Giornalismo, quarto potereche ha cambiato mestiere?

Ott 24th, 2010 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Di codici deontologici che dovrebbero regolare l’attività del giornalista ce ne sono ad

iosa. Matante regole, come si dice, equivalgono a nessuna regola. Sembra proprio che sia

così a guardare quello che avviene sui media del nostro Paese. Campagne di vera e propria

delegittimazione precedono o fanno seguito ad esaltate giaculatorie a favore del personaggio

che si è deciso di portare in auge. Momenti delicatissimi di una vita, che avrebbero bisogno

di rispetto e di silenzio, scrutati senza alcuno scrupolo dal giornalista impietoso e opportunista.

Insomma, una canea mediatica dove il cittadino rimane indifeso ed allibito spettatore.

Prova a difendersi semplificando, facendo cioè “di ogni erba un fascio”. Non avendo strumenti

per distinguere tra “i buoni e i cattivi”, tra il gossip e la notizia. La vecchia regola del giornalismo

anglosassone che vuole il reporter “cane da guardia del potere” si è trasformata. Il molosso

ringhioso che rispetta l’unico padrone che sono i lettori, si è trasfigurato in cucciolo affettuoso che

scodinzola alla prima carezza di quel potere a cui doveva fare la guardia. Ma rimane cane feroce

quando c’è qualcuno che attacca “il padrone” di turno. Si può ben comprendere ciò che significhi,

sul piano della credibilità dell’informazione, l’alleanza spuria tra la politica, la finanza, il

giornalismo. Si buon ben capire che significato assuma il duopolio della stampa italiana, che

corrisponde al bipolarismo politico, che è naturalmente portato a schiacciare tutte le posizioni che

non sono allineate. Certo, è colpa tra l’altro della struttura editoriale tutta italiana, dove

l’imprenditore spurio, che non si occupa solo di editoria - ma fa bel altro -, è la regola. Dove i

conflitti d’interesse sono all’ordine del giorno. Per non parlare poi della Rai, che dovrebbe giocare il

ruolo proprio di un network di proprietà statale, ovvero della collettività. La sua missione dovrebbe

essere il “servizio pubblico”. Invece è al servizio dei partiti che l’hanno lottizzata. La Rai potrebbe

essere il vero calmieratore dell’informazione di massa e non solo. Non credo nell’obiettività

assoluta, che non ci potrà mai essere nell’informazione ma, per lo meno, la buona fede, la messa al

bando del gossip. La notizia raccontata dal cronista con scrupolo e professionalità - leggi lealtà

verso i lettori - , rispondendo ai classici interrogativi: chi, dove, come, quando, perché?

Se l’informazione è il sale della democrazia, allora si capisce perché su questo fronte siamo in

affanno. Sono talmente cambiate le carte in tavola che anche l’articolo 21 della Carta

costituzionale, che sancisce la sganciamento della stampa dal potere esecutivo, è lontano

dalla realtà di oggi.Attualmente ci si confronta con problemi di altro genere, per certi versi

più condizionanti: il rapporto con il potere economico, le proprietà delle testate ed i corpi

redazionali, la pubblicità. Ci vorrebbe, al di là della revisione del dettato costituzionale

per certi versi pericoloso - si sa da dove si comincia, ma non si sa dove si va a parare -, uno

statuto dei diritti all’informazione del cittadino. Poche e semplici regole, dettate soprattutto

dal buon senso, che facciano chiarezza e sintesi tra i vari codici deontologici Qualcosa

che potrebbe evitare, e soprattutto punire duramente, per esempio, gli “effetti patacca” finalizzati

al discredito di questo o quell’altro personaggio pubblico. Ma, probabilmente e soprattutto,

avremmo bisogno di più unità nel mondo del giornalismo. Una unità che si fondi sull’autonomia a

partire dagli organi di rappresentanza della categoria, Federazione nazionale della stampa italiana

e Ordine dei giornalisti. Troppo spesso in contrapposizione tra loro, o affetti dalla sindrome da

schieramento politico: il bipartitismo, senza possibilità di terzaforzismi, impera. L’unità vera

porterebbe a posizioni non pretestuosamente di schieramento politico, ma di visione reale delle

questioni in campo. E sarebbe una vera e propria rivoluzione, con una crescita di autorevolezza

della categoria agli occhi dell’opinione pubblica. “Direttore, qual’è la linea del nostro giornale

sul congresso del partito Socialista?” Siamo ai tempi di Bettino Caxi. La domanda viene posta al

direttore del Corriere della Sera dell’ epoca, Ugo Stille. La risposta immediata fu:”Dare le notizie”.

Appunto, dare le notizie in piena autonomia.

Elia Fiorillo

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