Inaugurato stamattina il murale “Partenope, Madre dei quartieri di Napoli”, con il quale Voiello celebra l’orgoglio napoletano MIEZ’A VIA. Da oggi visibile in Piazza Francesco Muzii

Dic 1st, 2023 | Di cciotola | Categoria: Spazio ai Ragazzi

L’opera realizzata dall’artista Leticia Mandragora con la collaborazione dei fashion

designer partenopei VNMNS1926 è un inno alla bellezza e al mito fondativo della città: la

sirena Partenope, nella veste di madre dei quartieri di Napoli

Fino al 5 dicembre, di fronte all’opera, sarà allestito un percorso espositivo per far vivere ai

napoletani un viaggio ideale nei 30 quartieri racchiusi nella coda di questa moderna

Partenope.

La cerimonia di inaugurazione del murales Partenope, Madre dei quartieri di Napoli, alla presenza del Presidente della Quinta municipalità, dott.ssa Clementina Cozzolino; di Francesco Del Porto, President Region Italy Barilla; oltre che dell’artista Mandragora, della coppia di designer VIENMNSUONNO1926 e di Gianpasquale Greco, critico d’arte e Dottore di ricerca all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

“Voiello è indissolubilmente legata a Napoli, città nella quale affonda le sue radici sin dal 1879: la

nostra storia, la nostra pasta sono radicate nella cultura e nella gastronomia partenopea – ha

commentato Francesco Del Porto, President Region Italy di Barilla durante la cerimonia – Da

sempre, ma ancor di più negli ultimi anni, Napoli è l’epicentro di un fermento culturale e artistico

che seduce milioni di persone in tutto il mondo. Abbiamo deciso così di continuare a dare,

attraverso quest’iniziativa e sulla scia di quanto fatto sinora, ad esempio con Procida Capitale della

Cultura e con la tappa milanese di Miez’a Via, il nostro contributo e supporto per sostenere il

talento, i valori e la cultura partenopei”.

Una cerimonia con la quale Voiello ha quindi riacceso i riflettori su MIEZ’A VIA nella sua città, per

celebrare il suo forte legame con Napoli. In piazza Francesco Muzii, nel quartiere Arenella, è infatti

visibile l’installazione artistica temporanea realizzata dalla street artist Leticia Mandragora che

racconta il mito delle origini della città e la bellezza e la varietà dei quartieri che la compongono.

Perché le storie, le voci e le diverse anime di Napoli sono racchiuse tra le strade brulicanti di vita

dei suoi rioni e meritano di essere raccontate e rappresentate con orgoglio.

Fino al 5 dicembre di fronte all’opera è possibile visitare un percorso espositivo per far vivere ai

napoletani un viaggio ideale nei 30 quartieri racchiusi nella coda di questa moderna Partenope.

Ogni stemma, realizzato dai VIENMNSUONNO1926, raffigura uno dei 30 rioni ed è accompagnato

dal racconto dell’essenza della zona raffigurata.

Inoltre, lo spazio verde della piazza antistante il murale – in collaborazione con l’associazione

100×100 Naples – per tutta la durata dell’opera verrà riqualificato e ospiterà una targa per

raccontare l’omaggio di Voiello alla città.

Il murale Partenope, Madre dei quartieri di Napoli

Al centro del murale, la Partenope, mitologica fondatrice della città e considerata “Madre dei

quartieri di Napoli”, viene raffigurata con in mano delle spighe di grano, simbolo di fecondità e

abbondanza. E, proprio sulla coda di questa moderna Partenope, sono racchiusi 30 stemmi,

raffigurati come squame, che identificano i quartieri della città e ne sottolineano la loro unicità, a

partire dall’iconografia realizzata dai VIENMNSUONNO1926.

