L’Accabadora: inquietante racconto storico di una eutanasia ante-litteram
Apr 22nd, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura
Chi è l’Accabadora? Inquietante figura di una Sardegna arcaica che tra tradizioni popolari e riti apotropaici viene raccontata in questa pellicola dalla incredibile forza evocativa?
Si chiama Annetta la protagonista e aiuta i moribondi a compiere l’ultimo passo. Annetta è interpretata da Donatella Finocchiaro e diretta da Enrico Pau, cagliaritano esordiente sul “grande schermo”.
il titolo è lo stesso di un romanzo premio Campiello di Michela Murgia col quale, però, spartisce zero. Perché in verità la figura che vi si identifica è figlia delle tradizioni segrete e insondabili della sua terra, legata ad una radice linguistica spagnola, acabar che si traduce con la parola fine, e acabadora con finitrice. Tutto lugubremente chiaro e tetro. Del resto, proprio quello fa, di mestiere, la donna. Che non si diverte a farlo, però lo fa meccanicamente, senza tradire emozione o dolore. Arriva al capezzale dell’agonizzante, capovolge, quando c’è, il crocifisso appeso alla parete, lo soffoca con un cuscino o un fazzoletto – talvolta interviene un ligneo martello - e conclude il suo lavoro.
Arrivata a Cagliari durante la seconda guerra mondiale, la protagonista vestita di nero e con il suo passato ingombrante, gremito di enigmi e pene segrete appare subito come la raffigurazione della morte e pare che da un momento all’altro la falce emerga da sotto al mantello.
I bombardamenti alleati – intensi, costanti nell’urlo delle sirene tra i cumuli di macerie –contribuiscono a creare una atmosfera ancor più cupa.
La speranza sembra fare capolino quando Annetta conosce il giovane medico inglese Albert col quale potrà forse condividere una nuova e più solare visione dell’esistenza aiutata, in questo, anche dal bel rapporto d’amicizia e di confessioni con Alba, un’artista dolce e serena interpretata da Carolina Crescentini.
Un viaggio nella tradizione e nelle leggende alle quali appartiene quella strana figura di donna a cavallo tra mito, credenze e realtà: una sorta di creatura fantastica che i racconti folclorici e qualche ricerca antropologica vorrebbero anziana e che Pau, al contrario, veste di una presenza ancora giovane e affascinante. Lasciando scivolare su di lei un racconto sempre “sospeso”, bagnato nei colori bruni di una fotografia fatta di oscurità, riflessi e giochi d’ombre, percorso da realtà vibranti e ossessioni fantasmatiche.
Lunghe pause, silenzi nei canti sardi dilaganti, nella gestualità, nei soprassalti sepolcrali, nel grano ondeggiante e crepitante calpestato “in soggettiva” dai passi di Annetta solcanti la campagna con ripetitività fobica, simile ad un macabro rintocco di morte, specchio di una cultura popolare, della quale l’Italia è ancora prodiga, dove scienza e magia, presente e passato, umani dolori e sibilanti echi horror riescono qua a mescolarsi in una interessante manipolazione cinematografica.
Salvatore Aulicino Mazzei