Tramortiti da una sentenza che fa letteralmente a pezzi 16 anni di trame, intessute nel tentativo di dimostrare che Berlusconi ha fondato Forza Italia in virtù di un accordo con Cosa nostra ed ha avuto un qualche interesse – se non un ruolo – nella stagione delle stragi, i “professionisti dell’Antimafia” fanno oggi buon viso e cattivo gioco. Pare quasi di vederli, cupi, nelle loro redazioni giornalistiche, i vari D’Avanzo, Gomez, Travaglio, chini sui computer a dividere il capello in quattro pur di dimostrare che la condanna a 7 anni nei confronti di Marcello Dell’Utri non cancella i sospetti, anzi… Il problema è che proprio chi sosteneva la pubblica accusa, il Procuratore Generale di Palermo, Nino Gatto, ieri a caldo aveva ammesso la pesantissima sconfitta, spiazzando e sbugiardando i pennivendoli della forca. Bisogna ammettere che parlare di una sconfitta quando la condanna a Dell’Utri è di 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa può sembrare strano, ma se si osserva come si sono svolte le inchieste e i processi di primo e secondo grado allora non si può che registrare un durissimo colpo al ticket politico-mediatico-giudiziario che per anni ha teorizzato che la nascita di Forza Italia era legata ad un patto con Cosa Nostra. Allo stesso tempo si deve giudicare lo sconto di pena come un primo passo per l’assoluzione definitiva.Intanto, il Pg Gatto aveva chiesto una condanna a 11 anni, due in più di quelli inflitti a Dell’Utri in primo grado, quattro in meno di quelli comminati dalla Corte d’Appello ieri. Di certo, dopo lo spiegamento di forze messo in atto dalla Procura di Palermo per cercare di dimostrare la collusione del primo partito italiano con la mafia, se i giudici avessero sconfessato in toto la linea che ha visto Ingroia sempre in prima fila per colpire Berlusconi e il suo partito, sarebbe stato un colpo letale per un preciso settore della magistratura, quello più politicizzato. Da qui la condanna a 7 anni. Ma più del semplice sconto di pena, pesa contro la pubblica accusa l’assoluzione di Dell’Utri per i fatti successivi al 1992. Questo significa che il tribunale ha giudicato assurdi, inverosimili, falsi, i teoremi sul patto fra mafia e Forza Italia sul ruolo dei suoi massimi esponenti nelle stragi di Falcone e Borsellino, considerando tra l’altro totalmente inattendibili gli pseudo pentiti come Spatuzza e gli pseudo testimoni come Ciancimino Junior. E’ questo il colpo mortale per la Procura di Palermo. Colpo ancor più duro se si va a guardare come la Cassazione (dove finirà il processo a Dell’Utri) tratta il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. A parte i rischi di prescrizione (della quale non vuole avvalersi il senatore del Pdl), la Suprema Corte ha stabilito che per condannare qualcuno per concorso esterno, devono sussistere gravi fatti specifici di questo rapporto con le cosche. Ebbene, cadendo tutti gli eventi successivi al ’92, in pratica cadono anche i “gravi fatti specifici” che giustificherebbero una conferma della condanna a Dell’Utri. Un po’ com’è capitato per Calogero Mannino. Nella peggiore delle ipotesi, quindi, la Cassazione potrebbe annullare con rinvio la condanna, ordinando una nuova celebrazione del processo d’appello. Nella migliore, può annullare la condanna senza rinvio. Di questo ne è convinto il senatore Dell’Utri. E ne ha ben donde. Dell’Utri/Leone: smantellato teorema, che ne pensa Ingroia? “Ora che la Corte d’Appello di Palermo ha smantellato, senza possibilita’ di equivoci, il teorema secondo il quale Forza Italia era nata come collegamento fra politica e mafia, sara’ interessante apprendere il parere di quei giornali che con grandi titoli hanno sostenuto questa assurdita’ e soprattutto che cosa ne pensa il pubblico ministero Ingroia, colui che ha elevato al rango di testimoni attendibili Spatuzza e Massimo Ciancimino, gola profonda tardiva e improvvisamente loquace”. Lo ha dichiarato Antonio Leone (Pdl), vicepresidente della Camera dei Deputati. “Due uomini - ha concluso Leone - al servizio di quei magistrati che a tutti i costi, colpendo Berlusconi, tentano di ribaltare per via giudiziaria le scelte elettorali della stragrande maggioranza degli italiani”. Dell’Utri/Lupi: la Cassazione smonterà il teorema ”Sono garantista e quindi aspetto la sentenza della Cassazione che, sono certo, smontera’ anche l’ultimo teorema di questa assurda vicenda che ha coinvolto Marcello Dell’Utri, cui va la mia sentita solidarieta’. Di certo c’e’ che la Corte d’Appello ha spazzato via la teoria secondo cui Forza Italia sarebbe nata per assecondare la mafia. Forza Italia ieri, e il Pdl oggi sono e restano partiti che hanno lavorato e lavorano per il bene del Paese. I cittadini lo sanno e non bastano gli Spatuzza di turno per metterlo in discussione”. Cosi’ Maurizio Lupi, vice presidente Pdl della Camera dei deputati, commenta la sentenza d’appello su Marcello Dell’Utri. Napoli: Tartaglia e Dell’Utri, due pesi e due misure ”Si puo’ dire due pesi e due misure a proposito di due singolari verdetti della giustizia senza timore di offendere nessuno? Allora: Massimo Tartaglia, l’attentatore del premier in Piazza Duomo, a un passo dallo stendere Berlusconi, e’ stato riconosciuto incapace di intendere e volere”. E’ quanto dichiara il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli. ”Il senatore Marcello Dell’Utri e’ stato condannato a 7 anni di carcere non per fatti accertati, ma per le chiacchiere interessate di collaboratori di giustizia non del tutto disinteressati. Questo e’ lo stato dell’arte. In Parlamento ci sono forze riformiste capaci di cambiare e di restituire all’Italia il diritto alla giustizia? La sinistra provi a interrogarsi e, come dice Gigi Marzullo, provi a darsi una risposta”,