Il grande Medico Santo, Giuseppe Moscati

Nov 15th, 2020 | Di cc | Categoria: Religione

La famiglia Moscati proveniva da Santa Lucia di Serino , paese in provincia di Avellino; qui nacque, nel 1836, il padre Francesco che, laureato in giurisprudenza, nel corso della sua carriera fu giudice al tribunale di Cassino, Presidente del tribunale di Benevento, consigliere di Corte d’appello, prima ad Ancona e poi a Napoli. A Cassino, Francesco incontrò e sposò Rosa De Luca, dei Marchesi di Roseto , con un rito celebrato dall’abate Luigi Tosti , ebbero nove figli, di cui Giuseppe fu il settimo.

La famiglia si trasferì da Cassino a Benevento nel 1877 in seguito alla nomina del padre a presidente del tribunale beneventano , e alloggiò per un primo periodo in via San Diodato, nelle vicinanze dell’ospedale Fatebenefratelli, e si trasferì in un secondo momento in via Porta Aurea. Il 25 luglio 1880, all’una di notte, nel palazzo Rotondi Andreotti Leo, nacque Giuseppe Maria Carlo Alfonso Moscati, che ricevette nello stesso luogo il battesimo, sei giorni dopo la sua nascita (31 luglio) , da don Innocenzo Maio.

 

 

Atto di nascita di Giuseppe Moscati, rinvenuto nel registro degli Atti di Nascita dell’anno 1880, conservato presso l’archivio di Stato Civile del Comune di Benevento

Intanto il padre, promosso nel 1881 consigliere di Corte d’appello, si trasferì con la famiglia ad Ancona , donde ripartì nel 1884, quando fu trasferito alla Corte d’Appello di Napoli , ove si stabilì con la famiglia in via Santa Teresa al Museo, 83. Più tardi i Moscati abitarono a Port’Alba, piazza Dante e infine a via Cisterna dell’Olio, 10.

L’8 dicembre del 1888, “Peppino” (come veniva chiamato e come amerà firmarsi nella corrispondenza personale ) ricevette la prima comunione nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore  nella quale i Moscati incontravano sovente il beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei.  Accanto alla chiesa viveva Caterina Volpicelli, poi santa, alla quale la famiglia era spiritualmente legata.

Nel 1889, Giuseppe si iscrisse al ginnasio presso l’Istituto Vittorio Emanuele a piazza Dante, mostrando sin da ragazzo interesse per lo studio ], e conseguì, nel 1897, la “licenza liceale d’onore”. 

Nel 1892, incominciò ad assistere il fratello Alberto, infortunatosi seriamente per una caduta da cavallo durante il servizio militare e rimasto soggetto ad attacchi di epilessia, con frequenti e violente convulsioni; a questa penosa esperienza è stato ipotizzato si dovesse la sua prima passione per la medicina. Invero, dopo gli studi liceali s’iscrisse, nel 1897, alla facoltà di Medicina, secondo il biografo Marini nell’ottica di considerare l’attività del medico come un sacerdozio.  Il padre morì alla fine dello stesso anno, colpito da emorragia cerebrale. 

Il 3 marzo 1900, Giuseppe ricevette la cresima da monsignor Pasquale de Siena, vescovo ausiliare di Napoli.

Medico, ricercatore, insegnante

Il 4 agosto 1903 si laureò a pieni voti con una tesi sull’ureogenesi epatica considerata degna di stampa. Dopo pochi mesi si presentò ai concorsi per assistente ordinario e per coadiutore straordinario agli Ospedali Riuniti degli Incurabili, superando entrambe le prove, risultando anzi secondo in quello per assistente ordinario.

Il 2 giugno 1904 morì il fratello Alberto a causa di complicazioni delle patologie insorte con l’incidente a cavallo.

 

 

Giuseppe Moscati, terzo da sinistra seduto, giovane docente tra i suoi primi studenti

Nell’aprile 1906, mentre il Vesuvio incominciò a eruttare ceneri e lapilli su Torre del Greco mettendo in pericolo un piccolo ospedaletto (succursale degli Ospedali Riuniti, presso cui era coadiutore straordinario), il Moscati si recò sul posto, contribuendo a salvare gli ammalati, dei quali ordinò l’evacuazione, completata poco prima del crollo della struttura; l’intervento tempestivo di Moscati è stato considerato essenziale per evitare una tragedia.

