Fabbriche di alluminio, salvi tremila posti di lavoro
Feb 27th, 2010 | Di cc | Categoria: Ambiente
Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. La frase attribuita a Lao Tze, fondatore del Taoismo, ben si adatta alla vicenda Alcoa. Ieri notte a Palazzo Chigi il governo è riuscito a garantire un posto di lavoro a 3 mila famiglie, distribuite fra Portovesme in Sardegna e Fusine, in provincia di Venezia: due aree industriali in crisi.La multinazionale americana, a novembre, aveva annunciato la chiusura dei due impianti. Una decisione che ora ha modificato grazie alla mediazione del governo che è riuscito ad individuare le soluzioni per conservare in vita i due impianti che producono alluminio. La determinazione di Palazzo Chigi si è tradotta anche in un decreto che introduce sconti sui costi dell’energia e sull’impegno italiano per far condividere a Bruxelles tali agevolazioni.Nella competizione europea, infatti, le nostre imprese partono svantaggiate perché pagano l’energia fino a tre volte in più rispetto ai concorrenti. Ne consegue che un prodotto che esce dalle nostre fabbriche costa inevitabilmente di più. Per colmare questa differenza, il governo ha varato un decreto che introduce sconti per le fabbriche siciliane e sarde. E l’Alcoa ha il suo impianto più importante proprio in Sardegna. Il negoziato con l’azienda americana hanno impegnato i tecnici della Presidenza del Consiglio per diverse notti, prima di arrivare alla conclusione positiva di ieri. Una conclusione che rientra nella linea tracciata da Berlusconi con il principio “nessuno verrà lasciato indietro”.Il governo, infatti, in questa trattativa ha avuto un unico obbiettivo: difendere i posti di lavoro. E pur di raggiungerlo si è mosso anche il presidente del Consiglio in persona.Silvio Berlusconi ha scritto al presidente della multinazionale americana. Ha tenuto contatti pressoché quotidiani con il presidente della Commissione Barroso. Ha seguito l’evoluzione di tutta la trattativa. Ed alla fine il risultato è stato raggiunto: gli impianti non verranno chiusi. E fra sei mesi azienda, sindacati e governo torneranno a riunirsi per verificare l’evoluzione del mercato e le prospettive di sviluppo o di ristrutturazione degli stabilimenti.