I capi tribù del Pdl hanno fatto tacere di botto i tamburi di guerra. Lo stregone Bossi, che era ritornato ad agitarsi con l’ascia in mano e con ululati inequivocabili che annunciavano la battaglia, si è pure lui stoppato. Le tanto annunziate, richiamate, invocate elezione anticipate sono sparite dall’agenda di tutti. Tranne, ovviamente, da quella di Di Pietro. Come pure sono scomparse le richieste formali di dimissioni di Fini da presidente della Camera. Anzi, il presidente del Senato Schifani vede Fini come arbitro imparziale quand’è seduto sullo scranno più alto di Montecitorio e “non sfiduciabile”. Vocaboli come “responsabilità “ sono ultimamente citati a go go. In particolare la “responsabilità nazionale” è legata alla governabilità e, quindi, al bene del Paese. Se non fossimo nel Bel Paese si potrebbe pensare ad un’allucinazione collettiva, perché solo qualche giorno fa si affermavano cose completamente opposte alle odierne. Ma essendo in Italia, sono cose che capitano. Si passa in un battibaleno dal nubifragio al bel tempo. La misura non è il nostro forte; in politica poi, nell’era del bipartitismo-bipolare, non esiste. L’equilibrio pare sia materia che non porti voti. Sembra che l’esagerazione e la drammatizzazione siano i veri propulsori della Seconda Repubblica. Ed anche quando l’arcobaleno sembra svettare, finalmente, sui cieli della politica nostrana, ecco il tuono che ci fa sussultare. E’ Silvio Berlusconi che dalla Russia ci ricorda il suo astio nei riguardi della magistratura, nonché di Gianfranco Fini, una volta cofondatore ed attuale picconatore del Pdl. Insomma, mai tranquillità. Prima “l’ira di Dio” eppoi quelli che l’hanno scatenata sono gli stessi che la placano, diventando pseudo portatori di pace. Come potrebbe andare a finire? Sulle elezioni anticipate mi auguro bene. Nel senso che novembre dovrebbe passare senza che le urne si riaprano, al di là delle date - 27 e 28 novembre - ipotizzate dal ministro dell’Interno Maroni. La “sindrome da perdita” possibile di voti e di potere, pare sia il vero toccasana che non dovrebbe portare alle elezioni anticipate. L’idea che con l’attuale legge elettorale il Senato possa non essere conquistato ha fatto inserire al Pdl la repentina marcia indietro. Bisogna vedere se la “sindrome”, oltre a scongiurare l’andata alle urne, porterà anche provvedimenti che servano al Paese nell’attuale situazione di crisi. Sarebbe auspicabile e possibile. Le dichiarazioni – anche se in politichese - di appoggio che sta raccogliendo Berlusconi per evitare i pericoli che gli possono venire da “Futuro e libertà”, e non solo, fanno ben sperare. Casini, pur affermando di rimanere all’opposizione, dichiara che sosterrà il Governo sulle scelte che riterrà utili per il Paese. Se però il Cavaliere, invece d’intese politiche con l’area di centro che non è schierata con lui, pensa a campagne acquisti di singoli deputati, allora è un altro discorso. E pare proprio che mediti questo il capo del Governo quando “impoliticamente” dichiara che “dal centro potrebbero arrivare nuove sorprese (leggi voti), anche in dissenso dai loro leader”. C’è da chiedersi perché Silvio non provi a pescare anche nello stagno della Lega. Ma la risposta è scontata: “chi tocca i fili muore”. Un passo del genere e lo squalo Bossi abbandonerebbe l’uomo di Arcore al suono di una bella pernacchia modulata, di quelle studiate da Eduardo De Filippo nel film “L’oro di Napoli”, per ridimensionare il borioso ed invadente personaggio altolocato. Il problema, insomma, è con quale spirito di “responsabilità nazionale” verrà affrontato il nuovo corso. Se, come dice Bersani ed intuire Berlusconi, c’è in campo una semplice campagna acquisti, allora c’è poco da fare. Gli interessi personali e di gruppo la faranno da padrone, con buona pace per le speranze degli italiani di uscire dalla crisi. Se, invece, le pressioni “costruttive e leali” interne al Pdl di Futuro e libertà sui temi politici - unitamente alla disponibilità dichiarata dal centro ad un’opposizione responsabile -, indurranno il Cavaliere a voltare pagina, allora le speranze di cambiamento ci potranno essere. Non solo per l’attuale contingenza, ma anche per la costruzione delle future alleanze elettorali, compresa la modifica della legge “porcellum”. Dei cinque punti di programma – federalismo, Sud, riforma fiscale e della giustizia, sicurezza – i più delicati restano il Sud e la giustizia. Il Sud non potrà apparire come un contentino da dare per far marciare liberamente il federalismo di stampo lombardo-veneto. La riforma della giustizia non potrà innescare retropensieri relativi alla normalizzazione della magistratura, né di favori all’attuale premier. Sui due punti sensibili, Sud e giustizia, comunque non aiutano le dichiarazioni di Bossi sul decentramento dei ministeri, né di Berlusconi nei confronti dei magistrati.
Per il momento il peggio è passato, ovvero le possibili elezioni anticipate. Speriamo che duri.
di Elia Fiorillo