La Svezia, il centrodestra e le ricette credibili

Set 25th, 2010 | Di cc | Categoria: Esteri

Da Economy, a firma Gianpiero Cantoni Dalla Svezia viene un segnale molto interessante. No, non è l’ingresso in Parlamento del partito di estrema destra (quello è anzi un fenomeno di minoranza indotto dalla utopistica e irresponsabile politica della sinistra, fragilissima sull’immigrazione musulmana). Ma ha vinto, anzi stravinto, un partito che si chiama Moderaterna. Non conosco lo svedese, ma la parola parla da sé. Le ricette del centrodestra, dei moderati per meglio dire, intesi come sostenitori dell’economia sociale di mercato, sono quelle che più convincono dinanzi alla tempesta economico-finanziaria mondiale. La Svezia è stata considerata per anni la patria della socialdemocrazia, e i precedenti governi di centrodestra (intervallatisi fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta) non avevano lasciato un buon ricordo di sé. Dopo ogni esperienza al potere, infatti, erano stati ricacciati all’opposizione. Il Paese non sembrava pronto a una terapia shock che, inevitabilmente, sarebbe andata a toccare i simboli fondamentali della socialdemocrazia svedese. Il Paese scandinavo è infatti da sempre il fulcro del «modello sociale europeo»: un modello che è stato almeno in parte riveduto e corretto nel corso degli ultimi due lustri. La Svezia ha attraversato negli anni Novanta una drammatica crisi che l’ha costretta a tagliare con grande decisione la spesa pubblica. E, parallelamente, ha saputo diventare un Paese vieppiù attrattivo per le imprese, grazie a una economia altrimenti molto aperta agli scambi internazionali, a un buon grado di certezza del diritto, e a un regime di tassazione che, sia pure altissimo sulle persone fisiche, è moderato e incentivante per le imprese, il successo del Moderaterna, ha spiegato all’Economist l’ex primo ministro e ora ministro degli Esteri Carl Bildt, è dovuto in parte a cambiamenti di sistema politico (la lunghezza delle legislature è aumentata), ma in grossa parte a questioni di carattere culturale. In altre parole, non ha torto Giulio Tremonti che a Cortina ha detto che è da sciocchi pensare che chi mette in atto una politica del rigore debba per forza perdere consensi. Al contrario: il centrodestra di Reinfeldt è un punto di riferimento per il governo di coalizione fra conservatori e liberali nel Regno Unito, e ha una storia simile a quella della signora Merkel. Se in Svezia si è votato ora che il Paese ha già ricominciato a crescere (a tassi peraltro superiori alla media Ue), in Germania si è votato proprio nel mezzo della crisi. Eppure, l’elettorato ha inteso premiare la coalizione rigorista e liberale composta da democratici-cristiani e liberal-liberisti, e non invece i partiti di sinistra. In Italia, le elezioni anticipate non sono all’orizzonte, ma una cosa è chiara a tutti: se si votasse prima della conclusione naturale della legislatura, Pdl e Lega rivincerebbero. Perché, allora, dopo questi due anni in cui le élite intellettuali del mondo hanno celebrato la fine del mercato libero, vincono dappertutto proprio quelle forze che hanno il supporto a una corretta visione di mercato nel proprio Dna? La risposta sta in una parola soltanto: credibilità. Con la loro enfasi sulla riduzione del peso dello Stato, i partiti di centrodestra hanno dimostrato agli elettori che gli interventi emergenziali non erano cavalli di Troia per concentrare più potere nelle proprie mani. I moderati hanno il senso dell’emergenza, dell’eccezionalità (e Berlusconi ne è la documentazione per acta): capisce che quando la casa va a fuoco bisogna armarsi di estintore. Ma ha anche una prospettiva di lungo periodo, definita da coordinate culturali che la contingenza attuale non mette in discussione. In Svezia come nel Regno Unito di Cameron, nella Germania della Merkel come, il compito storico dei partiti di centrodestra è riattrezzare la società a prendere il comando del proprio futuro, dopo la sbornia ideologico-statalista del Novecento. «Meno Stato più società» sono parole d’ordine difficili, che vanno declinate con attenzione. Ma sono le uniche credibili. 

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