Alla fine qual è il bilancio vero di questo agosto segnato “dal ritorno della vecchia politica”? Il governo e la maggioranza di centrodestra vanno avanti, mantenendo l’impegno di governo e mettendo nero su bianco nuove riforme. L’opposizione e la sinistra volgono la faccia all’indietro, all’Ulivo datato 1995, addirittura scrutando nella nebbia la possibile comparsa di “un Prodi del terzo millennio”. Insomma, non c’è partita. La sinistra, che si era illusa per la polemica dei finiani e pensava come al solito di trovarsi la vittoria nel piatto (senza però troppo faticare, per carità, con governi tecnici e simili) si scopre ad arrancare alla ricerca di una formula che non c’è, non esiste, e che perfino il suo fondatore – Romano Prodi – dileggia ironizzando sulla necessità per Pier Luigi Bersani di “nuovi ritrovati botanici”. Ma ciò che realmente sconcerta è la mancanza, a sinistra, di qualsiasi proposta concreta, di qualsiasi cosa che assomigli ad un programma. - Lavoro e impresa, questione rilanciata con vigore da Sergio Marchionne, e, non dimentichiamolo, tema affrontato per primo da Silvio Berlusconi? Per carità: il Pd si guarda bene dall’entrare in argomento. - Economia, tasse? Men che meno: non viene né da Bersani, né dagli ulivisti di ritorno neppure un’ideuzza che interessi le tasche ed il futuro dei cittadini e delle aziende. - Sicurezza, criminalità? Zero virgola zero. La sinistra, un po’ frastornata dai successi del governo un po’ incapace di guardarsi intorno, è solo in grado di sconfessare quei pochi sindaci e amministratori locali che adottino una linea simil-governativa contro clandestini ed immigrazione selvaggia.Si discute – anzi, ci si sbrana – solo intorno alle formule, a formule del passato. Veltroni rilancia il suo progetto del Lingotto, datato peraltro 2007 e comunque sconfitto alle elezioni. Bersani prende cappello e tira fuori, come “novità”, nientemeno che un nuovo Ulivo. Con tanto di “doppio cerchio”, perché la formidabile innovazione consiste in una rifrittura dell’Ulivo prodiano, cioè la vecchia sinistra di 15 anni fa, naturalmente con gli immancabili “pezzi di società civile”, ma condita all’esterno da un contorno: “Casini, Montezemolo…”. Magari Fini?, domanda qualcuno. “Tutti quelli che ci stanno”, risponde il segretario. Questo sì che significa avere le idee chiare!Insomma: da questa parte, la nostra, abbiamo un capo del governo ed un leader della coalizione che per mantenere gli impegni con gli elettori non esita a fare dolorosamente a meno di chi ritarda le riforme, né a denunciare le “ammucchiate politiche”. Dall’altra un sedicente capo dell’opposizione che invece le ammucchiate le vorrebbe di nuovo, nonostante che l’Ulivo, nelle sue varianti, abbia in fondo fallito clamorosamente quando ha governato il Paese, al centro e alla periferia. Da questa parte, il governo, ci si concentra sulle cose da fare e le si indicano puntualmente al Parlamento e agli elettori. Dall’altra siamo all’ennesima “riorganizzazione della sinistra”. Ma quante volte viene riorganizzata? Possibile che non trovi mai pace? E c’è un altro paradosso. In fondo tutto congiurava a favore della sinistra. La crisi economica, che ha fatto perdere consensi alla maggior parte dei governi in carica. La naturale tendenza alla rilassatezza dei governi a metà mandato, come stiamo vedendo in Francia, negli Usa, in Germania. Alla sinistra bastava concentrarsi su un paio di cose concrete, magari fingere di occuparsi dei cittadini e del Paese, e non di se stessa: non avrebbe prevalso, ma sarebbe tornata sulla scena con una parvenza di serietà.Invece, nulla. Berlusconi osserva che “il ritorno della vecchia politica è perciò il tentativo di riaprire un teatrino che ormai non trova più spettatori, è come se si cercasse di tornare alle arene estive dimenticando che nel frattempo è intervenuta la tv digitale e satellitare”. La sinistra va ancora più indietro, al telefono a manovella. Il problema resta sempre il solito. La sinistra sa solo parlare a se stessa, cioè ad un uditorio sempre più ristretto. Pensa solo al suo giro di dirigenti. Difatti le cronache riferiscono che Bersani “ha preso puntualmente atto dei consensi arrivati alla sua proposta dagli uomini del suo schieramento”. Chi si accontenta gode. Mai che un leader della sinistra prenda atto dei consensi dei cittadini, dei lavoratori, delle imprese, magari di quei moderati che sono la spina dorsale del Paese. No, conta la burocrazia ex Pci, ex Ds e ora Pd. Contano le vecchie formule: abbiamo avuto la Quercia, la Margherita e anche il Triciclo. Non vorremmo mica negarci, prima che l’estate finisca e si chiudano gli ombrelloni, un revival dell’Ulivo?