Riforma della Giustizia: il processo penale ai tempi del PNRR

Set 28th, 2021 | Di cciotola | Categoria: Politica

Nella giornata del 23 settembre è stato approvato dal Senato il disegno di legge n. 2353 di delega

al Governo per la riforma del processo penale con 177 sì e 24 no, dopo i due voti di fiducia del 22

settembre. In questa giornata il Senato ha approvato la fiducia ai due articoli del disegno di legge:

il primo definisce i criteri della delega legislativa al Governo, da esercitare entro un anno tramite

l’adozione di uno o più decreti legislativi, il secondo contiene novelle al Codice Penale e al Codice

di Procedura Penale, immediatamente precettive.

Come è noto, le riforme del processo penale e del processo civile sono tra le condizioni poste

dall’Unione Europea per l’erogazione dei fondi del Recovery Plan.

Le nuove norme vanno a sostituire il Disegno di Legge Bonafede, del precedente Governo, rimasto

fermo in Commissione Giustizia per più di un anno. L’impostazione complessiva della riforma

voluta dal Ministro Marta Cartabia, mira a velocizzare i tempi dei processi, con una particolare

attenzione ai riti alternativi, anche attraverso un percorso di digitalizzazione degli Uffici Giudiziari.

Quest’ultima viene promossa grazie all’affermazione del principio della obbligatorietà dell’utilizzo

di modalità telematiche sia per il deposito di atti e documenti, sia per le comunicazioni e le

notificazioni. Viene previsto inoltre, sempre allo scopo di velocizzare e snellire le tempistiche

processuali, che vengano effettuate personalmente all’imputato solo la prima notifica, con la

quale egli viene a conoscenza del procedimento a suo carico, e le notifiche relative alla citazione in

giudizio in primo grado ed in sede di impugnazione. Le altre notificazioni potranno essere

effettuate al difensore di fiducia, al quale l’imputato avrà l’onere di comunicare i suoi recapiti.

Per quanto concerne il tema “prescrizione”, già ampiamente discusso all’interno del dibattito

politico, la nuova norma dispone che "il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente

con la pronuncia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che

comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione

riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento". Per i gradi

successivi viene invece introdotta la cosiddetta “improcedibilità”: il processo potrà durare due

anni in Appello, con possibile proroga di un anno, e un anno in Cassazione con possibilità di

proroga di sei mesi, prima di essere dichiarato estinto. La riforma riguarda i reati commessi

dopo il primo gennaio 2020, ma entrerà a regime nel 2025 per permettere agli Uffici Giudiziari

di gestire i procedimenti arretrati e per “prepararsi” all’adozione delle nuove norme.

Tuttavia per un periodo, i termini previsti per la improcedibilità saranno più lunghi. Per i primi 3

anni, entro il 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi per tutti i processi (3 anni in

appello, un anno e mezzo in Cassazione), con possibilità di proroga fino a 4 anni in appello (3+1

di proroga) e fino a 2 anni in Cassazione (un anno e 6 mesi + 6 mesi di proroga) per tutti i

processi in via ordinaria. Ogni proroga dovrà essere motivata dal Giudice con un’ordinanza, per

questioni di fatto e di diritto e per numero delle parti. Contro l’ordinanza di proroga sarà

possibile presentare ricorso per Cassazione. Per alcuni reati gravi, come associazione di stampo

mafioso, violenza sessuale e terrorismo non è previsto un limite al numero di proroghe, le quali

devono comunque essere in ogni caso motivate dal giudice sulla base della complessità della

fase processuale.

Una generale riforma della Giustizia è un tema ricorrente da moltissimi anni, che ha

attraversato molte legislature, governi e campagne elettorali della storia recente. La spinta

definitiva è arrivata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dalle richieste formulate

dall’Unione Europea per fare in modo che il nostro paese possa accedere ai fondi previsti dal

Recovery Fund. Agli occhi di molti l’attuale riforma della Giustizia è sembrata una riforma “a

metà”, un cambiamento parziale utile soltanto a non scontentare nessun partito politico che

attualmente compone la maggioranza del Governo Draghi, ognuno con le proprie proposte in

tema giustizia. La riforma, anche a causa del breve tempo durante il quale è stata discussa, può

apparire poco convincente o incompleta e non è detto che non lo sia realmente. Ma erano anni,

per non dire decenni, che il nostro paese aspettava una “scossa” sul fondamentale tema della

giustizia. Riforma significa cambiamento, meglio se in positivo. Il tempo ci dirà se questo

processo di rinnovamento avrà portato seri benefici. Il sistema Giustizia, apparso intoccabile

per molti anni, ha subito una modifica molto importante; ciò è testimoniato anche dal

Referendum proposto dal Partito Radicale e dalla Lega con una raccolta firme, capace di

conquistare l’interesse di moltissimi cittadini. Indici che dimostrano come il suddetto tema

della Giustizia e della tutela dei diritti sia più centrale che mai per la vita di ognuno di noi.

Filippo Verde

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