Bonaiuti: né monarchia, né diarchia, il nostro è un partito democratico di massa

Gen 26th, 2010 | Di cc | Categoria: Nazionale, Politica

Pubblichiamo il discorso integrale di on. Paolo Bonaiuti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e portavoce del governo al Congresso del Popolo della Libertà ad Arezzo

Cari amici, il nostro PdL è il punto di arrivo di un percorso avviato quindici anni fa da Silvio Berlusconi ed è anche l’inizio di una nuova, esaltante stagione politica e di governo, una stagione intessuta di fatti e non di chiacchiere. In questa stagione tocca al partito, tocca a noi, tradurre in fatti la sfida lanciata dal Presidente Berlusconi la sera del 13 dicembre scorso, pochi minuti prima dell’aggressione in Piazza Duomo: conquistare entro il 2010 un milione di iscritti. Tocca a noi, tocca al partito, non solo mantenere ma aumentare il consenso che già riscuotiamo dalla stragrande maggioranza degli italiani.

 

Il Popolo della libertà ha dato un’identità politica e culturale al popolo dei moderati perché è la sintesi di tradizioni diverse che si sono incontrate senza annullarsi. E’ un partito di governo. Nato per rinnovare la politica nel segno del bipolarismo. La politica è vicina al popolo soltanto se il popolo sceglie direttamente chi lo deve governare, invece di affidarsi, con una delega in bianco, ai vecchi partiti, quelli che all’interno del Palazzo potevano fare e disfare i governi senza ascoltare le richieste della gente. Gli italiani non hanno nostalgia di improponibili avventure neocentriste, già vanificate in partenza dal fatto che il centro è saldamente occupato da noi con percentuali oltre il 40% e non resterebbe spazio, con buona pace dell’ Udc, altro che per un modesto ‘centrino’ senza ricami né pizzi.

 

All’interno del PdL mi annovero tra quelli che insistono sull’opportunità di un dialogo con i nuovi dirigenti del Pd e che auspicano la formazione e l’affermazione di una sinistra riformista per avviare insieme, se mai sarà possibile, una stagione di riforme. Mi preoccupa però che il nuovo segretario non riesca a liberarsi da figure inquietanti come Di Pietro e De Magistris e dalla sudditanza a un vecchio modo di fare politica sfruttando gli attacchi giudiziari. Come può una sinistra che vuol essere socialdemocratica, europea, moderna, riformista, ricorrere alle vecchie colubrine, alle vecchie bombarde dell’antiberlusconismo?

 

Alla nuova ondata di attacchi contro il Presidente Berlusconi rispondiamo che i fatti parlano da soli. Il governo ha gestito al meglio la crisi globale erigendo un muro di 34 miliardi a sostegno dei lavoratori, tutelando i risparmiatori (Berlusconi aveva detto: “nessuno perderà un solo euro”) e incentivando banche troppo pigre a concedere più credito alle imprese. Abbiamo il più basso indice di disoccupazione d’Europa, più basso che negli Stati Uniti; abbiamo il più alto tasso di espansione prevista dall’Ocse, dal Fondo monetario e dalla Commissione europea, tutti si sono congratulati con noi per questa gestione. Abbiamo il bilancio pubblico in ordine rispetto a Paesi come Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, Portogallo, per non parlare della Grecia, e siamo rimasti nel gruppo di testa, non in quello di coda come prevedeva la sinistra delle catastrofi.

 

Il governo ha risolto una volta per tutte lo scempio dei rifiuti a Napoli e in Campania, riportando lo Stato a fare lo Stato. Lo stesso metodo ha seguito all’Aquila e in Abruzzo mantenendo la promessa che nessuno sarebbe stato lasciato solo in qualche baracca o in qualche tendopoli.

 

Il governo ha attuato una politica della sicurezza per cui lo Stato è tornato al fianco dei cittadini, schierando anche l’esercito nelle strade e nelle piazze, il governo ha frenato l’immigrazione clandestina.

 

Il governo ha fatto ripartire le grandi opere, dall’Alta velocità al Passante, dalla Tav Torino-Trieste al ponte sullo Stretto.

