Vieni a vivere a Napoli: l’ambivalenza di Napoli a passo con i tempi
Mar 26th, 2017 | Di cc | Categoria: Cronaca di Napoli“Vieni a vivere a Napoli“ è un film ad episodi, tre episodi ed altrettante storie, profondamente dissimili per intenti ma insieme legate, capaci di raccontare il mix di culture che popola un tessuto ricco di suggestioni e stimoli, radicato nel cuore di una città portuale e in continuo conflitto con il suo essere tutto e il contrario di tutto.
Napoli, tra le mura scrostate di una palazzina vivono il portiere Nino con la sorella Anna, che nel tempo libero fa da tata al piccolo Yoyo, ragazzino cinese la cui madre ha dei ritmi di lavoro estenuanti. Quando Anna vince un viaggio premio di una settimana, Nino si riscoprirà a condividere più di quanto non sia disposto ad ammettere con il giovane Yoyo. Una condizione transitoria, utile e indispensabile per sradicare il pregiudizio nell’uomo e cogliere l’occasione per scrollarsi di dosso i lavoretti condominiali, con risvolti inaspettati.
Sempre in un interno prende le mosse la travagliata storia di Luba Volkova, presentatrice televisiva ucraina costretta a un presente di malinconici ricordi, tra il lavoro come badante di un vecchio burbero e la vita per i vicoli minacciosi di una Napoli gretta, che non fa sconti.
Vero e proprio “Shock” culturale, come quello vissuto dal giovane fattorino Amila Diggamaralalage, assunto da un chiostro-bar del centro per portare la colazione negli uffici. Esortato dai proprietari a non rientrare mai a lavoro senza prima essere stato pagato, verrà coinvolto in un vortice folle di concerti neomelodici e tragiche nevrosi in limousine. Nel sentore di una realtà malcelata di sfruttamento e attaccamento a logiche mafiose contro cui nulla è possibile, tantomeno sottrarsi indenni, il giovane indiano sarà l’amante per un giorno di una starletta solitaria e arrabbiata, costretta tra matrimoni, serenate e comunioni.
Niente pietismi, ridotti al minimo i sentimentalismi, i moti espressivi raccontati nei silenzi attoniti di un pesciolino muto.
Un film che è manifesto culturale di una città in continua trasformazione, dove s’inseriscono personaggi unici, peculiari, mai ridotti a stereotipo perché mostrati in tutta la loro fragilità, che è poi il più virtuoso dei simboli di forza dell’uomo contemporaneo.
La commedia lascia spazio al sentore per il dramma celato; sarà l’ellissi a raccontare più di quanto facciano i protagonisti con le loro vite zeppe di espedienti. Guido Lombardi, Francesco Prisco e Edoardo De Angelis firmano un lavoro corale che è più di un ritratto, è un immaginario che ricorda la coralità dislocata di Night on the earth di Jarmusch in una sorta di simposio dedicato alla città e alle sue contraddizioni. Vicoli, strade e interni mal illuminati, rimandano al protagonismo indiscusso di una Napoli visionaria, al suo essere “dialettica per antitesi”, eros e thanatos, poesia e squallore, da sempre inscindibili. Un perenne stato di grazia in lotta con la ruvida sensazione di attesa, laddove la svolta appare sempre a portata di mano, salvo sfuggire ad ogni tentativo di presa.
Salvatore Aulicino Mazzei