In qualità di fashion designer e soprattutto come appassionati conoscitori di Napoli, i

VIENMNSUONNO1926, che hanno già collaborato con Voiello nella creazione della capsule

collection dedicata a Miez’a Via Milano, promuovono un nuovo «landtelling» per celebrare

l’unicità della città partenopea attraverso la ricchezza, la bellezza e la storia dei suoi quartieri, che

gli stemmi realizzati ad hoc vogliono raccontare in maniera originale.

L’artista, Leticia Mandragora, nata a Madrid da madre spagnola e padre napoletano, è legata a

doppio filo al capoluogo campano, tanto da decidere di trasferircisi all’età di 15 anni. La città

ospita diverse sue opere tutte caratterizzate dall’uso del blu cobalto – colore che contraddistingue

da sempre anche la brand identity di Voiello – e dall’intensità delle espressioni che la sua

interpretazione rende ancora più realistiche. Inoltre, la sua predilezione per la rappresentazione di

soggetti femminili si lega perfettamente all’idea alla base del murale.

Voiello, la vera storia di pasta tra passione e tradizione

Recenti studi documentali hanno ricostruito le vicende legate al Pastificio di Giovanni Voiello e della sua famiglia cui,

da memorie orali, venivano attribuite mitiche origini svizzere, peraltro mai documentate da elementi certi.

Grazie ad una approfondita ricerca genealogica compiuta da studiosi locali è emersa una serie di documenti inediti che

hanno permesso di ricostruire in modo puntuale, sia le vicende della famiglia Voiello del ceppo di Torre Annunziata,

sia gli spostamenti territoriali dei suoi esponenti di spicco.

Così la storia romantica (e improbabile) dello Svizzero di Torre Annunziata, giunto in Italia per costruire la ferrovia e

innamoratosi della bellissima pastaia lascia il posto a generazioni di pastai che scelgono quotidianamente la qualità

per distinguersi.

La nostra storia, dunque, inizia a Bracigliano, un piccolo paesino nell’Agro-Nocerino-Sarnese, in cui alle soglie del

Settecento nasce Emanuele Gaudiello, il capostipite da cui parte, attraverso vari passaggi, trasferimenti ed errate

trascrizioni anagrafiche, la dinastia Voiello.

Felice Pietro Antonio Gaudiello è il nome del figlio di Emanuele che, nel 1763, sposerà Santa De Luca, originaria di

Torre Annunziata (NA), e per la quale si trasferirà proprio nel paesino tra il mare e le pendici del Vesuvio. Dal

matrimonio nasceranno due figli: Teodoro Giuseppe Sabatino e Antonio Giovanni. Da lì in poi il cognome Gaudiello

scomparirà, tramutato in Vojello per un errore di trascrizione del parroco che officiò il battesimo di entrambi i

bambini. Il primogenito, Teodoro, avrà sette figli, tra cui Andrea Raffaele Antonio, il primo della famiglia a trovare

occupazione nella produzione della pasta, un settore che in quegli anni stava prendendo piede a Torre Annunziata

sotto la spinta di Ferdinando I. Già dagli inizi del Seicento, infatti, il settore della produzione della pasta aveva attirato

l’attenzione del Governo vicereale, soprattutto per la forza idraulica presente in loco sfruttata a scopo molitorio con

l’ausilio di un canale fatto derivare dal fiume Sarno su progetto dell’architetto Domenico Fontana. Grazie a quell’opera

idraulica, erano stati costruiti tre mulini per la macinazione dei grani destinati alla capitale del Regno, che avevano

dato inizio all’attività molitoria e pastaia torrese, a cui Andrea aderirà fin da giovanissimo cogliendo le nuove

opportunità offerte e sviluppando una brillante carriera.

Fin dal Settecento Torre Annunziata era divenuto il centro economico di un comprensorio di paesi e cittadine ove era

fiorente l’attività della pastificazione, “l’arte bianca”, come viene ancora chiamata in quella zona ristretta

comprendente i comuni di Pagani, Castellammare, Cava dei Tirreni, Angri, Nocera, Gragnano e Scafati. Per la verità la

produzione di pasta essiccata nel napoletano aveva radici ben più antiche. Già nel XIII secolo Amalfi, come Genova e

Palermo, produceva pasta essiccata per fornire cibo durevole agli equipaggi delle navi mercantili.

