Ancora una volta certi quotidiani hanno preferito vedere il bicchiere mezzo vuoto ignorando quello mezzo pieno e hanno formulato un giudizio negativo sui due successivi vertici del Canada. Con la conseguenza anche di relegare in secondo piano l’ennesimo successo diplomatico del Presidente Berlusconi. Ma forse stavolta e’ venuto il momento di esaminare perché i nostri commentatori, sopratutto quelli di politica estera, hanno mostrato fin dall’inizio una buona dose di sufficienza verso la formula-Berlusconi.La risposta e’ scontata: Berlusconi ha innovato completamente un settore vecchio, polveroso, adagiato su meccanismi farraginosi e antiquati. Una vera e propria rivoluzione che ha scatenato la reazione difensiva dei vecchi mandarini, interessati alla conservazione del sistema. Non abbiamo mai letto infatti una critica al sistema per cui moltissimi diplomatici si esercitavano, prima dell’arrivo di Berlusconi, in dotte disquisizioni politiche sui vari Paesi del mondo trascurando quel fondamentale “taglio” economico già ampiamente applicato dai colleghi anglosassoni. Le statistiche commerciali, le tabelle dell’interscambio e le ragioni merceologiche sono state giustamente riportate da Berlusconi in primo piano: e non e’ questo un cambiamento epocale? Non ha significato, questo mutamento di rotta, novità positive e possibilità di business per le aziende italiane? Secondo e fondamentale elemento rivoluzionario: l’introduzione dei rapporti personali di amicizia come chiave per superare certe posizioni ormai ammuffite della politica estera italiana. Questa strategia ha scatenato i più facili, anzi i più banali commenti in tono di sufficienza da parte dei soliti noti. Ma come può Berlusconi ricorrere alla politica delle pacche sulle spalle? Quante volte abbiamo dovuto sorbirci questa frase altezzosa? E quante volte invece abbiamo constatato, senza che mai lo riconoscessero gli altri, che quelle tessiture sapienti di amicizie e di reciproche fiducie erano servite, eccome, a raggiungere risultati concreti per il nostro Paese, per le nostre imprese? E’ incredibile che ancora oggi ci si debba difendere da accuse fondate sul nulla, ma il malvezzo di considerare sempre e comunque “in nero” qualunque impresa di Berlusconi persiste… E lo si potuto constatare anche stavolta a Toronto, dove pochi hanno avuto il coraggio di scrivere la verità: che la posizione di rigore coniugato a sviluppo del nostro Paese era la posizione di fondo raggiunta da tutti i Paesi del G 20. Ancora una volta un successo dell’Italia e della politica del presidente Berlusconi e del nostro Governo e’ stato volutamente messo in ombra se non addirittura ignorato.
· e contando i voti degli interessati. Il governo ha assecondato tutto ciò attraverso il nuovo modello contrattuale. Si può parlare di riforma?
· Da sempre l’Italia soffre di super-dipendenza energetica, e ha il costo dell’elettricità più caro d’Europa. Scontiamo ancora le conseguenze del referendum del 1987 dopo il disastro di Chernobyl, quando unico paese al mondo rinunciammo del tutto al nucleare. Da allora nessuno si era più azzardato a riproporre l’unica forma di approvvigionamento energetico disponibile, con le ultime e sicure tecnologie, pulito, a basso costo, ed ovviamente da affiancare alle fonti rinnovabili. Questo governo lo ha fatto in pochi mesi, gli accordi sono già firmati, le aziende pronte a partire, il piano di marcia pronto. La Corte costituzionale ha dato torto alle regioni che rivendicavano il diritto di veto sui siti. La vogliamo o no chiamare una riforma? · Il peso della burocrazia sta già diminuendo. Così come si è drasticamente ridotto l’assenteismo, con la “legge Berlusconi” sarà garantito pienamente il diritto d’impresa. Si inverte l’onere: sarà lo Stato ad intervenire ex post, non chi vuole intraprendere a dover fornire chilometri di carte. E’ abbastanza come riforma? · Il Popolo della Libertà, il cosiddetto “partito di plastica”, il “partito-regime”, ha discusso e discute liberamente e pubblicamente le proprie opinioni e dissensi. Ovviamente a condizione che la minoranza non prevarichi sulla maggioranza. Non una riforma liberale? Una novità per i vecchi rituali della nostra ex partitocrazia? · Politica estera. Fino a due anni fa eravamo a rimorchio dell’asse Germania-Francia. Quando il precedente governo Berlusconi si distaccò dalla “vecchia Europa” per allearsi con gli Usa nella guerra al terrorismo, fu quasi tacciato di eresia e tradimento. Proprio la crisi ha dimostrato quanto sia stato, e sia sempre più giusto, difendere i propri interessi nazionali, nel rispetto delle istituzioni europee e delle alleanze. Il governo è stato tra i primi (forse il primo) ad aprire alla Russia: oggi lo fanno tutti, Obama in testa. Il governo ha avuto il coraggio di porre il veto in sede europea per difendere appunto gli interessi dei nostri concittadini. Il governo è un ponte tra Unione europea, Usa, Russia ed economie emergenti. C’è bisogno di definirla riforma? Conclusione. C’è indubbiamente ancora molto da fare, e Berlusconi è il primo a rendersene conto, e non basterà una legislatura. Ma come non vedere, e non capire, che il Paese è cambiato, e quanto è stato realizzato finora? Riforme è una parola grande, importante e affascinante. Talvolta, però, è anche assai facile da pronunciare. Molti non resistono alla tentazione di specchiarcisi e farsi belli. Diverso è praticarla concretamente nella dura realtà quotidiana. Noi preferiamo “queste” riforme. Altra scelta positiva è la gestione del debito. L’intelligenza di far valere sul piano dei conti la somma positiva tra debito pubblico e risparmi delle famiglie, garanzia di futuro. Tutto questo è possibile se si ha una leadership determinata e credibile. Noi ce l’abbiamo. La sostanza è questa.Così come abbiamo una leadership credibile nelle Regioni. Quelle che sono state amministrate finora da presidenti del Pdl sono state capaci di tagliare le spese. Una dialettica non sull’entità della manovra disegnata da Tremonti, ma sulla distribuzione dei pesi e dei tagli ulteriori è più che normale, e mostra una vivacità della nostra classe dirigente che negli altri partiti si sognano.