E’ con gli occhi di chi, disincantato, crede che la vita sia un enorme viaggio, per cui ha la mente libera, come se fosse in ferie, lavora soddisfatto, e crede che le vacanze estive non siano altro che una breve parentesi di un racconto fatto di persone, luoghi, nonché un modo per ritornare di nuovo, lì, mediante la visita, negli stessi, di terzi a cui ha trasferito le sue esperienze, che consiglierei la lettura di “Le vie nascoste – Tracce di Italia remota”, edito da Giammarino, dello scrittore e giornalista Antonio Mocciola; invoglierebbe chiunque, anche la persona più pigra, ad andare oltre, non solo gli spazi urbani o il territorio che conosce, ma anche il proprio pensiero.Ciò che contraddistingue quest’itinerario di un Italia che c’è, ma pochi conoscono, è la convinzione che al turismo di massa se ne possa contrapporre un altro, costruito da ognuno di noi: la poesia che nasce dal ricordo di un ambiente, da chi vi è nato a chi vi ha trascorso qualsiasi momento della propria giornata, da residente o da viaggiatore, connota profondamente il paesaggio. Come una pellicola in bianco e nero, tale è infatti il colore dei siti ritratti, porgendo al lettore la storia di cittadine sconosciute o per altro note, si riesce a fermare sulla carta il tempo: come per effetto di un incantesimo ecco una lettura appassionata ma serena, che incuriosisce il lettore ma al contempo offre validi strumenti per rivivere le stesse emozioni del Mocciola. Non è semplice raggiungere certi posti, ma nemmeno impossibile: tale è il messaggio che affascina. Velato di una poesia vibrante, “Le vie nascoste” è un testo accessibile a tutti, per la capacità dello scrittore di creare quasi un rapporto intimo tra lui ed il lettore, o tra questi e gli uomini che hanno reso tale, mediante le loro attività economiche, partendo da quelle più elementari, le fabbriche dismesse, le case sommerse da bacini d’acqua artificiali, le stazioni ferroviarie abbandonate. “E finalmente riesci a sentire i tuoi passi, mentre percorri il ponte e attorno non c’è nulla, e sei sospeso anche tu. Ed entri nel paese dopo l’ultima salita, ti senti l’affanno, ti senti il respiro”. In un mondo dove correre è imperativo, dove non ci si ascolta più, dove il silenzio fa paura perché ci mette in contatto con noi stessi, Antonio Mocciola si appresta ad una sosta che sia fermata e partenza. Verso una nuova meta, o un’altra cultura, o una diversa storia. La semplicità di un breve testo, con l’esperienza di un autore teatrale e televisivo, la sua continua ricerca del particolare, l’abilità di far scorrere davanti agli occhi un panorama mai visto e di allargare il campo d’azione del nostro vivere quotidiano, perché, con “Le vie nascoste – Tracce di Italia remota”, ogni filo d’erba tagliato da mano d’uomo concorre a dare un risvolto positivo anche al luogo apparentemente più insignificante. E’ l’impronta lasciata da un passo del viandante che non si arresta, laddove le attività umane non sono che una riflessione su di un ecosistema che a noi non appartiene, se non in funzione di un rapporto di simbiosi tra uomini e natura. Come un feto che man mano cresce dentro sé, la cui madre ne percepisce il battito cardiaco, pur senza averlo visto in ecografia. Lidia Ianuario