Ken Loach regista del sociale: la parabola Kafkiana dei cittadini

Nov 11th, 2016 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

Ken Loach è uno dei registi internazionali che gode di grande favore nel panorama cinematografico.

La sua lunga carriera (oggi ha 80 anni), ha abituato gli spettatori a film inchiesta di un impatto emotivo notevole che raccontano e seguono i personaggi evidenziando paure e ansie degli stessi e soprattutto sottolineando il contesto di riferimento e la varia umanità.

Recentemente il regista inglese è stato a Roma per presentare la sua “ultima fatica”; “Io, Daniel Blake”, l’energia e lo sguardo sono quelli di un ragazzino, del giovane “arrabbiato” degli anni 60 che, attraverso tante storie di disgrazia e povertà, ma anche di ribellione, ha mantenuto inalterata la sua speranza in una Gran Bretagna migliore, trovandosi però di fronte, in tempi recenti, un mondo “surreale” e ingiusto.

Daniel Blake è un figlio del nostro tempo, un uomo schiacciato dalla burocrazia e dalla società in cui vive.

Buona parte dell’Odissea del povero Daniel Blake, personaggio meraviglioso che non perde mai l’umanità, il sorriso gentile e la dignità, si svolge fra gli uffici di collocamento. Loach, si sofferma  sulle “antipatie” del sistema burocratico per denunciare ingiustizie di cui il governo della Gran Bretagna sembra apparire perfettamente consapevole.

Nella sequenza nel centro di collocamento, tutti quelli che stanno dietro alla scrivania sono attori non professionisti che lavoravano in centri collocamento, interpretano la loro parte in maniera naturale in quanto nel quotidiano vivono le stesse esperienza. Un film verità, di una verità tanto reale quanto alienante.

Recentemente Loach ha dichiarato: “Il governo sa benissimo ciò che fa e la complessità della burocrazia è intensificata ad hoc per confondere le persone, il governo sa talmente bene ciò che fa che le persone che lavorano in questa struttura sanno quante sanzioni devono fare in una settimana e vengono punite se non raggiungono il numero giusto. E’ una decisione cosciente quella di punire le fasce più vulnerabili della società.

In una scena del film, una forse delle più argute e toccanti, il protagonista si sofferma sul  concetto di “cittadino”, parola fondamentale in una lettera scritta dopo la sua fallimentare e kafkiana ricerca di un impiego. “Dobbiamo riappropriarci del termine cittadino, è importante. Il problema è che gli stati e i paesi europei cercano di non schierarsi a favore dell’interesse delle persone ma di quello del capitale. L’interesse del capitale è rendere gli uomini più vulnerabili, e se sono poveri, è colpa loro, quindi se non hai un lavoro, è perché non hai saputo redigere bene il tuo curriculum o ti presenti con un minuto di ritardo a un colloquio. Sono scuse, sappiamo tutti che la realtà è che i posti di lavoro non ci sono o che i lavori disponibili non permetteranno una vita dignitosa e un salario adeguato a chi ha pochi mezzi”.

Bisogna vedere questo film di Loach per rendersi conto di quel che sta accadendo alla società inglese. Il racconto del regista è sentito ed accorato proprio perché sente sulla pelle dei suoi connazionali quel che viene raccontato nella finzione filmica.

Ken “il rosso” se la prende con il sistema, che esercita la propria crudeltà con la più assoluta consapevolezza ma nonostante tutto ha ancora fiducia nell’uomo.

Salvatore Aulicino Mazzei

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