Infanzia, Campania: Save the Children, Italia paese vietato ai minori. La Campania è la regione con il tasso più alto di povertà educativa
Mag 12th, 2018 | Di cc | Categoria: Cronaca RegionaleInfanzia, Campania: Save the Children, Italia paese vietato ai minori. Più di 1 bambino su 10 vive in povertà assoluta. La Campania è la regione con il tasso più alto di povertà educativa, dove quasi 7 giovani su 10 non leggono libri e non hanno mai fatto sport, più di 3 su 10 non usano internet e quasi due su 10 abbandonano la scuola. La Campania ha, inoltre, la percentuale più bassa (17%), dopo Calabria e Sicilia, di 15enni svantaggiati, che riescono ad attivare percorsi di resilienza e a emanciparsi dalle condizioni delle loro famiglie
L’Organizzazione rilancia oggi la campagna “Illuminiamo il futuro” per il contrasto alla povertà educativa e avvia la petizione on line su www.illuminiamoilfuturo.it per chiedere il recupero di tanti spazi pubblici in stato di abbandono e degrado su tutto il territorio nazionale da destinare ad attività extrascolastiche gratuite per i bambini.
Alla petizione, accompagnata sui social dall’hashtag #italiavietatAiminori, si legano i 10 luoghi simbolici vietati ai minori in Italia, tra cui il Parco San Gennaro al Rione Sanità a Napoli, mai totalmente riaperto dopo la chiusura per attivi di vandalismo nel 2011.Dal 14 maggio, anche in Campania, al via una settimana di mobilitazione con tanti eventi e iniziative che coinvolgono realtà locali, associazioni, scuole, enti e istituzioni culturali
L’Italia è un Paese vietato ai minori, dove quasi 1 milione e trecentomila bambini e ragazzi[1] – il 12,5% del totale, più di 1 su 10 –vivono in povertà assoluta. In questo contesto difficile per i ragazzi, la Campania raggiunge il triste primato nella classifica stilata sulla base dell’indice di povertà educativa contenuto nel nuovo rapporto “Nuotare contro corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia”, diffuso oggi da Save the Children in occasione del lancio della campagna Illuminiamo il futuro per il contrasto alla povertà educativa.
In Campania, infatti, quasi 7 ragazzi su 10 (69,4%) non leggono un libro, più di 3 su 10 (33%) non usano internet e il 18% abbandona la scuola prima del tempo, seconda percentuale più alta con la Sardegna dopo la Sicilia.
Dal rapporto di Save the Children – l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro - emerge che il nostro è un Paese dove i minori non riescono a emanciparsi dalle condizioni di disagio delle loro famiglie e non hanno opportunità educative e spazi per svolgere attività sportive, artistiche e culturali, sebbene siano moltissimi i luoghi abbandonati e inutilizzati che potrebbero invece essere restituiti ai bambini per favorire l’attivazione di percorsi di resilienza, grazie ai quali potrebbero di fatto raddoppiare la possibilità di migliorare le proprie competenze.
Un Paese dove i quindicenni che vivono in famiglie disagiate hanno quasi 5 volte in più la probabilità di non superare il livello minimo di competenze sia in matematica che in lettura rispetto ai loro coetanei che vivono in famiglie più benestanti (24% contro 5%). Tuttavia, tra questi minori, spicca una quota di “resilienti”, ragazzi e ragazze che raggiungono ottimi livelli di apprendimento anche provenendo da famiglie in gravi condizioni di disagio.
L’Italia, tra i Paesi europei, risulta quello dove i processi di resilienza sono meno sviluppati e tra le regioni italiane la Campania ha la percentuale più bassa (17%), dopo Calabria (12%) e Sicilia (14%), di minori resilienti provenienti da famiglie svantaggiate, ovvero che riescono a superare ostacoli e difficoltà e a raggiungere le competenze minime sia in matematica sia in lettura, molto al di sotto della media nazionale del 26%.