Ma era stato Ferdinando I a incoraggiare una produzione che per quei tempi poteva dirsi industriale. Le ragioni furono

molte. Tra cui una ragione di tipo sociale. Fino ai tempi di Ferdinando I la pasta era un prodotto pregiato di limitato

consumo. Gran parte della popolazione si alimentava di ortaggi, broccoli in particolare. “Mangiafoglia” venivano

chiamati i napoletani con spregio. Questo tipo di alimentazione oltre a essere povera di valori nutritivi, rendeva

inefficiente il sistema logistico che doveva provvedere al rifornimento di una città come Napoli che con i suoi 450.000

abitanti costituiva il più imponente concentramento urbanistico d’Europa. L’ampiezza del mercato richiedeva

coltivazioni sempre più lontane e i costi dei trasporti crescevano al crescere delle distanze, per portare una derrata

povera, acquosa e deperibile. La pasta invece, oltre ad avere maggiori proprietà nutritive, era durevole nel tempo e

costituiva una derrata secca e ben più ricca.

L’industria della pastificazione che prese corpo nel comprensorio di Torre Annunziata si sviluppò rapidamente: la

maggiore disponibilità di prodotto, la più diffusa tecnologia, l’adozione del torchio (o ingegno come veniva chiamato)

e l’utilizzo di manodopera familiare fecero rapidamente abbassare i costi e la pasta secca cominciò ad avere una

diffusione più vasta. Torre Annunziata godeva di due privilegi: un vasto porto con alti fondali che permetteva

l’attracco dei grandi velieri mercantili, e una fortunata esposizione alle periodiche alternanze delle brezze di mare e di

terra. Umida e calda la prima. Asciutta e fredda come una staffilata la seconda.

In questo contesto, nel 1822 Andrea Raffaele Antonio Vojello (1799-1829) si sposa con Maria Maddalena Ramirez, da

cui nasceranno quattro figli. Il primo è Teodoro (1822-1917) che, nella seconda metà degli anni Sessanta

dell’Ottocento, dopo aver lavorato nella Fabbrica d’Armi, ricomincia come “maccaronaro” a Torre Annunziata, dove

l’attività molitoria e pastaia si è intanto ampiamente sviluppata. L’impiego farà maturare in lui l’idea della grande

impresa, che nascerà e verrà perseguita poi dal figlio Giovanni, seguendo le orme pionieristiche familiari impresse da

Andrea già decenni prima. Teodoro Voiello, infatti, aveva ereditato dal padre il senso pratico degli affari. Era tenace e

determinato e con il tempo l’attività prosperò. Nel 1877 i tempi erano maturi per pensare a un vero opificio.

La cosa importante era trovare il posto giusto, dove le brezze arrivassero morbide ma non spente. Un posto riparato

ma non chiuso, soleggiato ma con momenti d’ombra, asciutto ma non arido. Per essere un buon pastaio, a quei tempi

non bastava conoscere i grani, saper fare l’impasto e la gramolatura, bisognava saper prevedere altrettanto bene le

variazioni di umidità e di temperatura delle brezze. Nel 1879 lo trovò: un vasto terreno in Contrada Maresca, nella

parte settentrionale della città, dove sorgerà quello che in futuro si sarebbe chiamato “Antico Pastificio Giovanni

Voiello”.

Da allora in poi la storia e il mito di questo pastificio si identificano con Giovanni. La sua pasta costituisce un punto di

riferimento in tutto il napoletano, l’aristocrazia e le personalità eminenti di Napoli diventano suoi clienti. Sotto la

spinta del figlio Attilio, Giovanni inizia ad allargare gli orizzonti e partecipa a qualche Fiera internazionale, cui seguono

i primi concessionari nelle principali città italiane: Torino, Bergamo, Milano, Brescia, Firenze e Genova. Nel 1934, a 75

anni, riceve la commenda nell’Ordine della Corona d’Italia e nel 1939 si spegne serenamente.

