Il presidente Napolitano ha giustamente sottolineato che la politica deve concentrare i suoi sforzi sull’economia, perché è chiaro che, nonostante il periodo più acuto della crisi sia alle spalle, restano ancora elementi di preoccupazione legati soprattutto all’andamento dei mercati globali. Una raccomandazione, dunque, sacrosanta, ma su questo punto il governo ha la coscienza più che tranquilla, perché fin dall’inizio della crisi ha sempre fatto tutto il suo dovere, come gli è stato riconosciuto da tutti gli organismi internazionali (Fmi, Ue, Ocse) e dalle agenzie di rating, tanto che l’Italia è l’unico Paese europeo che si affaccia sul Mediterraneo a non essere stato neanche sfiorato dal pericolo di declassamento. Qualche giorno fa, al meeting di Cl a Rimini, il presidente dell’Eni Scaroni ha ricordato che tre anni fa, all’epoca del governo Prodi, si parlava “della nostra Italia che sembrava incapace di crescere, malata cronica in un mondo in piena salute, e delle molte patologie per le quali la nostra economia soffriva, più d’altre, dell’impatto della globalizzazione”. Sono passati tre anni ed è cambiato tutto. La crisi si è abbattuta sull’Occidente, prima sugli Stati Uniti e poi sull’Europa, colpendo banche, risparmiatori, imprese, lavoratori ed infine i bilanci degli Stati.Ebbene: contro tutti i pronostici, il nostro Paese ha retto bene alla crisi. A cosa dobbiamo questa performance? Il premier Berlusconi lo ha ricordato più volte: la “ricchezza” delle nostre famiglie fatta di risparmi monetari e di diffusa proprietà della casa; la peculiarità del nostro sistema bancario che è rimasto indenne di fronte alle scorribande finanziarie, e infine la grande capacità di adeguarsi ai tempi della nostra impresa manifatturiera. “Ma - ha ricordato Scaroni - ce la stiamo cavando meglio del previsto perché abbiamo pescato un jolly. L’Italia è entrata nella crisi internazionale con una maggioranza di governo forte che ha sostenuto una politica economica severa e senza tentennamenti. Il ministro Tremonti in questi due anni difficili ha fatto le cose giuste e, soprattutto, ha evitato di fare le cose sbagliate che tanti gli suggerivano”.Dunque, se l’Italia sta uscendo meglio di altri dalla crisi, lo deve alla saggezza dei suoi risparmiatori, alla capacità dei suoi imprenditori, ma anche a un governo che ha saputo aprire un ombrello virtuoso che ha tenuto il Paese al riparo dalla tempesta finanziaria internazionale. Nel dopo-crisi l’Italia è pronta a riprendere la strada dello sviluppo, e non è costretta come altri a contare i danni costituiti da pesanti deficit, famiglie indebitate, sistemi bancari azzoppati e centinaia di migliaia di case nuove invendute. Questo è stato possibile perché Berlusconi ha intuito prima di tutti cosa stava accadendo nel mondo, e ha agito di conseguenza blindando i conti pubblici con la manovra triennale, salvaguardando le banche per tutelare i risparmiatori e stendendo sull’Italia una fitta rete di ammortizzatori sociali che ha scongiurato l’esplosione del potenziale malessere sociale che covava sotto la cenere. Tutti meriti, questi, che non sono scritti nell’album della propaganda politica, ma che trovano un preciso riscontro nella realtà.Per superare la crisi economica col minor danno possibile sul fronte dell’occupazione, il governo ha scelto di concentrare risorse sugli ammortizzatori sociali, per ridurre al minimo la disoccupazione. Il governo ha agito in tre direzioni:a) dare tutela ai lavoratori che ne erano privi;b) predisporre nuove opportunità formative e imprenditoriali utili a trovare prima possibile un nuovo posto di lavoro o ad aprire una attività in proprio;c) sostenere le imprese dei settori più esposti alla crisi, così da limitare la perdita dei posti di lavoro. Lo abbiamo fatto altre volte, ma è utile ricordare i numeri, che non sono un’opinione. Dunque: il governo italiano è quello che in Europa ha stanziato nel 2009 più fondi a favore delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese e dell’economia reale: 17,8 miliardi per le grandi opere, 7 miliardi a tutela dei più deboli, 2 miliardi per le imprese dei settori più colpiti, 9 miliardi di fondo strategico per le imprese, 20 miliardi per gli ammortizzatori sociali per un totale di 55,8 miliardi di euro, pari al 3,72% del prodotto interno lordo, mezzo punto in più della media europea.Ultimo, significativo dato: a luglio 2010 la disoccupazione in Italia è stata all’8,7%. Nella zona Euro è al 10%. Negli Usa è al 9,7%.