Napoli è Gomorra (?) ma..Gomorra non è Napoli (?)

Giu 21st, 2016 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

Questa settimana  i tanti fan della serie tv “Gomorra” omonima del romanzo di Roberto Saviano e ad esso liberamente ispirato, saranno orfani dei loro idoli.

La serie giunta alla sua seconda stagione ha realizzato un boom di ascolti e di successo che l’hanno fatta balzare di diritto nella categoria “cult”. Gli autori utilizzando un mix vincente fatto di violenza, racconto di una determinata realtà sociale degradata e strizzando l’occhio e non poco a certo tipo di cinema americano (vedi “Quei bravi ragazzi” , “Donnie Brasco”, hanno saputo anche attraverso una eccellente costruzione psicologica dei personaggi, creare dei “miti”.

Il problema però se così può essere definito, sta nel fatto che certa critica cinefila prima e sociologica poi, ha definito l’operazione “Gomorra” come troppo violenta e foriera dì sentimenti negativi ed emulativi talmente diffusi da cominciare a far parlare di fenomeno di costume.

Ma dove finisce la finzione ed inizia la realtà? Lo spettatore medio ha saputo guardare a “Gomorra” semplicemente come si fa andando al cinema a guardare qualsiasi tipo di film?

A giudicare da quel che si sente parlando dell’argomento in giro la risposta sembrerebbe negativa, la serie tv ha creato come dicevamo prima dei personaggi talmente perfetti da risultare desiderosi di essere imitati.

Chi scrive non può negare di aver provato una “insana simpatia” per alcuni dei personaggi protagonisti, fortunatamente la stessa simpatia è caduta nel dimenticatoio non appena  gli stessi protagonisti, una o due scene dopo si sono resi protagonisti di gesti efferati.

L’abilità degli sceneggiatori è stata quella di creare delle frasi ad effetto che messe in bocca al personaggio x hanno contribuito a costruirlo ed identificarlo. Qualcuno sostiene che il “fenomeno di costume” “Gomorra, attecchisce solo su fasce di popolazione disagiate e che l’emulazione non può andare oltre il semplice ripetere delle frasi o mettere in scena degli atteggiamenti da parte di persone cosiddette “normali”, qualcun altro invece ritiene che l’immagine di Napoli possa essere stata danneggiata da questa fiction e che il mondo (è trasmessa in tutto il globo), possa farsi solo questa idea di Napoli e della sua provincia.

In realtà non credo minimamente in questa seconda ipotesi. Le persone dotate di cervello ed intelletto ed i tanti turisti che affollano Napoli e che hanno visitato la sua provincia, si saranno fatti altra idea sicuramente migliore. “Gomorra”, ed anche qui ci vuole spirito critico, è una serie che in fin dei conti attraverso la sua descrizione cruda e realistica, distrugge letteralmente lo stesso mondo che descrive.

I personaggi della serie muoiono di morte violenta e chi sopravvive lo fa con l’eterna paura di perdere la vita. La ricchezza è frivola, la vita umana non vale nulla, la paura della morte si legge nelle azioni e negli occhi dei protagonisti. La riflessione più significativa che ho ascoltato da uno spettatore è stata: “ ma in questa serie non dormono mai?” In effetti non si è vista in ben 24 puntate delle due serie, mai nessuno dei protagonisti che si è fermato anche solo per due minuti a riposare.

Il ritmo serrato, le azioni dettate dall’assunzione di droga, la voglia di primeggiare fine a se stessa diviene viatico solo ed esclusivamente per un riposo eterno.

Un ultimo aspetto è quello dei sentimenti positivi che ogni tanto affiorano, tutti i personaggi hanno un barlume di umanità, a volte esso si identifica con una azione (abbraccio per la figlia), altre volte con un gesto, (carezza per un amico), altre ancora con un gesto di pietà (non ammazzare), spesse volte con gesti caritatevoli nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche, tutti questi gesti sono solo ed unicamente una sorta di espiazione alla quale i protagonisti aspirano ma che non potranno mai raggiungere.

A differenza di quanti credono che sia negativo diffondere serie come “Gomorra” tra i più giovani, chi scrive ritiene che al contrario sia necessario farlo, magari accompagnando con dei commenti e delle considerazioni le scene più cruente.

Se si vuole parlare di utilità sociologica, rivoltiamo la frittata a nostro favore evidenziando piuttosto che dimenticando, le ragioni del no fermo alla violenza e ad un certo tipo di contesti sociali e culturali.

Solo così potremmo avere generazioni future informate e consapevoli che potranno guardare a personaggi, luoghi e situazioni con spirito critico e non di emulazione.

 

Salvatore Aulicino Mazzei

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