Qualsiasi cosa di(gitalizze)rai, potrà essere usata contro di te
Mag 29th, 2017 | Di cc | Categoria: Cronaca NazionaleAl giorno d’oggi l’utilizzo dei mezzi informatici è all’ordine del giorno per porzioni sempre più ampie della popolazione. Attraverso computer e smartphone veicoliamo in Rete una mole di dati in continua crescita. Le grandi potenzialità di Internet ci offrono molte opportunità ma, con esse, anche nuovi rischi.
Basta soffermarsi un solo momento a riflettere su quanto ciò che crediamo ancora essere “realtà virtuale”, (quello spazio remoto e distaccato dalla vita reale, creato dai nodi digitali della Rete) si sia sempre più insinuato e con-fuso con la vita quotidiana, tanto da poter già parlare di Realtà Aumentata!
Potrebbe sembrare un’affermazione provocatoria o fantascientifica, ma non lo è. Con frequenza crescente si apprendono notizie da telegiornali e quotidiani che dimostrano quanto il “virtuale” sia ormai divenuto parte integrante della nostra realtà: dagli eventi positivi come amicizie, amori e collaborazioni lavorative a distanza, a fatti molto più gravi come cyber-stalking, cyber-bullismo, pedofilia, licenziamenti (per lavoratori che pubblicavano le loro foto in vacanza mentre erano in “malattia”), ecc.
Nel settembre del 2016 una ragazza si tolse la vita perché un video che la ritraeva in intimità si era diffuso in Rete, finendo in pochi giorni sotto gli occhi del mondo intero che non le aveva risparmiato i peggiori commenti da osteria… …lei, non sopportando tale peso decise di farla finita. Pochi giorni fa è comparso in rete un video simile con un’altra ragazza che, per fortuna non è chiaramente riconoscibile, ma la dinamica dei commenti è simile, e speriamo non porti alle stesse tragiche conseguenze.
Purtroppo la gente non impara dagli errori, o comunque, ha la memoria sempre più corta!
I problemi principali di queste situazioni (cyber-stalking, cyber-bullismo, diffusione di informazioni altrui, ecc.) sono molteplici, e meriterebbero una trattazione separata per ciascun argomento ma, per praticità, cercheremo di riassumerli il più possibile (augurandoci di poterli riprendere in futuro con la dovuta cura):
- Quelli culturali: dovuti a dei gravi stereotipi (di genere e non) fortemente radicati;
- La scarsa conoscenza delle dinamiche informatiche: qualsiasi cosa venga “pubblicata” in rete rischia di diventare “PUBBLICA”, ed è facile perderne il controllo perché potrà essere replicata all’infinito;
- La falsa percezione di anonimato di chi commenta e pubblica da dietro uno schermo sentendosi sicuro e protetto dalle mura della propria abitazione, ignorando però che qualsiasi operazione venga fatta in Rete lascia una traccia precisa;
- Il forte senso narcisistico di protagonismo che porta gli utenti a pubblicare qualsiasi cosa pur di avere un minimo di attenzione nell’immediato, senza curarsi dei possibili effetti futuri.
La lista potrebbe continuare ma, in generale, ciò che traspare è un utilizzo molto superficiale degli strumenti informatici, spesso molto meno consapevole di quanto non crediamo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Per arginare il fenomeno del Cyber-Bullismo, il 17 maggio la Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge n. 3139-B recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Sebbene questa legge preveda pene per chi effettua atti di Cyber-Bullismo e disponga l’istituzione di apposite figure per la prevenzione di tali reati, rimane, (come la maggior parte delle leggi italiane in materia), un tentativo di limitare gli effetti di un fenomeno in continua evoluzione (come successo anche coi cookies), ma non mira alla radice del problema.
Un grande aiuto per diminuire tutte le problematiche legate al cattivo utilizzo degli strumenti informatici potrebbe venirci invece da un’adeguata “Educazione Digitale”, che insegni ai giovani, fin dai primi anni, a rapportarsi con più rispetto e intelligenza alle opportunità che questi nuovi mezzi comunicativi ci offrono, aiutandoli a comprendere come il cyberspazio e le informazioni che vi circolano siano divenuti una nuova dimensione reale dell’essere umano.
Oltre ai dati pubblicati da noi più o meno consapevolmente, c’è poi tutta un’altra parte di dati che proviene dalle aziende con le quali interagiamo per acquistare beni e/o servizi, le quali puntualmente ci chiedono come “conditio sine qua non” di accettare le clausole sulla privacy, ottenendo così carta bianca sulla gestione, e spesso la cessione dei nostri dati ad altre società.
I dati personali sono diventati il “nuovo oro nero” per le aziende di tutto il mondo, e pertanto, c’è tutto l’interesse ad avere una massa di “entusiasti digitali” che producano Gigabyte di dati per le loro banche di profilazione: anche quelli che ora possono sembrarci irrilevanti, in futuro potrebbero avere tutto un altro valore e, addirittura, potrebbero ritorcersi contro di noi.
Alla luce di quanto esposto, viene da ripensare ironicamente ai film polizieschi americani di qualche anno fa, quando un malvivente veniva arrestato e puntualmente l’agente gli diceva: “…hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirai potrà e sarà usata contro di te in tribunale…”
…”Il Diritto di rimanere in silenzio”… Ecco, nell’era della comunicazione digitale, se ripensiamo alle problematiche su citate, quella frase ci ricorda che, del resto, non abbiamo il “dovere di pubblicare” ogni cosa e, declinandola con un “digitalizzerai” al posto del “dirai”, acquisirebbe un senso tristemente attuale, reale e profetico, diventando: ”Qualsiasi cosa digitalizzerai (in Rete) potrà essere usata contro di te”…
Gabriele Gulia