Nel 1908, dopo aver superato il concorso di assistente ordinario per la cattedra di Chimica Fisiologica, incominciò a svolgere attività di laboratorio e di ricerca scientifica nell’Istituto di Fisiologia dell’ospedale per malattie infettive Domenico Cotugno. Divenne socio aggregato alla Regia Accademia Medico-Chirurgica.

Tre anni dopo, nel 1911, un’epidemia di colera colpì Napoli, e Moscati fu chiamato dall’Ispettorato della Sanità Pubblica, presso il quale presentò una relazione sulle opere necessarie per il risanamento della città, in parte condotte a compimento. Fu inoltre proposto per la libera docenza in chimica biologica. In quello stesso anno, ancora trentunenne, aveva vinto il concorso come aiuto ordinario negli Ospedali Riuniti, anche con un certo clamore. Gli fu poco dopo conferita la libera docenza in chimica fisiologica, su proposta di Antonio Cardarelli, e incominciò l’insegnamento d’indagini di laboratorio applicate alla clinica e di chimica applicata alla medicina secondo programmi del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.

Sempre nel 1911 Moscati fu inviato a Vienna da Gaetano Rummo (allora al Consiglio superiore della Pubblica Istruzione), per assistere al convegno internazionale di fisiologia, approfittando dell’occasione per visitare anche Budapest, collaborò inoltre, per l’inglese e il tedesco, alla testata “La Riforma Medica“, fondata da Rummo prima come quotidiano, poi come settimanale e poi come quindicinale. Fu anche direttore dell’Istituto di Anatomia Patologica.

 

 

Targa commemorativa affissa sul palazzo in cui è vissuto Moscati a Napoli

La notte del 25 novembre 1914 la madre, affetta da diabete, morì. Allo scoppio della prima guerra mondiale Moscati presentò domanda di arruolamento volontario, ma la domanda venne respinta per tenerlo a prestare soccorso ai soldati feriti di ritorno dal fronte. Venne nominato direttore del reparto militare dal 1915 al 1918. In questo periodo, per quanto riportato dai registri dell’Ospedale degli Incurabili, visitò 2 524 soldati.

Tra il 1916 e il 1917 supplì Pasquale Malerba nel corso ufficiale di chimica fisiolo0gica. Dal 1917 al 1920, sostituì Filippo Bottazzi, il padre della biochimica italiana, nell’insegnamento di chimica clinica. Sempre nel 1917 rinunciò alla cattedra universitaria e all’insegnamento, per continuare il lavoro in ospedale.

Il consiglio d’amministrazione dell’Ospedale Incurabili lo nominò primario nel 1919, e il 2 maggio 1921 Giuseppe Moscati inviò al Ministero della Pubblica Istruzione la domanda per essere abilitato per titoli alla libera docenza in Clinica Medica Generale; il 6 giugno 1922 la Commissione nominata dal Ministero esaminò i titoli e lo ritenne idoneo a conseguire tale libera docenza esonerandolo all’unanimità, in virtù dei lavori proposti, dalla discussione dei lavori presentati, dalla lezione e dalla prova pratica.

All’inizio degli anni venti, Moscati si dedicò anche ad alcuni importanti studi di storia della medicina, come quelli dedicati allo iatromeccanico del ‘600 Giovanni Alfonso Borelli, che Moscati definisce “primo padre della medicina nuova” e al “fondatore della scuola medica napoletana”, Domenico Cotugno.

Quando nel gennaio 1922 venne sperimentata l’insulina per la cura del diabete, Moscati fu tra i primi in Italia a utilizzare quel procedimento terapeutico rivoluzionario.

Il 18 luglio 1923 compì un viaggio a Edimburgo per il Congresso internazionale di fisiologia, passando per RomaTorinoParigiLondraLourdes.Rientrerà a Napoli il 10 agosto.

 

Numerose sue ricerche furono pubblicate su riviste italiane e internazionali, tra le quali le ricerche pionieristiche sulle reazioni chimiche del glicogeno  Sulla sua produzione scientifica, il biochimico Gaetano Quagliariello ha scritto che fu fatale

Morte e canonizzazione 

 

 

Tomba di Giuseppe Moscati, nella chiesa del Gesù Nuovo

Il 12 aprile 1927martedì della Settimana santa, dopo aver assistito alla Messa e ricevuta la Comunione nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli e dopo aver svolto come di consueto il suo lavoro in Ospedale e nel suo studio privato, verso le 15 si sentì male, e spirò sulla sua poltrona. Aveva 46 anni e 8 mesi. 

La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, e alle esequie vi fu una notevole partecipazione popolare.

