Tar e direzione dei musei, un pasticcio all’italiana
Giu 2nd, 2017 | Di cc | Categoria: Politicadi Elia Fiorillo
In fatto di sanità, di salute personale e familiare “non ci sono santi che
tengano”. Nel senso che ogni mezzo è buono per provare a salvarsi la vita.
Nemmeno il “made in Italy” diventa rassicurante. Se si ha la speranza – e i soldi -
che il rimedio ci possa essere nelle sapienti mani del chirurgo “made in China”, o
negli “United States of America”, o “in capo al mondo”, non ci sono problemi o
critiche sull’aver messo da parte il nazionalismo italico. Prima di tutto la salute. Da
questo punto di vista noi italiani forse siamo tra i più global, cosmopoliti al mondo.
Di passi indietro ne facciamo proprio tanti su altri argomenti. Dal global
passiamo con una certa facilità all’Italy più che spinto, che diventa poi di borgata,
casareccio. Siamo fatti così. E, allora, per esempio, la “qualità” di certi prodotti agroalimentari
l’abbiamo solo noi. Gli altri non esistono. E, invece, esistono eccome, e
mentre noi ripetiamo il solito ritornello dei “più bravi, più belli, più buoni”, gli altri, i
nostri concorrenti, piano piano, lo diventano e… ci superano.
Le eredità ti cadono dal cielo senza che tu abbia fatto un granché per
meritarle. A volte proprio non le meriti e fai di tutto per dilapidarle. E’ il caso del
patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Il mondo ce lo invidia, ma noi non
riusciamo a valorizzarlo come dovremmo, anche per il tornaconto economico che ci
potrebbe essere. Di esempi ce ne sono tanti. Uno per tutti: Pompei. Ogni giorno negli
scavi unici al mondo arrivano, più o meno, diecimila visitatori: quasi quanti erano i
suoi abitanti all’epoca della distruzione. Questi provano a visitare i sessantacinque
ettari di beni archeologici a cielo aperto, patrimonio dell’umanità, non senza
difficoltà. L’immagine che resterà impressa nella loro mente è d’immensa bellezza,
unita a sciatteria purtroppo. Certo, le cose sono migliorate ultimamente. Il ministro
dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, si è dato da fare
non poco per rilanciare gli scavi. “Il più straordinario rudere classico al mondo” ha
però bisogno di maggiore impegno per la messa in sicurezza e la catalogazione
anche dei suoi “tesori nascosti”, ammassati nei depositi del Museo Nazionale di
Napoli e della stessa Pompei. Ercolano, Oplonti, Stabiae, Pompei sono anche reali
possibilità di lavoro per i tanti disoccupati che l’area registra. Un disegno strategico
potrebbe affrontare la questione, anche per eliminare l’attuale fenomeno turistico
del “mordi e fuggi”.
Dalla “salute”, alla “qualità” eppoi “agli scavi di Pompei”, un percorso che
apparentemente non ha collegamenti. Il filo rosso, per chi scrive, c’è e porta agli
avvenimenti degli ultimi giorni. Alle sentenze del Tar del Lazio che tante polemiche
hanno suscitato. La sentenza più discussa, quella che riguarda Modena e Mantova,
fa riferimento alla possibilità o meno di far diventare direttore di un grande museo
italiano cittadini che “italiani non sono”. Per il ministro Franceschini: “Faremo
subito appello al Consiglio di Stato. Sono preoccupato per la figura che l’Italia fa nel
resto del mondo, e per le conseguenze pratiche perché da oggi alcuni musei sono
senza direttore“. Al di là delle brutte figure o meno, resta il fatto che la voglia di
cambiamento, di rilancio del nostro patrimonio culturale qualche superficialità l’ha
fatta commettere agli addetti ai lavori. Nella legge che istituiva la selezione dei
direttori venivano giustamente cancellati tanti vincoli, ma ci si era dimenticati di
una legge del 2001 che stabilisce la parità tra stranieri ed italiani nel poter ambire
a qualsiasi posto pubblico nel nostro Paese, sempre che questo non sia in contrasto
con “l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri”, “che attengono alla tutela
dell’interesse nazionale”. Insomma, stranieri sì, ma fino ad un certo punto. “Più
13,6 per cento di visitatori e più 24 per cento di incassi nei primi mesi del 2016. E
un miliardo di fondi in arrivo dallo Stato”, questi alcuni dati della riforma
Franceschini. Molti però contestano il ministro. Lo accusano di voler trasformare i
musei, le gallerie in supermarket. Se l’obiettivo ministeriale è quello di “aprire” a
quanti più visitatori possibili i musei e le gallerie, per diffondere la cultura, ben
venga. Senza improvvisazioni però, puntando al meglio che c’è nel mondo per la
loro gestione e soprattutto conservazione, in un quadro organico di revisione della