In occasione del rilancio della campagna Illuminiamo il futuro - giunta al suo quinto anno e attiva dal 12 maggio - Save the Children lancia oggi una petizione on line – disponibile su www.illuminamoilfuturo.it – per chiedere che tutti gli spazi abbandonati, spesso lasciati nel completo degrado, vengano restituiti ai bambini e siano dedicati ad attività sportive, educative e culturali gratuite. La mobilitazione, accompagnata sui social dall’hashtag #italiavietatAiminori, è associata ai 10 luoghi vietati ai minori in Italia, individuati dall’Organizzazione con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui tanti spazi sottratti ai minori nel nostro Paese.
Tra questi, il Parco San Gennaro, nel popolare Rione Sanità, a Napoli, area ad alta densità abitativa, dove c’è completa assenza di spazi verdi. Il parco è stato realizzato nel 2008, nel maggio del 2011 l’amministrazione comunale ha deciso di chiuderlo a causa di atti di vandalismo che lo hanno reso inagibile. Nell’aprile 2014 i residenti, con l’appoggio di diverse associazioni, si rimboccarono le maniche e lo riaprirono al pubblico. Da quel momento è stato però più volte chiuso e riaperto a causa del perpetrarsi di atti vandalici e della mancanza di un sistema di guardiania strutturato. Quest’area verde cittadina, ricavata da un vecchio vigneto, si estende per oltre 6.500 mq e si compone di vialetti in tufo, aiuole di varie dimensioni e zone a prato con alberi. Al centro c’è un piccolo edificio con servizi igienici, un campo di calcetto e un’area centrale pavimentata adibita a pista di pattinaggio. Il parco potrebbe quindi rappresentare un’enorme risorsa per i giovani del quartiere e la sua riqualificazione, messa in sicurezza e cura produrrebbe valore evidente nella quotidianità dei cittadini del Municipio III.[2]
“L’Italia è un Paese vietato ai minori, dove assistiamo all’abbandono e al degrado, anche in Campania, in cui versano moltissimi spazi pubblici, che invece potrebbero fare la differenza ed essere utilizzati dai bambini e dai ragazzi che vivono in contesti svantaggiati per svolgere attività sportive, artistiche e culturali. Luoghi che per tanti di loro potrebbero rappresentare un’opportunità reale per riscattarsi, uscire dalle difficoltà più forti di prima, migliorare i loro risultati scolastici e coltivare capacità, sogni e aspirazioni. Dobbiamo fare di tutto per restituire ai minori questi luoghi e per incentivare la loro capacità di resilienza, la loro volontà e determinazione a nuotare contro corrente, a superare le onde degli ostacoli che sono costretti ad affrontare ogni giorno e a spezzare così finalmente il circolo vizioso della povertà”, ha affermato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.
Nell’ambito della campagna, inoltre, a partire dal 14 maggio è prevista una settimana di mobilitazione, con centinaia di eventi e iniziative in tutto il Paese, da nord a sud, in cui saranno coinvolte moltissime realtà locali, associazioni, scuole, enti e istituzioni culturali che anche quest’anno hanno scelto di essere al fianco di Save the Children per sensibilizzare e informare sul tema del contrasto alla povertà educativa che colpisce bambini e ragazzi e sull’importanza di attivare comunità educanti.
Numerose le iniziative che si terranno anche in Campania, dal ‘Portami al parco’, giornata di giochi all’aria aperta al Bosco di Capodimonte di Napoli in programma il 19 maggio all’’Educhiamoci all’amore’, incontro presso il liceo Alfano di Salerno sulla prevenzione della violenza e il rispetto di sé previsto per il 18 maggio, tanto per citarne alcune. L’elenco di tutte le manifestazioni è sul sitowww.illuminiamoilfuturo.it.
La povertà educativa in Campania
Sono tutte nel meridione le regioni che occupano i primi cinque posti della triste classifica sulla povertà educativa in Italia, secondo il nuovo indice di povertà educativa (IPE)[3] elaborato dall’Organizzazione e contenuto nel rapporto: Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise. Regioni in cui bambini e i ragazzi sono maggiormente privati delle opportunità necessarie per apprendere, sperimentare e coltivare le proprie capacità, nonché della possibilità di sviluppare percorsi di resilienza necessari per superare ostacoli e condizioni di svantaggio iniziali. A fare da contraltare, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna che si segnalano invece come le aree che offrono maggiori opportunità educative per i minori.
