“Credo ancora nelle favole”
Gen 29th, 2024 | Di cciotola | Categoria: Spettacoli e CulturaLa messa in scena è il frutto del lavoro del laboratorio di teatroterapia che coinvolge detenuti comuni afferenti alla sezione media sicurezza. L’attività è condotta dalla Dott.ssa Irene Cantarella, ideatrice del progetto insieme alla Dott.ssa Sandra Vitolo, entrambe psicologhe e psicoterapeute. L’uso del teatro come strumento terapeutico è una pratica sempre più diffusa per esplorare profonde sfere emotive e affrontare tematiche complesse. In questo contesto, un percorso terapeutico innovativo ha visto protagonista la paternità reclusa, rivelando luci e ombre delle dinamiche familiari attraverso la lente della recitazione. Sul palcoscenico gli attori detenuti si esibiranno eccezionalmente con figli e familiari per rappresentare emozioni realmente vissute e frammenti di vita, cosi come raccontate nel copione interamente autobiografico. Il lavoro teatrale è oggettivazione scenica del percorso terapeutico compiuto sull’affettività. In particolare, è stato affrontato il tema della paternità reclusa e delle dinamiche familiari connesse al reato con le sue conseguenze: da qui la scelta significativa di coinvolgere nella rappresentazione teatrale tutti i componenti delle famiglie dei ristretti. Lo spettacolo, inoltre, tocca argomenti relativi alla dimensione di coppia, cosi come vissuta dai detenuti all’ interno del carcere e da mogli e compagne all’ esterno; queste si sono impegnate in un percorso di rivisitazione delle modalita relazionali utilizzate con il partner che si sono concretizzate, il più delle volte nel passato, in atteggiamenti giustificanti legati al coinvolgimento affettivo-emotivo. La costruzione del copione è stata frutto degli incontri di analisi introspettiva effettuata con i singoli protagonisti e condivisa, successivamente, nella dimensione gruppale. Analogo lavoro terapeutico è stato esteso ai nuclei familiari, con incontri collettivi a cadenza mensile, che danno data luogo alla costruzione di un gruppo attivamente coinvolto, all’ interno del quale si sono condivise le vicende personali, intime emozioni e le incertezze sul futuro. II percorso laboratoriale, così realizzato, ha stimolato la rivisitazione critica delle proprie scelte di vita e l’individuazione di risorse interiori per adottare soluzioni funzionali al processo di crescita personale. II coinvolgimento delle famiglie ha raccontato come anche queste, universo affettivo del detenuto, siano costrette loro malgrado a scontare una condanna. II lavoro psicologico si è concretizzato anche nella riorganizzazione di responsabilità più adeguate ai ruoli di ciascuno, gettando le basi per un positivo ritorno alla vita sociale. La comunità può essere sensibilizzata alle sfide affrontate da coloro che vivono dietro le sbarre, incoraggiando una maggiore comprensione e supporto. Attraverso la recitazione, si apre uno spazio unico per l’esplorazione delle emozioni, la comprensione delle dinamiche familiari e la ricostruzione delle relazioni
Le vicende portate in scena narrano dell’uomo, non gia detenuto e del suo riscoprirsi persona all’interno dell’istituzione totale. Storie di fragilità e di solidarietà, storie di ricerca di un’identita diversa oltre l’etichetta deviante; percorsi di affermazione della dignità umana, per mettersi in gioco anche di fronte ad un pubblico esterno. Attraverso la recitazione, si apre uno spazio unico per l’esplorazione delle emozioni, la comprensione delle dinamiche familiari e la ricostruzione delle relazioni
II materiale autobiografico offerto dai detenuti della Casa di Reclusione Rebibbia e dalle loro famiglie è stato raccolto e riadattato teatralmente dalle promotrici del progetto e conduttrici del laboratorio che hanno curato e coordinato la direzione artistica della rappresentazione scenica. L’evento teatrale, insieme ad attivita di backstage, rielaborato in chiave cinematografica ed intervallato dalle interviste ai protagonisti sul valore che l’attività di teatroterapia riveste per ciascuno, diventeranno un docufilm diretto dal regista Amedeo Staiano. Attraverso la recitazione, si apre uno spazio unico per l’esplorazione delle emozioni, la comprensione delle dinamiche familiari e la ricostruzione delle relazioni.
Il Documentario si snoderà tra la loro quotidianità e quella delle loro famiglie nella vita esterna all’istituto, e ha come focus principale la sensibilizzazione di un pubblico giovanissimo. Il progetto audiovisivo è esclusivamente a sfondo sociale, autoprodotto e senza scopo di lucro, si sottolinea che tutta la catena produttiva e realizzativa, unitamente alle figure professionali interessate è strutturata su un principio gratuito volontario solidale, vede l’appoggio morale e operativo di diverse aziende del settore. Parteciperà in concorso e fuori concorso a diversi Festival Nazionali e Internazionali, possibili passaggi televisivi e sopratutto ha come obiettivo il coinvolgimento di giovani spettatori, quindi proiezioni in Scuole , Associazioni, Manifestazioni dedicate a tematiche sociali, sul concetto dell’uso gratuito e non della vendita