Medio Oriente: il successo della missione

Feb 4th, 2010 | Di cc | Categoria: Politica

Pieno successo della missione di Silvio Berlusconi in Israele e Palestina. A nessun leader mondiale riesce allo stesso modo di Berlusconi il miracolo di un’accoglienza trionfale nei due campi che si fronteggiano: da un lato la Knesset di Israele, che ha salutato il suo discorso con applausi a scena aperta e con l’attestato di stima e amicizia di Benjamin Netanyahu che ha commosso l’emiciclo ricordando il coraggio di Mamma Rosa in difesa di una ragazza ebrea durante la Seconda guerra mondiale; e la residenza del leader palestinese Abu Mazen, a Betlemme, dove si è manifestata appieno la vocazione mediatrice di Berlusconi come leader occidentale autorevole ascoltato con eguale attenzione e rispetto da tutti i protagonisti della crisi mediorientale.  Per usare le parole d’un giornalista esperto di Medio Oriente, Antonio Ferrari del Corriere della Sera, è stata una missione “che ha avuto il merito, grande visti i tempi, di smuovere le acque e di far capire che le delicate crisi mediorientali non possono marcire nell’immobilismo, e che l’Italia, nell’Unione Europea, non intende essere uno spettatore ma vuole agire. In quell’area tribolata – è la conclusione di Ferrari sulla prima pagina del Corsera di oggi – anche l’ottimismo della volontà è un valore”. Nella Knesset, il Parlamento israeliano, Berlusconi ha saputo dire le cose che più i deputati si aspettavano: che la reazione contro i razzi lanciati da Gaza è stata giusta, che Israele è uno Stato ebraico che ha pieno diritto a esistere in quanto tale e a essere sicuro, che la Shoah non dovrà ripetersi mai più e anche per questo l’intera comunità internazionale deve opporsi con misure concrete all’acquisizione di armi nucleari da parte dell’Iran negazionista e antisemita.  Ai palestinesi, Berlusconi è andato a dire altro, e cioè che è questo il momento di tornare al tavolo della pace, che esiste per la Palestina un futuro di progresso e benessere grazie alla realizzazione del “Piano Marshall”, e che non può esservi indifferenza verso il dolore dei palestinesi. Berlusconi ha saputo dire le cose scomode: agli israeliani, nell’intervista a Haaretz alla vigilia della visita, che vanno bloccati futuri insediamenti anche a Gerusalemme Est perché Israele non può pensare di estendersi in zone che sono oggetto di negoziato, e ai palestinesi che non si può negare a Israele il diritto all’esistenza non solo in quanto Stato, ma in quanto Stato ebraico.  Allo stesso tempo, Berlusconi si è ulteriormente accreditato come unico autorevole e potenziale mediatore nello scacchiere mediorientale, anche per la soluzione di attriti importanti come quello in corso tra Israele e la Turchia. Inoltre, non ha dovuto prendere strade traverse o diverse rispetto a quelle indicate dal partner statunitense e dall’Europa. Semmai, ha messo a disposizione la propria esperienza di sedici anni di leadership internazionale per favorire la ripresa del dialogo e portare verso una conferenza di pace per la quale ha anche offerto “la bella città di Erice”. Non c’è, oggi, leader che sia in grado di catalizzare il rilancio dei negoziati più di Berlusconi. E questo si deve non solo al peso oggettivo dell’Italia in un’area sulla quale gravano gli interessi del mondo, ma soprattutto al peso personale del Presidente del Consiglio e al suo coraggio nel dire le cose giuste e quelle scomode, nello spronare le parti a tornare a parlarsi, nell’offrirsi come leader capace di farsi ascoltare e mettere al servizio della pace la propria esperienza. A malapena la stampa avversa a Berlusconi è riuscita a esagerare e distorcere qualche affermazione. Ma se il Presidente di Israele Shimon Peres ha potuto rassicurare il Presidente Berlusconi che non è la stampa a contare, ma sono gli occhi e i voti della gente, d’altro lato un esponente palestinese autorevole come Nasser Laham intervistato su La Stampa ha potuto definire il premier italiano come il possibile “regista del processo di pace”. Per dire: pieno successo e applauso bipartisan.

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