LUCIO DEL PEZZO. OPERE ANNI ‘60. NAPOLI
Gen 8th, 2017 | Di cc | Categoria: Cronaca di Napoli
PROROGA DELLA MOSTRA FINO AL 12 GENNAIO 2017
Finissage giovedì 12 gennaio, ore 18.30
Napoli, AICA | Andrea Ingenito Contemporary Art
a cura di Andrea Ingenito e Piero Mascitti
Accolta con entusiasmo dalla città di Napoli che ne ha così decretato il successo, la piccola antologica “Lucio Del Pezzo. Opere anni ‘60. Napoli” proroga la sua chiusura al 12 gennaio 2017.
In tale data la galleria AICA Andrea Ingenito Contemporary Art intende tributare un ulteriore omaggio all’artista, tornato nella sua città dopo quindici anni di assenza, con un momento di festa aperto al pubblico che si svolgerà a partire dalle 18.30.
L’esposizione, curata da Andrea Ingenito e Piero Mascitti e realizzata in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano, presenta circa venti opere – collage, acrilici, tempere su tavola e una monumentale scultura in legno di 250 cm d’altezza – tutte risalenti agli anni Sessanta.
Furono anni cruciali per l’artista partenopeo: è proprio nel 1960, infatti, che lascia Napoli per Milano e che comincia il passaggio – artistico – dal disordine, dall’anarchia, dall’oggetto recuperato dai rigattieri napoletani, all’ordine, all’equilibrio, all’oggetto artigianalmente ricostruito.
Nella mostra alla galleria di Andrea Ingenito si ritrova questo delicato momento di transizione: alcune opere raccontano ancora un Del Pezzo legato al folklore, al “barocco” di Napoli, altre riportano un artista già rigoroso e “neoclassico”.
In questa fase la figurazione neodadaista degli esordi intrisa di riferimenti alla cultura popolare partenopea, apprezzabile in lavori come La noia, tempera, olio e collage polimaterico su tavola del 1961 o lo splendido Senza titolo del 1962, evolve verso una geometria razionale dal sapore metafisico, dove l’essenzialità delle forme rimanda a una dimensione archetipica che tuttavia reca il segno di un’attenzione al linguaggio pop. Una metafisica, quella di Del Pezzo, giocosa e scanzonata che ironizza e allo stesso tempo blandisce la situazione dell’odierna società consumistica e ne sottolinea i pregi e i difetti.
Emblematici, in tal senso, il Senza titolo del 1964 e Rosebud del ’65.
In tutte le opere in mostra si rintracciano le sue cifre di sempre: il disegno materico, il colore che si rapprende, il clima sospeso tra realtà e irrealtà e la sapienza artigianale.
In lavori come Grafismi del 1967, opera a cavallo tra pittura e scultura, e ancor più nell’imponente À Paris (1966, 250×140x34 cm), Lucio Del Pezzo esprime tutta la sua capacità manuale. Presentando una propria mostra a Rovigo alcuni anni fa, lo stesso artista dichiara: “Occorre l’ispirazione, ma occorrono anche tante altre cose: inchiodare, martellare, incollare, tagliare, sezionare, impastare, filtrare e blandire i colori. Le mani lavorano attorno a quello che il talento, quando c’è, intuisce”.
E c’è, infine, la dimensione del gioco e del divertimento. Sempre l’artista a tal proposito spiega: “Il divertimento deve essere insito nell’arte altrimenti è come mettersi la toga”. Un elemento ludico che è però sempre controllato dal rigore e dalla pulizia, da quella disciplina, cioè, in grado di trasformare il gioco fine a se stesso in arte