“Parliamone ancora di parliamone sabato”
Apr 3rd, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e CulturaSembra si sia già placata l’ondata di indignazione sollevatasi sabato 18 marzo per via di argomenti sessisti trattati all’interno della trasmissione condotta da Paola Perego “Parliamone Sabato”, in onda su RaiUno in fascia pomeridiana. Nemmeno un paio di settimane prima girava in rete un articolo che criticava la pubblicità, in quanto colpevole di veicolare stereotipi sbagliati soprattutto sulla donna, vista come oggetto al servizio dell’uomo… In un commento avevo osservato che, più in generale, è tutto il sistema mass-mediatico che tende a riproporre immagini e idee stereotipate della donna, non solo le pubblicità: c’è un’intera industria culturale gestita da principalmente da uomini e infatti, messaggi distorti di donne sottomesse, oggetto, ecc., sono facilmente riconoscibili nei film, nei programmi tv, ecc…
A conferma di tale punto di vista, nella trasmissione di sabato 18 marzo, gli argomenti che hanno indignato gran parte degli spettatori e dei politici italiani riguardavano dei fantomatici motivi per preferire una fidanzata proveniente dall’Est Europeo a una nostrana; più che argomenti, beceri stereotipi, tra l’altro facilmente confutabili da chi ne conosca qualcuna, realmente…
Si andava dal fisico sempre perfetto, (anche subito dopo aver avuto bambini), all’essere “sempre sexy” anche durante le faccende domestiche, alla mancanza di gelosia, ad altre sciocchezze di questo tenore.
Sui social network è subito scoppiato il finimondo, e tutti se la sono presa principalmente con la conduttrice. Prontamente sono arrivate le scuse dei vertici Rai, che hanno quindi deciso di chiudere anticipatamente il programma.
Intervistata dalle Iene di Italia1, la Perego, in lacrime, in sua difesa ha affermato che i contenuti erano stati precedentemente approvati dai dirigenti che, davanti alle proteste, hanno poi finto di esserne all’oscuro.
Sempre in sua difesa ha sottolineato che molti hanno giudicato solo da un cartello apparso in video, senza considerare il contesto della discussione in studio. Anche se, pure in quella sede, le affermazioni di alcuni ospiti non è che siano state edificanti…
Il problema principale è che molti ignorano come vengano costruiti i programmi televisivi: i testi e gli argomenti non li sceglie il conduttore, ma c’è un’equipe di autori e di persone (non sempre professionisti della comunicazione, purtroppo), che vagliano e scelgono gli argomenti che, a loro avviso potranno attirare di più l’attenzione del pubblico…
Come osservato da una studiosa della questione femminile in Italia, “dove girano tanti soldi è difficile smuovere le coscienze”… Ma è anche vero che spesso quelle coscienze non sono poi molto coscienti del loro operato.
Mi spiego meglio: soventemente le scalette sono strutturate seguendo degli standard poco creativi: ci si basa su “usi e consuetudini” consolidati nel tempo… Nella maggior parte dei casi non c’è quindi un ragionamento tecnico/scientifico, dietro, ma un semplice: “si è sempre fatto così, continuiamo a fare così!”
Questo perché gli autori tendono a proporre ciò che credono possa piacere al pubblico: “quello che la gente chiede”…
Ma anche quest’ultima affermazione lascia il tempo che trova perché, come dicevano sia Crozier nel 1966, sia Karl Popper più tardi, gli autori televisivi sono paralizzati dagli “indici di ascolto”, valori che però sono meramente quantitativi e non qualitativi… Pertanto, leggendo un picco, possono immaginare che la gente gradisca, ma non ne hanno un reale raffronto… E, ancor peggio, pensando di interpretare quelli delle masse si basano su gusti strettamente personali…
Ma qui entra in gioco “l’effetto Onda”, secondo il quale, la TV influenza le masse, ma a sua volta è influenzata da loro, perché ne cerca il consenso… Si creano così circoli viziosi di regressione molto pericolosi… (Si vedano ad esempio lo spopolare di Reality Show, di trasmissioni sempre più urlate, di ballerine sempre più spogliate, ecc…)
Agli albori della TV i presentatori erano solo uomini, le donne ridotte a semplice accessorio: soubrette, ballerine, annunciatrici. Negli anni 80 poi le TV commerciali lanciarono i miti delle maggiorate e delle ritoccate (vedi Drive-In, ecc.)…
E tutt’oggi, ci sono ancora programmi che tranquillamente ostentano le “Veline”…
Nel 2017 sarebbe forse il caso che gli autori televisivi ripensassero il modo di presentare le donne e gestire i ruoli in TV. Ancora meglio, come diceva Popper, servirebbe un Patentino per chi fa Televisione e, riallacciandoci al discorso delle Donne, per chi, più in generale fa Industria Culturale…
Gabriele Gulia