Il 16 novembre 1930 i suoi resti furono traslati dal Cimitero di Poggioreale alla Chiesa del Gesù Nuovo, racchiusi in un’urna bronzea, per opera dello scultore Amedeo Garufi, motivo per il quale è a questa data che fu posta la sua memoria liturgica. 

Il pontefice Paolo VI lo proclamò beato il 16 novembre 1975.  Il 16 novembre 1977, due anni esatti dopo la beatificazione, i resti vennero posti sotto l’altare della cappella della Visitazione, a seguito della ricognizione canonica. Fu proclamato santo il 25 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II. 

La sua festa liturgica si celebrava il 16 novembre[  il Martirologio Romano del 2001 lo riportò invece al dies natalis del 12 aprile (anche se è tutt’ora ricordato il 16 novembre):

“A Napoli, san Giuseppe Moscati, che, medico, mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime. 

Religiosità; la concezione del rapporto tra scienza e fede 

Medico e ricercatore , si dedicò all’assistenza dei sofferenti, spesso curandoli gratuitamente e anche aiutandoli economicamente. 

Moscati sosteneva che non dovesse esserci contraddizione o antitesi tra scienza e fede: entrambe dovevano concorrere al bene dell’uomo.[44] Vedeva l’eucaristia come centro della propria vita[45] ed era fortemente legato al culto della Vergine. Si preparava durante l’anno alle festività della Madonna digiunando nei giorni in cui ciò era richiesto. Inoltre, anche in età giovanile, scelse la castità.[46]

La sua concezione del rapporto tra fede e scienza fu peculiare e tipica della sua mentalità di ricercatore e di scienziato. Per lui, proprio perché solo i contenuti della fede sono certi al di là di ogni dubbio, ogni altra conoscenza umana andava continuamente sottoposta a un serrato vaglio critico. Scriveva, ad esempio, a un suo vecchio allievo:

Ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Giuseppe Moscati, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Giuseppe Montefusco, ammalato di leucemia, avvenuta nel 1979.

Secondo la ricostruzione agiografica, Giuseppe Montefusco, di Somma Vesuviana, nel 1978 era ventenne e cominciò ad avere disturbi a causa dei quali, il 13 aprile dello stesso anno, fu ricoverato all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove gli fu diagnosticata una leucemia acuta mieloblastica. Mentre non rispondeva alle terapie ed era considerato senza speranze di guarigione, sua madre sognò una notte la foto di un medico in camice bianco: dopo essersi consultata col parroco, si recò alla Chiesa del Gesù Nuovo, dove riconobbe nella foto di Giuseppe Moscati il medico visto in sogno. Furono rivolte allora al Moscati, all’epoca beato, preghiere collettive, e il Montefusco, nel giugno 1979, guarì, interrompendo ogni cura e riprendendo il lavoro di fabbro.

Il caso fu sottoposto alla Congregazione per le Cause dei Santi che, il 27 marzo 1987, promulgò il decreto sul miracolo, confermando “La modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura, non spiegabile secondo le conoscenze mediche“. 

Il 25 ottobre 1987, in piazza San PietroGiovanni Paolo II canonizzò Giuseppe Moscati; alla cerimonia era presente anche Giuseppe Montefusco, che in quell’occasione donò al Papa polacco un volto di Gesù in ferro battuto, da lui realizzato. Il Pontefice disse del nuovo santo durante l’omelia:

Le reliquie 

 

 

Reliquia Maggiore, metatarso del piede destro, custodita all’interno della Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli

 

Illustrazione Giuseppe Moscati

 

Illustrazione Giuseppe Moscati

Nel 1977, due anni dopo la beatificazione, fu eseguita la ricognizione canonica del corpo: le ossa furono ricomposte e il corpo di Moscati fu collocato in un’urna bronzea, opera dello scultore Amedeo Garufi, posta sotto l’altare della Cappella della Visitazione della Chiesa del Gesù Nuovo, dove ancora si conserva. In un reliquiario argenteo si conserva un dito del piede destro di San Giuseppe Moscati; si espone durante i solenni festeggiamenti del santo e si porta in “peregrinatio” nelle chiese che ne fanno esplicita richiesta. Altre reliquie del santo si conservano nella Parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo di Aversa, Chiesa di San Bernardino a San Marco in Lamis, Basilica di San Francesco d’Assisi di Piacenza, nella Chiesa di Santa Maria della Sanità a Serino, nella Parrocchia di Caivano, nella Cappella Ospedaliera del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena (ex arca sepulcralis S. Josephi Moscati) e nella cappella del policlinico di Catanzaro (frammento del camice) 

Giovanni Mammana

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