IL RAPPORTO SVIMEZ E L’INASCOLTATO ALLARME MEZZOGIORNO
Ago 4th, 2010 | Di cc | Categoria: EsteriNel linguaggio immaginifico dello studioso meridionalista degli anni ottanta il Mezzogiorno era “segmentato, a pelle di leopardo, non più omogeneo nel sottosviluppo”. Non erano tutte rose e fiori, ma quella “pelle di leopardo” faceva ben sperare. Le due Italie si cominciavano ad avvicinare. La forbice sembrava restringersi. Attenzione, non più di tanto però. Il segnale comunque pareva positivo in una situazione di grande degrado. Il tanto vituperato “intervento straordinario” per lo meno all’inizio era servito. Una spinta verso l’alto l’aveva data. Poi la degenerazione, il clientelismo avevano ucciso la Cassa per il Mezzogiorno e l’Agensud, che aveva preso il suo posto, non era riuscita ad essere efficace. Proprio quando, in periodo d’espansione della piccola e media impresa, un “aiutino” non clientelare sarebbe stato importante. A tutto ciò era sopraggiunta poi la teoria dell’”autopropulsività”, la “volontà del fare” era diventato l’antidoto a tutti i mali del Sud. Certo, il detto “aiutati che Dio ti aiuta” ha un senso. Il darsi da fare è sempre un’ottima cosa. Ma non basta in certe situazioni. Quando hai una malattia grave la volontà di guarire è importante, ma ci vogliono gli antibiotici eppoi le terapie riabilitative. Per il Meridione non è stato così. A lucide analisi dei meridionalisti dell’epoca, ricordo tra gli altri Manlio Rossi Doria, Pasquale Saraceno, Francesco Compagna, è subentrata un’apatia colpevole delle classi dirigenti meridionali, e non solo. Esse hanno provato ad affrontare l’enorme problematica a pezzi, secondo interessi territoriali, senza rendersi conto che l’intreccio delle questioni superava l’ambito campanilistico e regionalistico e doveva essere affrontato per forza di cose a livello meridionale. Insomma, la poca voglia di fare unità ha ancor di più diviso il Sud. Se a tutto questo s’aggiungono le posizioni leghiste, il gioco è fatto.
I dati si commentano da soli. L’ipotesi che avanza la Svimez, per provare a tracciare una strategia di contenimento dell’attuale situazione e per programmare interventi strategici per il rilancio del Sud, è quella di affidare il compito progettuale ad una Conferenza delle Regioni meridionali, in stretta relazione con la Presidenza del Consiglio. Ma se questa interessante ipotesi di percorso non dovesse realizzarsi, forse sarebbe il caso che le forze sociali ed i sindacati ipotizzassero loro, unitariamente, una Conferenza per il Sud. Potrebbe essere un grande stimolo alla politica per spingerla ad affrontare una questione nazionale che diventa sempre più delicata.
Elia Fiorillo