Nel nostro Paese – secondo il rapporto di Save the Children - 1 minore di 15 anni su 5 non raggiunge le competenze minime in lettura e in matematica; quasi il 14% dei ragazzi abbandona gli studi prima del tempo (il 18% in Campania, seconda percentuale più alta dopo la Sicilia)[4]; appena 1 bambino su 10 frequenta l’asilo nido o un servizio per la prima infanzia (l’87% a livello nazionale non va al nido, in Campania ancora meno, la regione occupa il secondo posto nella classifica sulla mancata copertura dei nidi con il 97%, dopo la Calabria)[5]; circa la metà degli alunni (49%) non usufruisce della mensa a scuola (che sale al 66% in Campania)[6], il tempo pieno è assente da quasi 7 classi su 10 delle scuole primarie (66% a livello nazionale, in Campania è quasi all’85%, terza percentuale più alta dopo Molise e Sicilia) e da quasi 9 classi su 10 delle scuole secondarie (85% in Italia, 87% in Campania)[7].
Per quanto riguarda la partecipazione dei minori alle attività culturali e ricreative, l’IPE ci dice che più della metà dei ragazzi in Italia (52,8%) non legge libri (69% in Campania, che segue solo la Sicilia); quasi il 43% non fa sport (la Campania si distingue in Italia con il suo 66%) e quasi 1 su 3, 29%, non naviga su internet (la Campania con il 33% raggiunge il poco invidiabile terzo posto, dopo Sicilia e Calabria). E, ancora, quasi 7 su 10 non vanno a teatro (69% a livello nazionale, in Campania quasi il 78%) o non visitano siti archeologici (69% in Italia, circa il 76% nella regione); quasi 8 su 10 (77%) non vanno a concerti (la Campania svetta con l’84%) e più della metà (55%) non visitano mostre o musei (69% in Campania). Dati che, a livello regionale, confermano come le regioni in cima alla classifica IPE siano anche quelle dove l’offerta di attività culturali e ricreative sia più bassa[8].
Nuotare contro corrente: bambini e ragazzi resilienti
Oggi, in Italia, il 23% degli alunni di 15 anni non raggiunge i livelli minimi di competenze in matematica, ovvero non è in grado di utilizzare dati e formule per comprendere la realtà esterna, mentre il 21% non riesce a interpretare correttamente il significato di un testo appena letto, non raggiungendo pertanto le competenze minime in lettura[9]. Nella maggior parte dei casi, come emerge dal rapporto “Nuotare contro corrente”, si tratta di ragazzi che vivono in contesti svantaggiati. I minori che vivono in famiglie con un più basso livello socio-economico e culturale (pari a 34.000 ragazzi che rappresentano il 25% del totale degli alunni 15enni iscritti a scuola nel 2015) hanno infatti quasi 5 volte in più la probabilità di non raggiungere le competenze minime sia in matematica che in lettura rispetto ai coetanei che provengono dalle famiglie più agiate (24% contro 5%)[10].
“La nostra ricerca ci dimostra tuttavia che nonostante le condizioni di svantaggio iniziale, tanti bambini e ragazzi possono rivelarsi particolarmente resilienti e grazie al loro impegno e alle loro motivazioni, alimentate e rafforzate dalle opportunità che la scuola e i territori in cui vivono sono in grado di offrire loro, possono superare le barriere e le difficoltà che si trovano di fronte e migliorare così anche le proprie competenze scolastiche”, ha affermato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Tra gli alunni quindicenni più svantaggiati, infatti, più di 1 su 4 (26%) riesce a raggiungere le competenze minime sia in matematica che in lettura, percentuale che si alza notevolmente prendendo in considerazione la singola materia (37% in matematica; 36% in lettura). Di essi, il 3,79% raggiunge i livelli di competenze più alti in matematica, mentre lo 0,75% (circa 1.000 alunni) sono considerati “top performer”, ovvero ottengono il massimo livello di competenza[11].
