Ricordate? Il Popolo della Libertà era “un partito di plastica”. Ministri e parlamentari, “nominati” da Silvio Berlusconi, schierati compatti come in un esercito; o meglio, yesmen pronti e costretti a ragionare solo con la testa del capo. Pronti a ubbidir tacendo. O anche un “partito azienda”, dove non si discute mai di politica, anche perché – era il sottinteso – la politica era materia ostica per i moderati, roba piuttosto per le menti sopraffine della sinistra. Poi, improvvisamente, la scoperta da parte dei giornali che nel Pdl si discute. E di che cosa? Di politica. Ecco, questa è una cosa davvero strana e inconcepibile: il primo partito italiano, il movimento che governa il Paese e ha vinto tutte le elezioni che fa ciò che tutte le forze politiche del mondo fanno: parla, e magari discute, al proprio interno. E di che cosa? Di rovesciare la leadership, di cambiare le alleanze, di mutare il programma di governo? Insomma, qualche faida? Rovesciamento del mandato elettorale? No: di come realizzare al meglio le riforme. Di come trovare le risorse finanziarie necessarie, visto che le riforme le vogliamo fare senza mandare a picco le casse pubbliche. Di come far funzionare al meglio il dialogo interno. Addirittura di come strutturarsi sul territorio e ascoltare gli umori della base. Caspita, questo è davvero grave. Inconcepibile per Repubblica, strano anche per il Corriere, che scopre che “i migliori alberghi della Capitale ospitano cene, pranzi, caffè”. Insomma, i grandi quotidiani ce la mettono tutta per descrivere uno scenario da Prima Repubblica, correnti armate, riunioni cospiratorie. Ma fino a pochi giorni fa non dicevano il contrario? Nel Popolo della Libertà, spazio a tutti i livelli, domina la dialettica politica interna, concentrata soprattutto su come realizzare le riforme. Lo ammettiamo: sono atti davvero sovversivi. Deludono gli aficionados del “partito finto”, quelli che da almeno un quindicennio dicono che sotto Berlusconi non c’è classe dirigente. Verrebbe da chiedere: ma perché non si giudica il governo sui fatti? Sulle leggi, sulle riforme? O invece è meglio andare a cercare nei bar? Abbiamo la sensazione che ancora, e nonostante tutto, molti non abbiano capito che cos’è il Popolo della Libertà. Un grande movimento liberale, un partito non di correnti ma di opinioni, nel quale, certo, non mancano le differenze, ma che alla fine ha sempre votato compatto, in Parlamento, su tutti gli atti di governo. E che ha mantenuto tutti gli impegni. Appare davvero strano? Sì, forse per gli standard politici italiani appare strano. Ancora di più per chi ha ancora, più o meno apertamente, la sinistra come propria bussola. Da quella parte hanno consumato un segretario dietro l’altro, chi ha sfidato Berlusconi nel ’94, nel ’96 (perfino vincendo), nel 2001 e nel 2008 oggi è nella cosiddetta “riserva della Repubblica”. Ogni tanto qualcuno riaffiora dal dimenticatoio e spara a zero su chi è momentaneamente in carica. I partiti si sono composti e scomposti a ritmo frenetico. La piazza, anzi le piazze, vanno per conto loro. Le alleanze pure. Quanto all’azione di governo, beh, lasciamo perdere: di quella non ce n’è mai stata traccia. E infatti non se ne parla proprio. Meglio dunque dedicarsi agli “intrighi” del Pdl. Ma quali intrighi? Se non ci sono, si inventano. Del resto sono appunto 15 anni che si scrive che “il berlusconismo è al tramonto”. Nel frattempo cambiano i capi (parola grossa) dell’opposizione ed i segretari della sinistra. Cambia anche il mondo, ed i leader delle grandi potenze. Mutano le aziende, a ruota qualche direttore di giornale. Ma Berlusconi non tramonta. Noi siamo sempre qui, a governare. Inconcepibile.