Il problema non risolto dei rifiuti a Napoli
Nov 12th, 2010 | Di cc | Categoria: Cronaca di Napoli
Il problema non risolto dei rifiuti a Napoli Ancora una volta i riflettori mediatici e televisivi nazionali e internazionali sono puntati su Napoli e sul, ventennale ormai, problema dei rifiuti nella capitale partenopea. Le vicende di Terzigno e di Giugliano ci indicano che l’emergenza dei rifiuti urbani possa minare nel profondo gli assetti stessi del nostro sistema democratico. Quali le questioni principali che caratterizzano la crisi dei rifiuti? È necessario analizzare la vicenda senza pregiudizi e prerogative ideologiche.Ciò che è emerso nel corso degli ultimi anni è che quello campano si è venuto a configurare come un caso che riassume in sé un valore esemplare e dal quale è possibile trarre una lezione che travalica l’ambito locale. Non c’è dubbio, infatti, che a causa della sua straordinaria eco mediatica, non riscontrabile in altre situazioni analoghe, esso ha posto al centro del dibattito pubblico nazionale una questione considerata fino a quel momento come mera questione tecnica di metabolismo urbano. Essa, infatti, si è ben presto rivelata come qualcosa di più complesso, una questione che investe i caratteri del modello di sviluppo e delle politiche economiche, i livelli della conoscenza tecnica di esperti e decisori, il grado di educazione ambientale dei cittadini, l’efficienza dei sistemi di governo e di gestione del territorio e dei beni collettivi, la capacità dei diversi pezzi dello Stato e delle istituzioni di agire in maniera condivisa, il senso di responsabilità di donne e uomini che operano nelle amministrazioni pubbliche, il rapporto tra saperi scientifici e modelli economici. Nella questione campana è venuto fuori con forza l’incapacità di prendere provvedimenti strutturali legata soprattutto a un problema di sfiducia e di deficit di comunicazione. Molte opposizioni a discariche ed alla realizzazione di impianti di recupero di energia derivano in Campania dalla scarsa fiducia nei confronti del settore pubblico e del modo in cui esso ha gestito questo ambito nel corso degli ultimi decenni. Una sfiducia, questa, che investe il rapporto tra esperti e decisori e che intreccia la storia urbana di gran parte dell’Italia meridionale, il modo in cui molte amministrazioni comunali hanno guardato e concepito il territorio, non come bene collettivo da gestire per soddisfare l’interesse delle comunità, ma come occasione di sviluppo e di arricchimento. La questione dei rifiuti e la modernizzazione del suo sistema di smaltimento chiama dunque in causa la responsabilità pubblica del ceto politico meridionale, la capacità di governare un territorio e di garantirne il funzionamento della sua vita civile. Oltre a ciò non c’è dubbio che la questione dei rifiuti in Campania può essere interpretata anche come un gap di comunicazione tra istituzioni e cittadini, come un’incapacità dei referenti politici di promuovere e organizzare forme di coinvolgimento. Politici troppo lontani e assenti che hanno mostrato la loro presenza solo attraverso le notizie sulla stampa. Questa conflittualità si colloca all’interno di quel vuoto profondo che si è scavato negli ultimi decenni tra le istituzioni e il demos. L’attuale fase di crisi ci indica che il problema dei rifiuti non soltanto non è risolto ma nemmeno è stato affrontato. Il rocambolesco intervento emergenziale ne ha unicamente reiterato e stiracchiato le vecchie modalità improvvisate di gestione. Nessuna politica strutturale è ancora partita, riducendo la “fine emergenza” a mero enunciato e la comparsa di Bertolaso a Napoli, in questi ultimi giorni, non fa altro che confermare quanto detto. Il segno più grande di questa assenza di programmazione sono i 6 milioni di eco balle ancora da collocare nella cupa mappa metropolitana tra Napoli e Caserta. È dunque necessario un superamento del deficit culturale e politico che grava sui luoghi del governo della cosa pubblica per avviare un processo di rinnovamento e di consapevolezza fondato su un circuito virtuoso tra decisione politica, valutazione esperta, volontà dei cittadini e disponibilità di risorse finanziarie. Inoltre la diffusa convinzione che esista un’unica soluzione al problema (la raccolta differenziata) – alimentata da un certo tipo di ambientalismo – è falsa e velleitaria. Ovunque nei paesi del mondo occidentale e nella stessa Italia, le soluzioni sono sempre plurali e cambiano a seconda delle condizioni ambientali, demografiche, sociali ed economiche di un territorio. La raccolta differenziata è comunque una soluzione ex post, che non elimina le cause dei processi distruttivi per le risorse naturali e dannosi per la salute. Queste sono, d’altra parte, le motivazioni per cui l’Unione Europea ha disposto per il 2020 il riciclaggio dei rifiuti al 50% e il recupero di energia di quelli che contengono potere calorifico e non sono riciclabili, eliminando così l’interramento in discarica dei rifiuti non trattati. La discarica si è rivelata come l’aspetto più inquietante del sistema di smaltimento dei rifiuti in Campania, nonché occasione di traffici illeciti e di contaminazioni pericolose tra amministrazioni pubbliche, imprese e organizzazioni criminali. Per questa ultima motivazione l’ausilio dei termovalorizzatori diventa attualmente necessario alla chiusura del ciclo integrato dei rifiuti. Questa necessità nasce dall’esigenza di sottrarre alle discariche tutte le materie che non sono riciclabili e da cui è possibile estrarre energia. Tuttavia i termovalorizzatori non rappresentano “la” soluzione al problema in una prospettiva di lungo periodo. In tale prospettiva bisogna dare spazio al perfezionamento della ricerca e delle applicazioni per il recupero di materia, i quali sono, e restano, gli obiettivi prioritari a livello comunitario e nazionale Roberta Mautone