L’altra metà della storia: tra la nebbiosità dei ricordi ed il voler dimenticare
Ott 15th, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura
La memoria gioca brutti scherzi. Con l’avanzare del tempo e lo scorrere dell’età si plasma e si modella fino a raggiungere la forma di sfumature che nascondono, senza volerlo, i dettagli della nostra esistenza. Il passato va a intrecciarsi con i sentimenti, si modifica a volte per permettere alla mente di godere della pace degli anni raggiunti. Una protezione per difendersi dal dispiacere degli eventi.
Con il personaggio di Tony Webster, interpretato da Jim Broadbent, il film L’altra metà della storia cerca proprio di raccontare attraverso il fluire dei ricordi il cambiamento percettivo assunto per proteggersi dall’amarezza delle scelte errate intraprese in momenti di crisi, la malinconia del periodo adulto che rivive sotto lo spettro di rievocazioni e sfuggevoli reminiscenze.
Adattamento cinematografico del libro Il senso di una fine scritto dal romanziere britannico Julian Barnes (che col romanzo ha vinto il premio Booker Prize), il film diretto da Ritesh Batra è una delicata opera che, senza eccedere nella drammaticità, porta sullo schermo l’incapacità di approcciarsi a ciò che abbiamo veramente vissuto; l’obiettività della storia che viene meno nel nebuloso ripercorrere i ricordi e dalla quale rimaniamo all’oscuro delle drastiche svolte che hanno segnato indelebilmente chi abbiamo avuto attorno.
Era da tempo che Tony Webster (Jim Broadbent), divorziato e borbottante pensionato, non sentiva il nome di Adrian (Joe Alwyn), di Veronica (Freya Mavor/Charlotte Rampling) e di Sara (Emily Mortimer), persone del tempo universitario che tornano improvvisamente nella sua solitaria vita. Un caro amico, una misteriosa fidanzata, l’affascinante madre di lei ed un diario, lasciato in eredità a Tony, il quale nasconde con certezza taciuti segreti. Ed è questo oggetto lasciatogli da Sara e il quale gli spetta di diritto che Tony persegue nelle sue giornate, tra rimembranze degli anni andati e indagando sulle motivazioni che lo tengono lontano dal cimelio. Sarà così che l’uomo si troverà a dover affrontare le conseguenze della giovinezza, pensieri che come foglie d’autunno erano volate via con il vento, sgombrando le strade dal dolore di disdicevoli accadimenti.
L’altra metà della storia ci metta dinnanzi a una riflessione: la vita che raccontiamo agli altri non è la realmente la nostra vita. È un rifacimento, una versione personale dello svolgersi dell’esistere, che provvede a essere narrato con l’occhio soggettivo del singolo individuo. Procede per rimaneggiamenti, venendo levigata nei punti più rovinosi e allungata nella bellezza di un gesto che ha colpito non solo lo sguardo, ma una corda della nostra anima. E come tendiamo a gonfiare di gioia, di letizia, un particolare fenomeno andato, così stendiamo spessi veli di innocente inganno per non sopperire sotto la gravità per nulla leggera del senso di colpa. Per molto tempo Tony Webster ha difeso la propria giovinezza limando un tormento che con la stagione adulta era andato confondendosi nelle camere della sua memoria, la quale ora reclama un sincero confronto, svincolata dalle diverse interpretazioni dell’uomo.
Un film al pari del diario che il protagonista tanto insegue, una scatola di inconfessate verità che riemergono pian piano nel procedere della narrazione e tingono di nuovi, differenti colori il quadro completo di un’adolescenza che il personaggio principale vede riformarsi nella propria mente, prima con i contorni che egli stesso ha disegnato, i quali diventano sempre più distorti quando maggiormente si avvicinano alla realtà.
Jim Broadbent presta la sua attitudine alla recitazione per dare corpo ad un protagonista ironico nel suo bisbetico approccio alla vita, un uomo che in vecchiaia saprà comprendere e elaborare gli errori della gioventù, mai perdendosi in facili sentimentalismi, ma portando uguale carica seria e umoristica con godibile abilità. Un personaggio in cerca di ristabilire legami persi dovendosi misurare con il proprio bizzoso carattere; relazioni che, sia nel passato che nel presente, gli faranno affrontare i lati più scontrosi della propria personalità. Con una sceneggiatura di facile scorrevolezza, pur manifestandosi nel proseguire della visione densa di rivelazioni e scoperte, L’altra metà della storia è la riflessione ragionata e dilettevole dell’interpretazione dei ricordi, una lettera che finalmente svela le ingenue rielaborazioni della mente.
Salvatore Aulicino Mazzei