Alla fine degli anni Trenta, Attilio e Teodoro decidono di provare a compiere il grande passo: l’acquisto del molino e

pastificio La Stabiense di Castellammare di Stabia per intraprendervi l’attività molitoria e trasferirvi successivamente la

produzione del vecchio stabilimento di Torre Annunziata, divenuto troppo piccolo. Purtroppo, l’arrivo della Seconda

Guerra Mondiale infrange i loro sogni: I tedeschi in ritirata distruggono il macchinario installato da Teodoro, e bombe

alleate cadono sul vecchio stabilimento di Torre Annunziata. Un disastro completo da cui i fratelli Voiello non riescono

più a riprendersi. L’unica cosa a rimanere intatta è la fama: il nome Voiello continua a rappresentare un mito,

sinonimo di qualità antica. Negli anni Cinquanta Voiello ripristina la qualità d’un tempo e riprende a produrre. Ma

qualcosa si era spezzato. Manca la continuità generazionale. Attilio ebbe solo una figlia che si laureò in architettura, e

Teodoro un solo figlio maschio, che sceglierà la professione di commercialista. L’avvento, negli anni Sessanta, dei

supermercati infligge il colpo di grazia: il mutato assetto distributivo, il cambiamento dei consumi comporta

un’organizzazione diversa, la discesa a compromessi. E i Voiello non hanno più le forze. Nel 1973, mentre la crisi

economica colpisce l’Italia, ad aiutare l’antico pastificio Voiello arriva un’azienda emiliana, Barilla, che rileva le quote

societarie e subentra nella gestione, ma sempre rispettando l’autonomia e l’indipendenza dei processi produttivi che

avevano coniato la qualità del prodotto. I fratelli Voiello restarono, in quegli anni, nel Consiglio d’amministrazione con

le cariche di Presidente e Vicepresidente. Ma assistiti, nella cura del pastificio e nello sviluppo del marchio e dei

prodotti, da un nuovo management giovane e motivato. In casa Voiello era necessario un piano di ammodernamento:

nei processi produttivi, nella comunicazione e nelle modalità di distribuzione della pasta. Fu acquisito e completato un

nuovo stabilimento per la moderna produzione della pasta, sorto nel 1970 in località Marcianise, poco distante da

Napoli. Qualche anno più tardi sarebbe diventato la nuova sede della società Antico Pastificio Giovanni Voiello. Grazie

agli importanti investimenti tecnologici Voiello poté migliorare la produzione e distribuzione capillare in tutti i

supermercati italiani.

Ancora oggi Voiello – prodotta nello stabilimento di Marcianise (Caserta) – continua a perfezionarsi e ad elevare gli

standard produttivi e qualitativi, puntando su una materia prima eccellente e trafilatura al bronzo, con Grano Aureo

100% Italiano: un grano selezionato esclusivamente per la produzione della marca campana e coltivato solo sotto il

sole del Sud in zone naturalmente vocate alla produzione di grano duro. Inoltre, gli accordi diretti con gli agricoltori

sostengono le comunità locali e l’agricoltura italiana.

Da oltre 140 anni l’Antico Pastificio Giovanni Voiello continua la sua nobile missione: deliziare e rendere felici tutti gli

amanti della buona tavola. Erede delle regole, della passione e dello spirito artigianale dell’arte bianca tramandata di

generazione in generazione, punta al massimo risultato: l’eccellenza del gusto. E conferma che “il vero consiste nel

fatto”, come sosteneva il filosofo napoletano Giambattista Vico. Voiello conosce la vera qualità. Proprio perché l’ha

creata.

Attanasio Barbara

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