Il colonnello senza esercito

Feb 6th, 2017 | Di cc | Categoria: Politica

di Edoardo Barra

 

 

C’è una sorta di tristezza in quel che sta accadendo al PD. Un qualcosa che sa di perso, di abbandono, di disperato. Un partito che mai è riuscito a esprimere quello che il popolo di sinistra avrebbe voluto e nemmeno ciò che la parte di moderati, che aveva aderito al progetto, desiderava. Le difficoltà ci sono sempre state e qualcuno si era illuso che Renzi avrebbe potuto compiere quel processo di fusione tra varie anime che era stato l’auspicio dell’Ulivo prima e dello stesso PD dopo. E invece, come spesso capita, l’uomo chiamato a realizzare il sogno non solo non è stato all’altezza ma adesso, dopo che la sconfitta ha bruciato se stesso e gran parte della sua guardia del corpo, è in preda ad una confusione tale per cui ogni occasione è buona per dire tutto e il contrario di tutto pur di recuperare il potere nel quale si è crogiolato senza risultati per oltre mille giorni. Un potere il cui raggiungimento gli era stato facilitato anche da settori forti della società rappresentati da Re Giorgio, da simpatie finanziarie che da Benedetti arrivavano fino a Marchionne e da mille interessi lontani anni luce dal popolo di sinistra. Ecco, uno dei problemi è stato proprio questo: immaginare che la gente, quella dei marciapiedi, non pensasse, non avesse un grado di autonomia tale per cui dopo le chiacchiere desiderasse la concretezza. E invece tutto si è dissolto senza neppure una parvenza di ripresa, senza neanche ravvivare la speranza. Il referendum del 4 dicembre ha rappresentato una bocciatura senza alternative e la decisione della Consulta sulla legge elettorale è stata la definitiva caduta dopo l’ascesa irrefrenabile le cui molte ombre erano state nascoste dall’illusione. La fortuna dell’uomo solo al comando è stata anche rappresentata dalla pochezza del momento di un Centrodestra dilaniato mentre il M5S ancora non appariva tanto consistente da poter affrontare la prova di governo del Paese. Ma il tempo passa, le situazioni cambiano e, soprattutto, quel che è troppo è troppo.

All’interno del PD ormai si è alla resa dei conti. L’anima più socialista del partito a questo punto mal sopporta il boy scout democristiano che si atteggia a uomo di sinistra, che ha cancellato anni e anni di lotte sindacali con un Jobs Act fallimentare, con riforme che di sinistra hanno poco e con continue strizzatine d’occhio a un mondo finanziario troppo lontano per essere compreso. E adesso assistiamo alle capriole di un colonnello che per cercare di trattenere le truppe in rivolta promette tutto a tutti, senza un programma specifico, smentendo se stesso e anche la realtà se necessario. Il Rottamatore che nulla ha rottamato è di fronte ad un muro che si fa sempre più consistente e le diverse anime del PD ora cominciano persino a fronteggiarsi. Mentre Franceschini e Delrio, ambedue espressioni dell’evoluzione di quella che fu la Democrazia Cristiana, indicano come strada da perseguire quella delle grandi alleanze, la sinistra più socialista preme per tutt’altre soluzioni. Ed è Michele Emiliano, nel partito, il suo antagonista più pericoloso. Un uomo capace di rappresentare al meglio l’idea di una sinistra radicata nelle sue tradizioni, ma aperta a un confronto con gli altri a pari dignità. Accanto a lui la fronda antirenziana si amplia. Da Speranza a D’Alema, da Boccia a Bersani tutti a chiedere un Congresso che costringerebbe Renzi a palesare la propria debolezza e il fallimento dell’allegra e oscura brigata della Leopolda. E’ di queste ore anche la presa di posizione di Cuperlo, noto equilibrista alla stregua di Bersani, che ha rotto gli indugi con un netto “dimettiti e convoca il Congresso” rivolto a Renzi. Un monito che sa tanto d’avviso di sfratto. In tutto questo non dimentichiamo come, persino il suo mentore Re Giorgio ha lanciato segnali che sanno di abbandono del pupillo attraverso un netto rifiuto dell’ipotesi di un voto anticipato.

Tra l’altro, chi ha ben chiaro le dinamiche elettorali e le relative ricadute sa bene cosa significherebbe il voto con una legge diversa (e confusa) per i due rami del Parlamento. Tra l’altro in un momento come questo, tra un terremoto infinito e un’economia in apnea non si deve perder tempo in chiacchiere ma lavorare per un futuro diverso che non può più essere rappresentato dai fallimenti e dai falliti degli ultimi tempi. Lo si deve al Paese prima che la disperazione renda concreto qualcosa di ben più grave che incapaci con manie da leader.

 

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