunisino in fuga dalla Libia. ·        Nel frattempo si guarda al dopo, perché ci sono rilevanti interessi strategici da tutelare. Eni, Unicredit, Finmeccanica, ma soprattutto oltre quattro miliardi di euro di appalti e lavoro ventennale per le nostre imprese, dall’Impregilo alla Saipem a tante piccole e medie aziende, con relativi lavoratori. L’Italia non intende abbandonare la Libia, né come mercato per la nostra economia né come partner politico strategico. ·        Se tutto questo potrà essere fatto con un nuovo governo, più democratico e rispettoso della popolazione, più in linea con l’aria nuova che sembra provenire dalla sponda mediterranea dell’Africa, meglio. Se avremo ancora a che fare con una situazione complessa di democrazia a metà, l’Italia ha dimostrato in tutti questi anni di avere gli strumenti giusti per mettere assieme princìpi e realismo. ·        Nel frattempo il governo mette a disposizione uomini, mezzi della Difesa – aerei e navi – e basi militari a cominciare da Sigonella. ·        Dunque, mentre le grandi potenze del mondo, a cominciare dagli Usa, oscillano tra propositi bellicosi e valutazioni più prudenti e realiste, ma sostanzialmente ancora non si sono mosse, l’Italia affronta la crisi libica nell’unico modo possibile. Cioè con fermezza ma con una attenta valutazione della situazione. E agisce. Stando con l’Occidente, che riconosce al nostro governo un ruolo di primo piano, ma senza intenti colonialisti. E soprattutto avendo presente quali sono le nostre priorità: difesa dei nostri interessi, e ben sapendo che non esistono guerre vinte in partenza, e tanto meno popolari per noi e per gli altri.  Libia/Napoli: il governo italiano impegnato in prima linea ”Le cancellerie europee sono a un passo dal dramma, e la costruzione europea e’ a un passo dalla farsa, sull’emergenza Libia. Una linea comune dell’Europa non e’ un’opzione qualsiasi, ma diventa un dovere politico se ha ancora un senso la parola Europa”. Lo dice il vicepresidente del gruppo PdL ala Camera Osvaldo Napoli. ”Il governo italiano e’ impegnato in prima linea sul piano umanitario, ma lo fa in una condizione di tragica solitudine. Le capitali europee sono troppo indaffarate a misurare i pro e i contro sul dopo-Gheddafi ma sottovalutano in modo drammatico gli eventi in corso dalla cui evoluzione dipende la qualita’ del dopo-Gheddafi. L’Italia non puo’ che confermare la strategia di politica estera, dall’Afghanistan al Medio Oriente, dall’Egitto alla Libia. Ma non puo’ il solo governo Berlusconi farsi carico di un’incombenza che investe l’Europa intera. L’Europa rischia di uscire dissolta dagli eventi che stanno sconvolgendo il Maghreb”.

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