Chi salta da un ramo all’altro?

Nov 14th, 2010 | Di cc | Categoria: Politica

Giova ricordare, a questo punto, come l’irruzione di Berlusconi nel tramonto della prima repubblica, e il consenso nazionale che l’ha collocato al centro della scena pubblica, hanno rappresentato l’occasione storica offerta alla sinistra per fare i conti con l’handicap che la condanna a una condizione minoritaria nella partecipazione al governo del Paese. Occasione clamorosamente mancata. La sinistra avrebbe dovuto approfittarne per sintonizzarsi sulla realtà di una società molto diversa dalla mitologia della lotta di classe, a cui si abbeverò  in  tempi lontani. E’ il bello delle batoste elettorali: mettono nelle condizioni di fare i conti con se stessi, per essere competitivi sul mercato dei voti e delle proposte di governo. Così fan tutti, e questo in particolare hanno fatto tutte le sinistre di governo europee. Ma la sinistra italiana ha preferito ispirarsi al comportamento dei criceti nelle loro gabbie rotanti: molto movimento, senza avanzamento. Non trasformazione, ma vorticoso cambiamento della ragione sociale, rigonfiamento indiscriminato delle proprie alleanze e gioco d’azzardo aperto a ogni talpa extrademocratica (con toga o senza) utilizzabile per scavare il terreno sotto i piedi della maggioranza espressa dagli elettori. C’è una ragione, se gli italiani, in centocinquant’anni di storia unitaria, hanno costantemente preferito tenere fuori dal governo questa sinistra. La premessa serve a capire meglio le ragioni della resistenza di Berlusconi alla pressione per forzarlo ad aprire una crisi di governo extraparlamentare. Non solo Berlusconi ha tutte le ragioni di esigere che il manto d’Arlecchino degli avversari affronti la prova di un voto di sfiducia al governo, ma ne ha il dovere. E’ vitale interesse del Paese che un’alternativa di governo, se esiste, lo dimostri dando prova di esistenza in vita. L’alternativa non può e non deve essere rappresentata dall’arrembaggio caotico all’esecutivo, da parte della coalizione degli ambiziosi, in combutta con le frustrazioni degli eterni sconfitti e con il pullulare di frange lunatiche dedite all’accaparramento, nel disordine, di brandelli di potere. C’è una sola via decente di uscita dalla lacerazione della maggioranza fatta dagli elettori e disfatta dalle tarme dei giochi di potere, ed è l’appello al corpo elettorale perché certifichi la legittimità di un nuovo inizio. Su chi ha preso a sassate il patto con gli elettori incombe l’obbligo di sostenere pubblicamente la sua scelta votando la sfiducia al governo. Non può sperare di cavarsela nascondendo la mano, e saltando da un ramo all’altro con scimmiesca disinvoltura. Questa non è democrazia, ma pretesa di truccarne le regole e piegare al proprio tornaconto lo spirito di un governo del popolo per il popolo. Le catastrofiche conseguenze del deragliamento vanno messe in conto, finché il treno è  sui binari. 

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