Agli italiani, come a tutti i popoli del mondo, della politica di palazzo e di partito interessa il giusto: cioè quasi nulla. Molto, invece, interessa il governo. Specie su economia, lavoro, sicurezza, scuola. La giustizia è un altro argomento che possiamo definire di primo livello: per fortuna (o purtroppo) coinvolge la gente quando ci si resta impigliati; e ci si rende conto di quanto la giustizia italiana sia arretrata, inefficiente, bisognosa di riforme urgenti. Questa estate è stata dominata dalla politica di partito e di Palazzo. Capita spesso ad agosto quando non ci sono altri argomenti forti. La manovre politiche cadono normalmente nel disinteresse generale e vacanziero: un tempo c’erano i convegni estivi (protraibili fino ad autunno) delle correnti della Dc; oggi abbiamo i meeting delle fondazioni. Ce ne sono per tutti i gusti e di tutte le misure, in ogni angolo più o meno ameno del Paese. Tutto ciò non parla al Paese, ma agli addetti ai lavori, convinti spesso di dire cose fondamentali. Con la ripresa di settembre è augurabile che si torni alla politica concreta, cioè al fare. Alcuni dati inducono all’ottimismo, altri ci riportano alla dimensione di una politica molto “politicante” e provinciale. Facciamo qualche esempio. - 20 agosto, in piena politica delle chiacchiere, Silvio Berlusconi ha annunciato cinque punti di governo: tasse, federalismo, giustizia, sicurezza, Mezzogiorno. Nel Palazzo politico e sui giornali tutto ciò è stato letto e tradotto in politichese, immaginiamo con quale soddisfazione dei lettori. Bene, noi restiamo agli impegni del premier: se ne discuterà in Parlamento, ognuno di fronte a questi punti si assumerà le proprie responsabilità, e dalle chiacchiere passeremo rapidamente ai fatti, oppure se ne trarranno le conseguenze. - E’ venuto a Roma il Colonnello Gheddafi, e come è suo costume si è portato dietro destrieri, tenda e medaglie. Ha tenuto una lezione di Islam ad un centinaio di ragazze e ragazzi. Apriti cielo: sembrava di essere alla vigilia della battaglia di Lepanto. L’Italia, e l’Europa intera, è parsa sull’orlo di un’invasione di pirati maomettani. Lo spettro dello scontro di civiltà e di religione si è abbondantemente allungato sulle cronache politiche e giornalistiche. Politiche e giornalistiche, appunto. Le stesse che criticarono Berlusconi, papa Ratzinger e Bush per i loro interventi sulla questione islamica. La sinistra che alza il sopracciglio per Gheddafi ma non spende una parola per la condannata all’impiccagione (in Iran) Sakineh. - Con la Libia, al contrario, il governo e Berlusconi hanno stretto accordi economici molto vantaggiosi per noi e per le nostre aziende, e dunque per la nostra economia e per il lavoro. Ed altri se ne faranno. Si è ulteriormente perfezionato il piano sicurezza, che ormai da tempo ha messo fine agli sbarchi di clandestini sulle nostre coste. Tutto ciò è sembrato però secondario alla politica di Palazzo ed a quella giornalistica: la stessa che poi alza invariabilmente il dito quando l’Italia viene accusata di non saper difendere i propri interessi economici nel mondo. - ·Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha rimpatriato in maniera più o meno forzosa i rom. L’Unione europea è timidamente intervenuta e l’Eliseo le ha risposto picche. Che sarebbe accaduto da noi? Quanti politici (di Palazzo) e quanti editoriali paludati avrebbero sollecitato pareri e inchieste per crimini contro l’umanità? La realtà è che l’Italia, con questo governo, ha iniziato a risolvere prima e meglio il problema dei clandestini e della sicurezza. Tra le critiche della sinistra politica, ecclesiale (tipo Famiglia Cristiana), dei talk show da sbarco, di molti giornali. - Ieri sono state diffuse le anticipazioni delle memorie di Tony Blair, certamente uno dei leader mondiali di questi ultimi decenni. L’ex premier laburista inglese ha ricordato anche la sua amicizia con Berlusconi. In questi termini: “Quasi tutti i politici promettono, ma poi non combinano nulla. Lui non aveva promesso, aveva agito. Questo comportamento è tipico di Silvio ed è per questo che lo ammiro”. E ancora: “La politica ruota intorno alle persone”. Ebbene, oggi la stampa, anche quella non dichiaratamente di sinistra, nasconde accuratamente questo tributo: al massimo lo riduce al sostegno dato dall’Italia alle Olimpiadi londinesi del 2012, mentre il giudizio di Blair è più ampio, è sulla persona e su un metodo di lavoro a livello internazionale. - In questi giorni centinaia di migliaia di ragazzi sono alle prese con i test d’ingresso alle università. Test che gli stessi rettori definiscono assurdi, spesso degni della Settimana Enigmistica. E promettono: dal prossimo anno si cambia. Lacrime di coccodrillo. Contro i criteri di selezione negli atenei e nella scuola in generale, il governo si sta battendo fin dall’inizio, con riforme che pongono al centro gli studenti, non l’apparato accademico. Eppure queste riforme sono state presentate dalla sinistra, dai sindacati e da gran parte della stampa come attentati all’autonomia didattica, alla cultura, alla ricerca. - Dopo i casi della Fiat a Pomigliano e Melfi, abbiamo quello della Indesit a Brembate e nel Trevigiano. Anche qui, scioperi improvvisi e sabotaggi, in un momento delicato per un’azienda (la seconda in europa dietro la Bosh) alle prese con la crisi dell’export. A giugno Berlusconi gettò il sasso nello stagno: “In Italia la libertà d’impresa è poco tutelata. Si tutela invece il sindacato”. Apriti cielo: fu accolta come una provocazione, un delitto di lesa maestà sindacale. Invece il capo del governo aveva toccato il tasto giusto. Lo stesso argomento sollevato pochi giorni fa da Axel Weber, presidente della Bundesbank e candidato alla guida della Bce: “In Germania – ha spiegato Weber – si è abolita la contrattazione nazionale a favore di contratti aziendali e territoriali. I risultati in termini di produttività e di competitività sono impressionanti, meglio ancora delle statistiche ufficiali”. E stiamo parlando di Germania, non di terzo mondo. Dunque: abbiamo parlato di atti e di impegni di governo. Li abbiamo messi a confronto con le chiacchiere estive. Abbiamo citato giudizi autorevoli provenienti dall’estero. Resta da chiedersi chi abbia ragione, chi si affidi ai fatti e non alle parole. Chi guardi al Paese e non al corridoio politico. E chi veda lontano e non al palmo del proprio naso.