Nel corso del tempo, il numero di minori resilienti in Italia ha fatto registrare un significativo aumento soprattutto tra il 2006 e il 2012, passando dal 17% al 28%, per poi contrarsi sino all’attuale 26%[12]; mentre per quanto riguarda le differenze regionali emerge che le percentuali più alte si registrano soprattutto al nord, calando notevolmente nelle regioni meridionali dove bambini e ragazzi hanno meno opportunità di emanciparsi dalle condizioni familiari di partenza. A eccezione della Liguria, infatti, nelle regioni del nord più di 1 minore su 3 è resiliente, con punte del 45% in Veneto e 46% in Lombardia; al centro tale percentuale si attesta tra il 20% e il 30% mentre al sud e nelle isole cala sotto la soglia del 20%, con Calabria e Sicilia in fondo alla classifica (rispettivamente al 12% e 14%), e la Campania al terzultimo posto con il 17%[13]. Se ai livelli minimi in matematica e lettura si aggiungono anche quelli in scienze, la percentuale di quindicenni resilienti in Italia si abbassa al 20%, percentuale tra le più basse in Europa, migliore solo rispetto a Lituania (19%), Malta (18%), Lussemburgo (17%), Slovacchia (16%), Grecia (15%), Ungheria (14%), Bulgaria (9%) e al fanalino di coda Romania (6%)[14].
Fattori protettivi della resilienza educativa
Dall’analisi di Save the Children, svolta con il contributo dell’Università di Roma Tor Vergata[15], emergono una serie di fattori chiave in grado di favorire – o, al contrario, di ostacolare – lo sviluppo della resilienza tra i minori che provengono dai contesti più svantaggiati.
In Italia, i minori di 15 anni che appartengono al 25% delle famiglie più disagiate (sul totale degli alunni 15enni iscritti a scuola nel 2015) ma che hanno frequentato il nido o un servizio per l’infanzia, hanno infatti il 39% di probabilità in più, rispetto ai loro coetanei che non lo hanno frequentato, di essere resilienti, cioè di raggiungere livelli di competenze in matematica e lettura tali da favorire l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Allo stesso modo, le probabilità di essere resilienti aumentano di ben il 100% se si frequentano scuole dove non vi sono particolari problemi disciplinari e dove le relazioni insegnante-alunni sono positive, così come alunni svantaggiati che frequentano scuole dotate di infrastrutture adeguate hanno quasi il doppio delle probabilità di superare i livelli minimi di competenze in lettura e matematica rispetto ai propri coetanei che vanno in scuole inadeguate.
Rimanendo in ambito scolastico, l’analisi mette in evidenza che frequentare scuole che propongono nella loro offerta formativa una serie di attività extracurriculari, come gruppi musicali o sportivi, volontariato, arte e biblioteche, aumenta del 127% le probabilità di resilienza dei minori. Anche il tasso di dispersione scolastica, del resto, può influenzare la resilienza: i ragazzi meno abbienti che vivono in contesti dove la dispersione è più bassa rispetto alla media nazionale hanno infatti più del 50% di probabilità di rafforzare le competenze in matematica e in lettura.
Infine, anche la motivazione, la fiducia in se stessi, la perseveranza, sono fattori fondamentali per avviare percorsi di resilienza tra i minori. La probabilità di essere resilienti aumenta infatti del 36% per i minori meno abbienti che indicano di “non mollare facilmente” di fronte alle difficoltà sia nello studio che nella vita, o che sono convinti che la scuola faccia “molto per preparami alla vita” (78% di probabilità in più), che l’“andare bene (a scuola, nella vita) dipenda principalmente da me” (+133%) e “lo studio è importante per le prospettive di lavoro future” (+145%).