 

Il governo, con l’ultima Finanziaria, ha aiutato i più deboli e le famiglie senza mettere le mani nelle tasche degli italiani. Quasi un miracolo se si pensa che tra il 2008 e il 2009 la crisi economica ha tolto al Pil, alla nostra ricchezza, 90 miliardi di euro, di cui 70 per il calo delle esportazioni e 20 per la diminuzione dei consumi interni. La riduzione di 6 punti di Pil ha comportato ovviamente minori entrate fiscali. Eppure ce l’abbiamo fatta, ci siamo garantiti la fiducia internazionale verso i titoli del debito pubblico, chi ha perso il lavoro è stato tutelato come mai in passato.

 

Il governo ha fatto arrestare 8 mafiosi al giorno, ha mandato al carcere duro 167 boss, ha confiscato 7 miliardi di beni e patrimoni della criminalità organizzata. Mai nessun governo aveva fatto tanto contro la mafia.

 

Il riformismo di cui l’Italia ha bisogno si trova dunque nell’azione di governo. Il governo Berlusconi è il governo delle riforme e il PdL è il movimento nato per riformare il Paese.

 

Gli elettori si aspettano dunque che partito e governo seguano la stessa rotta. Il governo sta facendo la sua parte in un momento difficile. E il partito? In questi mesi ne sono state dette e scritte di tutti i colori su come dovrebbe essere: pesante, leggero, tradizionale, moderno, all’europea, all’americana… Ma il nome stesso di popolo ci dice che è nato come movimento della gente, al servizio della gente. E tutti gli eletti, tutti i dirigenti, tutti gli iscritti devono essere al servizio della gente. Questo ideale di servizio e la nuova moralità che impone di mantenere le promesse fatte agli elettori sono i due principi ispiratori che ci hanno mosso e ci muoveranno in futuro. Verso quale direzione?

 

Ebbi al telefono dal Presidente Berlusconi la notizia, in quella domenica di novembre 2007, che avrebbe manifestato pubblicamente, quel giorno, l’idea che da tempo stava maturando nella sua testa. Fu il discorso del predellino. Il movimento di massa dei moderati, dei liberali e dei riformisti prese forma. Vinse le elezioni del 2008. Trionfò in tutte le elezioni successive. Oggi, all’inizio del 2010, noi dobbiamo confermare con forza: cosa vogliamo essere?

 

Il nostro movimento non è una monarchia e non è neanche una diarchia. Non può essere nessuna di queste forme politiche, perché è un movimento popolare e come tale può essere soltanto un partito democratico di massa in cui tutto si decide per gli elettori e mai per gli eletti. Un partito che sarà il protagonista assoluto della vita politica dei prossimi anni, ne sono convinto. Ma proprio perché democratico e di popolo, un movimento del genere si deve basare sul confronto interno, sulle discussioni e sulle decisioni degli organi dirigenti, come sta avvenendo tra noi in grande libertà. Certo come non avviene all’interno di una caserma. E non può rispondere a questa o quella componente, ma deve basare le sue scelte sul valore delle persone. Le persone, sempre e soltanto le persone, in primo piano, questo è il principio.

 

Allo stesso modo credo sia venuto il momento di accantonare quelle percentuali del 75-25 o del 70-30, quella suddivisione in quote che sembra quasi congelare la diversità fra componenti del PdL. Non serve più, questo vecchio schema di garanzia, se noi siamo, come siamo e come oggi stiamo dimostrando di essere, un partito unico, forte, saldo, coeso che affonda le radici nel valore delle persone e solo in quello .

 

Dobbiamo stare insieme, ancor meglio, di come hanno convissuto, all’interno di Forza Italia, le diverse anime democristiane, socialiste, liberali, socialdemocratiche, radicali. Non c’è altra strada. La fusione che abbiamo iniziato deve terminare al più presto per aprire il partito a nuove risorse, a giovani talenti senza marchio di origine, a nuove fonti di consenso.

 

Siamo ormai un movimento in cui non possiamo più ragionare secondo la logica miope del “tanto a me e tanto a te”, quanto secondo la logica del futuro: “tutto e soltanto per la gente che ci vota”.

 

Del resto, quella gente ha già dimostrato di aver superato le apparenti diversità nella grande manifestazione del 2 dicembre 2006, quasi due milioni di persone in piazza S Giovanni. Noi mescolammo allora le nostre bandiere. Il Presidente Berlusconi prese l’impegno solenne che saremo stati sempre uniti per rendere più moderna l’Italia. Abbiamo gli stessi ideali, abbiamo gli stessi principi. Ora dobbiamo lavorare uniti per soddisfare le richieste dei nostri elettori e mantenere quella promessa che ha cambiato la storia della politica italiana.

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