È puro pretesto vedere in questo dialogo serrato un motivo di difficoltà del governo e della sua tenuta. Berlusconi saprà trovare la sintesi, è un mestiere in cui riesce benissimo. Una sintesi che è un modo per rilanciare le sfide del futuro, non per frenare. Intanto continua il lavoro pretestuoso di “calunnia continua”, che oggi è il vero gruppo extraparlamentare, con molti agganci alla Camera e al Senato, eversivo della democrazia e della volontà popolare.La stucchevole storia dei bavagli, le manifestazioni guidate da Repubblica, sono la dimostrazione di come la sinistra abbia mangiato se stessa, in fondo ripetendo in piccolo, anzi in piccolissimo, la storia dell’Unione Sovietica. Così come Lenin partì rivoluzionario scontrandosi con la polizia zarista, allo stesso modo il Pci negli anni 60 e poi i Sessantottini e le varie Lotta continua e Democrazia proletaria, fino alle Brigate rosse urlavano contro lo Stato imperialista. Poi l’Urss è diventata Stato di Polizia. Così i nostri di sinistra oggi urlano “Intercettateci tutti”, auspicando lo Stato della Polizia e dei Pm. Una involuzione che i giornali hanno fatta propria. Gli interessa tutto meno che la vera libertà, salvo quella di dire balle. Gli auguri di Berlusconi al presidente Napolitano Il presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, ha inviato al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, il seguente messaggio di auguri in occasione del suo compleanno. ”Signor Presidente - scrive Berlusconi - nella lieta ricorrenza del suo genetliaco, le giungano i miei piu’ affettuosi auguri e gli auguri cordiali di tutto il Governo”.
così, l’autocontrollo, lasciandosi andare a una comoda deriva per cui non si fa più il giornalismo d’inchiesta, che costa sudore e fatica, ma ci si limita a pubblicare senza alcun filtro tutto quello che esce dalle Procure in violazione del segreto istruttorio e della dignità delle persone.Dunque, i ripetuti allarmi sulla libertà di stampa in pericolo - ultimo in ordine di tempo quello relativo al disegno di legge sulle intercettazioni - vanno presi per quelli che sono: espedienti strumentali per evitare alla categoria di fare, finalmente, una seria autocritica. Basta infatti andare in una qualsiasi edicola per rendersi conto che in Italia la libertà di stampa esiste, è pienamente garantita e non è affatto in pericolo. Basta accendere un canale a caso della radio e della Tv pubblica per capire che non c’è alcun regime che mette in pericolo alcuna libertà. E basta riscorrere le immagini dell’ultima manifestazione indetta dalla Federazione nazionale della stampa, piena di bandiere rosse e di truppe cammellate della Cgil, per rendersi conto della gigantesca mistificazione in atto.
In Italia si dà ormai per scontato, ad esempio, che certi programmi televisivi possano essere usati come altrettante pistole mediatiche costantemente puntate contro il presidente del consiglio. Sarebbe questo lo strapotere mediatico di Berlusconi? Merita citare, a questo proposito, una recente dichiarazione di Emma Bonino, vicepresidente del Senato eletta nelle liste del Partito Democratico: “Le lottizzazioni sono state fatte all’insegna di un baratto permanente tra i vertici della partitocrazia. Un baratto del quale sono stati attori e beneficiari le organizzazioni della sinistra ufficiale, dal Pci in giù, e al quale hanno partecipato gli editori della cosiddetta stampa progressista, utilizzando il quarto potere per difendere interessi illegittimi contro l’interesse generale”. Parole difficilmente confutabili. E quindi, la battuta di Berlusconi sullo “sciopero contro i giornalisti”, invece di provocare il solito arroccamento corporativo, potrebbe diventare invece un momento di seria riflessione, nella consapevolezza comunque che tra giornalisti e politici non è dato sapere chi avrebbe i titoli per scagliare la prima pietra. Napoli: Berlusconi ottimista, i lettori sono in sciopero da sempre ”Il presidente del Consiglio e’ un inguaribile ottimista se ritiene di invitare i lettori a scioperare contro i giornali che disinformano. In Italia, per la verita’, crisi o no, i lettori sono in sciopero contro i giornali dall’immediato dopoguerra. Le percentuali di acquirenti dei giornali vedono l’Italia dietro l’India, paese civilissimo quant’altri mai”. E’ quanto afferma il vicepresidente dei deputati del Pdl, Osvaldo Napoli.
”Indagare sulle cause di questo e’ difficile, ma anche semplice. In Italia non si scrivono giornali per informare i lettori. Si scrivono soltanto perche’ il potere politico o economico possano scambiarsi dei messaggi, di pace o di guerra o di tregua, e concludere qualche affare all’ombra di un bell’editoriale o di un’inchiesta. Per i giornali il lettore e’ poco piu’ un intruso o, quando va bene, un gonzo da riempire di favole e di orrore. Altrimenti perche’ i giornali restano in edicola, come da sempre suggerisce D’Alema, e il centrodestra vince le elezioni?”, conclude Napoli.
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