Fallen: l’eterna storia dei romanzi trasporti al cinema

Mar 9th, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

Fallen è l’adattamento cinematografico del primo dei quattro romanzi della saga best seller internazionale scritta dall’americana Lauren Kate, edita in Italia da Rizzoli, che è diventata uno dei maggiori fenomeni editoriali degli ultimi anni. Con oltre 10 milioni di copie vendute nel mondo, di cui 500 mila solo in Italia, e traduzioni in quasi 40 Paesi, FALLEN è la saga young adult che più ha venduto prima della sua trasposizione per il grande schermo. I romanzi successivi della serie sono Torment, Passion e Rapture, seguiti poi dallo spin off Fallen in Love.
Fallen
ha per protagonista Lucinda “Luce” Price, una diciassettenne molto determinata che apparentemente sembra vivere una vita normale, fino a quando non viene accusata di un crimine che non ha commesso. Spedita al rigido riformatorio Sword & Cross, Luce si trova a essere corteggiata da due ragazzi, ai quali si sente inspiegabilmente legata. Sola e perseguitata da strane visioni, Luce inizia a svelare dei segreti legati al suo passato e scopre che i due giovani sono angeli caduti che si contendono il suo amore da secoli. Luce dovrà far chiarezza nei suoi sentimenti e scegliere da che parte schierarsi in un’epica battaglia tra Bene e Male per difendere il suo vero amore.

Le premesse ci sarebbero tutte per fare di questa una pellicola cult del genere così come lo è diventata Hunger Games, ma  purtroppo fin dalle prime battute, la trasposizione sul grande schermo non appare efficace. Non è mai facile trasporre al cinema un romanzo di successo e la storia della “settima arte”, ce lo ha insegnato.

La pellicola ci catapulta nel mondo degli “angeli caduti”, esseri bellissimi costretti a vivere sulla terra in attesa dello scontro finale tra bene e male. Una splendida panoramica dell’Istituto, visto dall’alto, fa da contorno alle prime battute: la scuola è resa in maniera ottimale, un complesso gotico malandato e austero, quasi spoglio al suo interno.

La pellicola, però, fa notare sin da subito un’eccessiva semplificazione delle scene rispetto al libro. Anche la figura di Luce appare banale e noiosa agli occhi dello spettatore: l’attrice Addison Timlin sembra quasi stordita mentre recita. Di certo mi aspettavo qualcosa in più: una buona interpretazione avrebbe magari potuto far dimenticare il fatto che l’attrice non ricordi per niente la controparte dei romanzi.

Il primo personaggio che la protagonista incontra è il bellissimo e misterioso Cam, interpretato da Harrison Gilbertson. Gli altri, che si susseguono come un’onda anomala e non lasciano neanche il tempo di capire chi stia facendo cosa, sono: Arianne (Daisy Head), Molly (Sianoa Smit-McPhee) e Penn (Lola Kirke). Devo ammettere che le attrici scelte sono piuttosto adatte ai loro ruoli, ma il problema è che fanno la loro apparizione in scene senza continuità, per poi limitarsi a restare sullo sfondo della storia. Deludente anche la trasposizione di Daniel Grigori (Jeremy Irvine), l’amore proibito di Luce, che troviamo semisbavante su una poltrona mentre si concede il suo riposino pomeridiano.

Un continuo di dialoghi privi di ogni emozione rovina persino la splendida rappresentazione delle “Ombre”. Queste perseguitano la protagonista sin da quando lei ha memoria, e vengono descritte nel libro come grosse nuvole di fumo talmente dense da sembrare viscide. Bella la resa grafica, bella anche l’idea di far aggrappare le ombre agli oggetti e di farle addensare negli spazi chiusi dando una parvenza di sudicio: peccato che il tutto venga demolito da una fastidiosa musica di sottofondo e dall’espressione sempre poco convincente dell’attrice. Altro elemento che infastidisce sono i continui riferimenti agli altri volumi che compongono la saga, piazzati in momenti sbagliati e che, senza alcuna spiegazione, non fanno altro che confondere lo spettatore.

Insomma, alla fine dei conti ci ritroviamo con una trama davvero inconsistente e priva di significato, e una pellicola che non lascia alcun segno nello spettatore.

Chissà se gli appassionati della saga letteraria si troveranno in accordo con questa disamina, chi scrive conferma l’impressione espressa che trova sintesi nella parola: delusione

Salvatore Aulicino Mazzei

 

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