La frattura
Mag 21st, 2017 | Di cc | Categoria: Politica
Per molti era impensabile. Qualcuno già si stava prodigando a tessere tele e a scrivere spartiti di gloria per l’ennesimo “salvataggio” della Compagnia una volta di bandiera. Poi è successo l’inaspettato. 11.000 uomini e donne dipendenti di una Società che un tempo sembrava immortale, hanno deciso di dare un calcio alle logiche imposte dal mercato e rischiare sulla propria pelle; rischiare il suicidio lavorativo ma rifiutando con un secco no l’ennesimo ricatto determinato da sistemi di profitto e di convenienza a senso unico. Il risultato del referendum sull’accordo Alitalia è stato il nuovo, pesante segnale della stanchezza e della sfiducia dei lavoratori e più in generale della gente nei confronti di una classe politica e manageriale che oramai ha barattato tutto sull’altare della finanza e degli utili. Il segnale è forte perché arriva da una realtà che tra dipendenti, indotto e utenti interessa un oceano di persone e non solo. Per il nostro Paese Alitalia rappresentava il miraggio del successo e l’eleganza del domani. Mentre la Fiat era la catena di montaggio a cui aggrapparsi per sopravvivere e crescere i figli, Alitalia era la realizzazione di un sogno. Oggi non è rimasto né l’uno né l’altro! I lavoratori di Alitalia hanno così lanciato un guanto di sfida pesantissimo: siamo pronti a mettere e repentaglio il nostro futuro e quello delle nostre famiglie, ma sia evidente la mano di chi ci uccide. Si, perché nessuno può tirarsi indietro da un fallimento annunciato. Non può tirarsi indietro Il Governo che, come un pupazzo che parla a più voci, appare completamente spiazzato dagli avvenimenti nonostante sia esso stesso emanazione dell’esecutivo del sig. Renzi che solo due anni fa (era il 4 giugno 2015) decantava il decollo di Alitalia. Non possono far finta di nulla gli azionisti che hanno completamente sbagliato i piani industriali puntando su scelte suicide dettate anche da interessi di parte e su un management i cui meriti sono sotto gli occhi di tutti. Non possono girar la faccia i Sindacati i quali hanno ricevuto la più sonora sfiducia che potessero mai immaginare.
Il tempo in cui a determinare le cose erano solo il mercato e la finanza, insomma i nuovi padroni, sta assumendo una piega imprevista. Sotto la spaventosa crisi che ha attanagliato il mondo occidentale negli ultimi anni si sono nascoste forzature eccessive che hanno spinto indietro di tanto, di troppo, il mondo del lavoro. La stessa Europa, un tempo progetto di sviluppo si è trasformata in un’odiata megera forte con i deboli e debole con i forti. Tutto questo sta provocando un malessere che in maniera sempre più evidente sta diventando incontrollabile.
Chi si era illuso di creare un nuovo ordine basato su logiche elastiche di produttività troppo distanti dal marciapiede sta rischiando di trovarsi tra le mani solo macerie. In Italia questo si sta manifestando in modo palese, Alitalia è solo la punta di un iceberg pronto a evidenziarsi in tutta la sua drammatica maestosità. La disoccupazione, la sfiducia dei giovani, la disperazione delle famiglie che vedono sempre più assottigliarsi il proprio potenziale di sopravvivenza sono pericolosi elementi di un ordigno sempre più carico. Occorre un cambio di rotta deciso, una modifica strutturale dell’idea Paese e del modo di fare azienda, un progetto che non può solo pensare ai numeretti di un bilancio e ai diktat di burocrati ingessati. Se non ci si libera dall’idea di una ineluttabilità del ricatto saremo condannati ad assistere a una frattura sociale dalle imprevedibili conseguenze. E questo interessa tutti, nessuno escluso.