L’Italia, i rom e l’Europa
Set 18th, 2010 | Di cc | Categoria: Politica
Al Consiglio Europeo di ieri, Berlusconi è riuscito a fare quello che si era prefissato: “scuotere l’Europa sull’immigrazione”. Adesso finalmente tutti gli Stati membri dell’Unione si sono dovuti rendere conto che Berlusconi aveva ragione a volere che il tema dell’immigrazione illegale fosse in cima alle preoccupazioni dei leader. Che la questione dei flussi migratori dal Mediterraneo non riguarda solo i Paesi rivieraschi (Grecia, Italia, Francia e Spagna), ma coinvolge l’intera Unione Europea. La ragione è semplice: i clandestini che riescono a entrare nell’Europa meridionale transitano poi verso altri Paesi all’interno della Unione europea. I quasi ottomila chilometri di confine marittimo italiano vanno considerati, a tutti gli effetti, una frontiera europea e non solo nazionale. Ne consegue che l’Italia (così come i partner che ne condividono la proiezione mediterranea) non può e non deve esser lasciata da sola nella gestione dei clandestini. Lo stesso vale per i rom, formalmente cittadini romeni che trasmigrano e vanno ad abitare campi nomadi spesso in condizioni inaccettabili dal punto di vista dei diritti umani e della dignità di vita. Una vergogna che quasi mai è colpa degli Stati che li ospitano, piuttosto di una cultura che a priori rifiuta l’integrazione. I diritti non sono mai univoci. Si scontrano con i doveri ed è giusto che sia così. L’equilibrio dei diritti e dei doveri è il sale della concezione liberale. Inoltre, l’Italia non accetta, proprio in ragione dello spirito umanitario che tradizionalmente ne contraddistingue la cultura, l’idea che i boat-people, le masse di disperati in fuga dalla miseria africana, vengano sfruttati da organizzazioni criminali e lanciati allo sbaraglio verso coste straniere in una lotta per la vita che li porta spesso a perderla. Per annegamento o per gli stenti. Per anni Berlusconi e l’Italia sono stati accusati da certi “media” di sviluppare politiche troppo rigorose sull’immigrazione, per esempio con i respingimenti in mare. La realtà è diversa da quella che è apparsa su molte testate giornalistiche. Accordi bilaterali con Paesi come l’Albania e la Libia costituiscono un modello di diplomazia finalizzata al contrasto del crimine e dell’immigrazione illegale. Un modello per tutta l’Europa. L’ipocrisia e il ritardo con i quali le sollecitazioni italiane sono state accolte nella Ue si rivelano oggi molto miopi. La Spagna ha la mano molto più dura di noi nei confronti dei clandestini (ed è la Spagna di Zapatero!). La Francia ha preso la posizione che conosciamo e che la Commissione Europea ha criticato nei modi che sappiamo. La Germania ha approvato una disciplina sempre più stringente dell’immigrazione (anche legale) che passa attraverso gli esami di lingua e la precedenza per legge dei tedeschi sugli immigrati nei posti di lavoro. Restano soltanto i “media” e certi commissari della Ue a non voler capire che tre europei su quattro chiedono espressamente ai governi di farsi carico di una situazione esplosiva. Chiudere gli occhi o assumere posizioni pubbliche urticanti come quella della Reding servono soltanto a ritardare la soluzione del problema e ad accrescere il pericolo (quello sì) di un ritorno del razzismo.