Finale Champions a Torino: un calcio alla sicurezza
Giu 4th, 2017 | Di cc | Categoria: Calcio, SportSabato 3 giugno, in piazza San. Carlo a Torino, doveva tenersi una festa per i tifosi Juventini riunitisi per assistere alla finale di Champions League, purtroppo, ciò che hanno vissuto è stato tutt’altro.
Da giorni, sui principali media italiani si susseguono le immagini di quella che, più che una serata di sport sembra essere stata una vera e propria mattanza (oltre 1500 feriti) ma, al di là dei fatti raccontati dalla TV e dai giornali nazionali, è interessante valutare il punto di vista di Gennaro Laudieri, un noto professionista flegreo che si è trovato insieme alla sua consorte, a vivere in prima persona quei tragici momenti.
Giunti in piazza San Carlo intorno alle 16.30, avevano immediatamente trovato anomalo il modo in cui venivano fatti i controlli all’accesso della zona: le borse delle donne venivano a malapena guardate! Entrando nella piazza, hanno poi notato che mentre uno dei due grandi bar che vi si affacciano vendeva litri e litri di birra (per fortuna in bicchieri di plastica), nella piazza erano già presenti dei venditori ambulanti che invece offrivano birre ed altre bevande in bottiglie di vetro e lattine.
Di lì a un paio d’ore la piazza era già gremita di gente, tanto che alcuni, per garantirsi un punto di vista migliore, si erano arrampicati sul tetto di un’edicola presente all’inizio della piazza sulla destra, ed altri sul monumento equestre al centro.
Con l’aumentare della folla loro si erano spostati sotto i portici da dove si intravedeva una minima porzione dello schermo.
Quando è scoppiato il panico di massa, nonostante fossero vicini, in un attimo si sono trovati separati e lontani, sbalzati a terra da quest’onda umana che non aveva né occhi né orecchie, ma solo una immane forza: l’istinto di sopravvivenza!
Lui, si è trovato di colpo a terra con la folla che gli camminava addosso e, per non avere la peggio si è prontamente protetto la testa con le braccia, per poi guadagnarsi un angolo dove rimettersi in piedi tra calci e strattoni. Spinto fuori dalla piazza dalla mandria di esseri umani in fuga e resosi conto di essere rimasto scalzo, ha raccolto un paio delle tante scarpe abbandonate a terra, le ha infilate ed è tornato indietro, controcorrente a cercare la moglie.
Lei era rimasta schiacciata in un cumulo di corpi che continuavano ad aggiungersi cadendosi addosso e schiacciando quelli più sotto. Ad un certo punto, in un barlume di lucidità era riuscita a chiedere aiuto a dei poliziotti che però non erano intervenuti. Quando stava per perdere i sensi si è sentita tirare per le braccia, ed è stata estratta di forza dal mucchio da un ragazzo di colore. Anche lei, una volta in piedi ha iniziato a guardare intorno in quello scenario di follia generale, in cerca del marito.
Per fortuna, alla fine si sono ritrovati entrambe, ammaccati, spaventati, ma vivi!
Col senno di poi, tutte quelle che all’inizio erano sembrate loro “stranezze” si sono rivelate essere segni premonitori di quella che poi è risultata una tragedia che poteva essere evitata: i controlli blandi, lo scarso numero di forze dell’ordine, la presenza di venditori abusivi all’interno di una zona che, in teoria doveva essere “già stata bonificata”, i fiumi di alcool che scorrevano, la gente arrampicata in ogni dove…
Molti tifosi, sia per similarità di date che per evento sportivo hanno ricordato la strage dell’Heysel del 29 maggio 1985. Ascoltando la descrizione degli eventi, personalmente ho ripensato alla strage di Duisburg del luglio del 2010: in tutti e tre i casi, vi era un’elevata concentrazione di persone in luoghi con limitate vie di fuga, ed il grosso dei danni è stato causato proprio dal panico della gente che cercava di raggiungerle…
Questo dovrebbe far riflettere maggiormente sulle modalità utilizzate per organizzare eventi con grande affluenza di pubblico: oltre alle deviazioni opportune del traffico e della viabilità, e dei controlli più stringenti su materiali e bevande portate dai tifosi, servirebbe tenere maggiormente conto di come le “dinamiche di massa” possano creare criticità difficilmente gestibili una volta innescate e, pertanto, agire e progettare i luoghi di tali eventi in zone dove non si possano creare.
Gabriele Gulia