“Dieci, cento, mille Pomigliano”, non escludendo “i cento fiori”

Ott 15th, 2010 | Di cc | Categoria: Politica
                                                                      C’era un tempo in cui la contrapposizione tra “padroni” e “classe lavoratrice”, sul piano del consenso politico e sindacale, era vincente. Era l’epoca delle ideologie, del comunismo e del capitalismo, delle divisioni manichee della società. Erano stagioni facili per gli attivisti sindacali e politici. Il bene stava tutto da una parte; il male ovviamente tutto dall’altra. Guai ad ipotizzare patti di gestione con la controparte. Ti prendevano per pazzo o peggio per provocatore. Per fortuna si è voltato pagina, anche se mi rendo conto che oggi è più difficile di ieri “tenere la piazza”. Hai bisogno d’idee, progetti, soprattutto confronto. Le parole d’ordine ripetute in tutte le salse non servono più: non convincono la gente. Ci vogliono i fatti.
                                                                                     Certo, ti puoi chiudere in te stesso disconoscendo quello che avviene intorno a te. Puoi eliminare i confronti e continuare a ripeterti in un soliloquio, che diventa un vero training autogeno, quello che più ti piace e che vorresti che fosse. Puoi anche criminalizzare ciò che ritieni l’avversario di classe provando ad intimidirlo, contestandolo pubblicamente. Imbrattando le sue sedi con la vernice rossa e sparandogli addosso non solo insulti, ma anche altro. Ma alla fine il risveglio ci sarà, perché quelli che pensi di difendere si renderanno conto che “il piccolo è bello”, o le barriere protezionistiche, o l’immobilità della contrattazione, o le alchimie contro il mondo intero non risolvono i problemi dell’economia del prodotto, né mantengono o fanno nascere in automatico gli investimenti ed i posti di lavoro. Che bisogna confrontarsi a mare aperto e non nella piscina di casa propria. Che c’è la necessità di mettere mano a riorganizzare i fattori della produzione tenendo conto degli scenari mutati. Che la competizione passa, al di là della qualità, anche sui costi di produzione e sull’organizzazione del lavoro. Che la globalizzazione c’é e bisogna convivere con essa, anzi affrontarla di petto se vuoi vivere.

                                                                                        Se queste cose sono vere e non “collateralismo con il padrone”, o con il governo, o con chi volete, allora tutti i provvedimenti, gli indirizzi, i piani, devono puntare all’obiettivo degli investimenti e dell’occupazione, scordandosi il passato che fu e guardando al futuro.               Dario Di Vico, sul Corriere della Sera, pur elogiando Cisl e Uil per aver rimesso  al centro dell’attenzione pubblica il tema del fisco,  merito che definisce non da poco,  esprime perplessità su quel refrain, “dieci, cento, mille Pomigliano”, che Raffaele Bonanni ha voluto scandire durante il suo intervento alla manifestazione di Sabato. Obietta che, anche se l’intesa di Pomigliano è stata “il frutto d’intelligenza e saggezza politica”, non la si può proporre senza limiti. Ed in sostituzione dello  slogan gridato da  Bonanni propone quello dei “cento fiori”, citando alcuni casi di collaborazione virtuosa tra sindacati ed aziende. A me sembra che entrambi gli slogan  vadano bene per concepire un modo di fare sindacato - che ho tentato di delineare all’inizio di questo pezzo - e che  la Cisl ha sempre perseguito spesso in netto contrasto con la Cgil. Basta ricordare le critiche sprezzanti e violente rivolte alla Confederazione di via Po, all’indomani dell’intesa di Pomigliano, per far gridare  “dieci, cento, mille Pomigliano”. Insomma, la rivendicazione di un  modo diverso di fare sindacato, questo mi sembra il senso da attribuire al refrain pronunziato da Bonanni. Nessuna idea di trasposizione automatica dell’accordo campano su altri tavoli e su altri scenari. La storia della Cisl si basa sulla contrattazione ed è difficile pensare di voler contrattare a senso unico, con un qualcosa di stereotipato che gli altri devono solo sottoscrivere.            Un grande economista italiano ucciso dalle Brigate rosse, Ezio Tarantelli, che fu prezioso  collaboratore della Cisl, sosteneva che la gente riesce sempre a capire la bontà delle proposte che gli vengono fatte, anche quelle più difficili di politica economica. Bisogna però avere il coraggio di farle le proposte o accettarle, confrontandosi con tutti gli attori in campo. Con i ritornelli ideologici e con i sottili distinguo disinformativi non si va da nessuna parte. Si fa il contrario di quello che si vorrebbe. Si favorisce la concorrenza di altri paesi. Si va contro gl’interessi dei lavoratori e di quelli, troppi, che un lavoro non ce l’hanno. Se poi a tutto questo ci aggiungi la violenza, il gioco in negativo è fatto. C’è solo da aspettare le conseguenze pericolose che non tarderanno ad arrivare.

Elia Fiorillo

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