LIFE: Un omaggio ad Alien?
Mar 24th, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura
Nell’affacciarsi al mondo della fantascienza sembra che Daniel Espinosa abbia ben chiari in testa i modelli a cui intende ispirarsi: Ridley Scott in primis (difficile non vedere in questo Life un affettuoso omaggio ad Alien) e in generale quel cinema che gioca sul paradossale intreccio tra lo spazio aperto dell’Universo e la sostanziale claustrofobia interna alle navicelle spaziali, ovvero tutto quel filone (di cui la suddetta pellicola di Scott rappresenta tutt’oggi l’esempio più riuscito) che, come intuiva Enrico Ghezzi in un articolo dell’81, trasforma essenzialmente il film di fantascienza in un film da camera. Lo si capisce sin da subito, dal long take che da inizio alla narrazione e che segue i corpi fluttuanti degli astronauti lungo i cunicoli freddi e spogli della Stazione Spaziale Internazionale.
Non è l’unico trucco che l’arguzia del cineasta cileno-svedese utilizza per catturare l’attenzione dello spettatore: la tensione è mantenuta per tutta la durata dell’opera, la quale fa crescere il suo appeal in un climax di suspense e nervosismo, abile per altro nell’evitare soluzioni scadenti e solitamente abusate come gli ormai onnipresenti jump-scares.Eugenio Radin, vincitore del Premio Scrivere di Cinema
Non si possono nutrire dubbi sulla riuscita del film se considerato nell’ottica di un adrenalinico intrattenimento, ma è necessario spingere più in profondità l’analisi per cercare di comprendere le motivazioni che possono giustificare quella che tutto sommato rimane una ricostruzione ai limiti del plagio del succitato capolavoro del 1979.
Le differenze tra i due film vanno ricercate nelle diverse caratterizzazioni dell’entità aliena che esse propongono, nonché nelle ragioni della sua aggressività verso l’equipaggio umano. Se Alien si proponeva fondamentalmente come una riflessione sulla paura dell’ignoto e sulla minaccia dell’alterità, ciò che invece costituisce più propriamente il mirino di Life è il problema della sopravvivenza: Calvin (tenero nome che i bambini terrestri hanno assegnato all’ancora innocua creatura marziana) non è cattivo, non prova inimicizia né odio nei confronti dei protagonisti, come fa notare il biologo Derry in punto di morte. Tutto ciò che guida le sue azioni è la necessità di sopravvivere e di nutrirsi: lo stesso bisogno, la stessa pulsione di sopravvivenza che induce l’equipaggio della stazione a mettere in atto qualsiasi possibile soluzione per neutralizzare l’alieno.
L’odio e la paura (questo il messaggio che il film cerca intimamente di comunicarci) sono le reazioni che la nostra mente produce in maniera naturale, una volta che altri esseri mettano in pericolo la nostra sopravvivenza tramite la loro: lo stesso odio che Miranda dichiara di sentire dentro di sé; lo stesso odio che spesso la vita ci induce a provare e che non è altro che l’arma più potente e pericolosa del nostro più antico e originario istinto.
Salvatore Aulicino Mazzei