Beppe Grillo e i “vaffa silenziosi” agli ortodossi
Set 27th, 2017 | Di cc | Categoria: Politica
di Elia Fiorillo
Dai “vaffa” collettivi di dieci anni fa a Bologna a quelli individuali, e silenziosi, di questi giorni. Beppe Grillo ultimamente di “ma… vaffan” ne ha pronunciati parecchi, inconfessabili però. Con un po’ di fantasia, ma mica tanta, li si possono immaginare, compresa la rabbia del “garante” di non poterli esternare “urbi et orbi”. Più di uno è stato riservato a Casaleggio e associati per la piattaforma Rousseau. Il fiore all’occhiello della democrazia diretta dei 5Stelle trasformatosi in un colabrodo. C’è poi anche la derisione dell’hacker buono R0gue_0 che asserisce di aver traghettato a Luigi Di Maio un po’ di voti. Secca la replica: “Smentiamo categoricamente le dichiarazioni dell’hacker”, si affrettano a precisare dal blog di Beppe.
Si continua negli errori con la mancata certificazione esterna dei dati della piattaforma per un evento così importante come il cambio della guardia al vertice dei grillini. Nel 2013, invece, per le “Quirinarie” la certificazione c’era stata. Sì, per Casaleggio e soci il “vaffanc…” di Beppe parrebbe proprio meritato. E pensare che le elezioni on-line non sono un’invenzione grillina ma dei radicali. Marco Pannella ha provato ad essere sempre all’avanguardia. Correva l’anno duemila quando i radicali italiani fecero votare via Web una parte dei componenti del loro organo decisionale.
All’inizio del suo percorso grillino Roberto Fico si sentiva “il meglio fico del bigoncio” ed aspirava ad alte vette. Poi, piano piano, si rese conto che c’era qualche problema di leadership con i suoi compagni pragmatici, Di Maio e Dibbattista. Comunque, è rimasto lui il primo “fico” assoluto degli ortodossi. Con molta probabilità il “garante” si aspettava di vederlo in lizza per la premiership contro “Giggino a’ putenza”, ovvero il vice presidente della Camera. Niente da fare. Proteste sì, per l’abbinamento al vincitore delle votazioni a candidato presidente del Consiglio della carica di “capo” dei 5Stelle, ma discesa in pista no. Troppo pericolosa la conta, anche per evidenti ammiccamenti dell’ultima ora di un po’ d’ortodossi al futuro capintesta, diventati quasi disponibilità d’appoggio senza se e senza ma. Il “posto al sole” – alla Camera e al Senato - va conservato ed è meglio aspettare prudentemente gli eventi. L’opportunismo anche nelle file dei 5Stelle? Pare che sia un male italiano ed il vaccino per neutralizzarlo non è stato ancora inventato, anche se gli esperimenti continuano pure da parte dei grillini che son contrari alle vaccinazioni.
E’ vero che Grillo, diventato ormai papà nobile della formazione, prova a smussare gli angoli: “Roberto è un romantico, a noi servono gli idealisti come lui”, ma un “vaffan” sia pur piccolo è certo che l’ha spedito a destinazione.
Ci sono poi i “vaffanc” ai sindaci. Ogni volta che legge sui giornali il nome di Virginia Raggi per qualche stupidagine della sua Amministrazione si può ben immaginare cosa fa, oltre all’insulto stereotipato ai giornalisti che non la finiscono di “giocar sporco e dire falsità” sulla sua creatura. Le imprecazioni silenziose non si contano per il sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque. Sì, si è dimesso dal MoVimento, ma gli è stata notificata la misura dell’obbligo di firma per la raccolta dei rifiuti per un importo di 3 milioni di euro.
E veniamo a Luigi Di Maio eletto candidato premier e capo dei 5Stelle. Di voti non ne ha presi tanti, solo 30.936 su 37.442 votanti. Si tenga conto che sono 140.000 gli iscritti al blog 5Stelle. Il risultato era scontato, non però la scarsezza di voti. Nel 2014 il direttorio era stato votato da 34.090 grillini.
Nel suo primo intervento da comandante in capo “Giggino a’ putenza” dichiara: “Noi non siamo né di destra né di sinistra, portiamo avanti le buone idee”, ovviamente per il bene del Paese. Il problema è capire come nascono le “buone idee”. Forse sarebbe il caso di evitare l’estemporeneità del “non statuto” e dei programmi stilati giorno per giorno sulla base dell’emotività dell’elettorato, con l’eterna voglia di fare marketing elettorale. Alla fine le contraddizioni diventano bombe ad orologeria.