Al di fuori dalla scuola, l’analisi di Save the Children mette inoltre in risalto che i minori che vivono in famiglie meno abbienti ma che vivono in aree geografiche dove l’offerta culturale e ricreativa è maggiore della media nazionale hanno il triplo di probabilità di essere resilienti rispetto ai coetanei che vivono invece in luoghi dove minore è l’offerta di attività sportive, di lettura di libri, di navigazione su internet, di partecipazione ad attività culturali come mostre, musei, monumenti, teatri e concerti. Di contro, i minori svantaggiati che vivono in luoghi caratterizzati da tassi di criminalità minorile e da incidenza della povertà più alti della media nazionale (rispettivamente 1,4% e 12,6%) hanno tra il 30% e il 70% di probabilità in meno di attivare percorsi di resilienza educativa. Così come gli alunni che risiedono in zone dove la disoccupazione giovanile è maggiore della media nazionale (35%) hanno una probabilità diquasi due volte inferiore di essere resilienti educativi, rispetto ai loro coetanei che vivono in aree con maggiori opportunità lavorative[16].
“Negli ultimi anni sono stati compiuti alcuni significativi passi avanti per contrastare la povertà educativa, tra cui l’adozione del Reddito di inclusione e l’istituzione di un Fondo specifico con Legge di stabilità. Tuttavia, i dati che emergono dal nostro rapporto ci consegnano un quadro allarmante dell’impatto della povertà educativa oggi in Italia. Questi dati aspettano non solo di essere analizzati, ma anche - e soprattutto - aspettano di essere tradotti in una agenda di lavoro e in impegni concreti. Si rende necessaria una accelerazione, un impegno straordinario, come l’adozione di un’Agenda italiana per il contrasto della povertà educativa, per spezzare questo circolo vizioso tra povertà economica ed educativa che oggi ipoteca il futuro dei bambini e, con loro, quello di tutto il Paese”, ha proseguito Raffaela Milano.
“L’influenza della comunità territoriale sulla resilienza dei minori ci indica inoltre la necessità di allargare lo sguardo delle politiche di contrasto alla povertà educativa, oltre l’individuo, la famiglia e la scuola, verso il territorio e gli spazi dove il bambino cresce. Per questo riteniamo fondamentale mettere in campo, con il concorso delle istituzioni ad ogni livello, di soggetti privati e non profit, un piano di azione volto al recupero dei tanti spazi pubblici inutilizzati e abbandonati che potrebbero essere invece ben sfruttati per assicurare un’attività extrascolastica gratuita e di qualità a tanti bambini e ragazzi lungo tutto il Paese” ha concluso Raffaela Milano.
Gli interventi di Save the Children per contrastare la povertà educativa
Dall’avvio della campagna Illuminiamo il futuro, nel maggio 2014, Save the Children ha attivato su tutto il territorio nazionale 23 Punti Luce, spazi ad alta densità educativa, che sorgono nei quartieri e nelle periferie maggiormente svantaggiate delle città, per offrire opportunità formative ed educative gratuite a bambini e ragazzi tra i 6 e i 17 anni. Attualmente la rete dei Punti Luce di Save the Children copre 18 comuni e 13 regioni, da nord a sud del Paese. Di questi, 4 si trovano in Campania: tre a Napoli, nei quartieri Barra, Chiaiano e Sanità,rispettivamente in partnership con Cooperativa sociale Il Tappeto di Iqbal, Associazione di promozione sociale Coordinamento Genitori Democratici Napoli, Associazione Pianoterra, e uno – l’ultimo inaugurato in Italia – a Casal di Principe, in collaborazione con Cooperativa Sociale E.V.A. Finora, più di 2.800 bambini e ragazzi hanno usufruito delle diverse attività nei Punti Luce campani, tra cui sostegno allo studio, laboratori artistici e musicali, promozione della lettura, accesso alle nuove tecnologie, gioco e attività motorie. Negli spazi si offrono inoltre consulenze legali, psicologiche, pediatriche e di supporto alla genitorialità ai genitori o alle figure adulte di riferimento dei bambini e nel solo 2017 quasi 340 genitori sono stati coinvolti nei Punti Luce campani. Dall’inizio della campagna sono state infine assegnate più di80 doti educative, ovvero piani formativi personalizzati per bambini e adolescenti che vivono in condizioni certificate di disagio economico, che prevedono, tra gli altri, un contributo economico per l’acquisto di libri e kit scolastici, l’iscrizione a un corso sportivo o musicale, la partecipazione a un campo estivo e altre attività educative alle quali i minori si mostrano particolarmente inclini.