Il partito sospeso
Set 23rd, 2016 | Di cc | Categoria: Politica
di Edoardo Barra
Sta passando inosservato un evento che potrebbe cambiare di molto lo scenario politico italiano. Il Partito Socialista, tormentato negli anni recenti da strascichi d’infamia gratuita e soggetto nella sua gente a una massiccia diaspora, è tornato in queste ore all’onore delle cronache per una circostanza che rappresenterà lo spartiacque definitivo tra il passato e un futuro tutto da costruire.
Ma andiamo ai fatti.
L’ultimo Congresso socialista tenuto a Salerno nel mese di aprile scorso ha sancito la spaccatura tra il gruppo dirigente del Segretario Nencini che esprime una linea del tutto filo renziana e chi, invece lo accusa di aver appiattito il partito verso il nulla attraverso una “concezione padronale”.
Un’accusa durissima alla leadership del partito che fu di Turati, Nenni e Craxi, colpevole, a detta di molti aderenti e simpatizzanti, d’aver cancellato ogni autonomia, impedendo, di fatto, il confronto interno e quindi la crescita.
Ma si è andati oltre. Alcuni esponenti del partito che si rifanno ad “Area Socialista” sospettando che il numero di delegati al Congresso fosse più alto rispetto a quello che avrebbe dovuto essere, dopo aver chiesto senza risultato l’accesso agli atti, hanno presentato ricorso per ottenere l’annullamento del Congresso stesso e delle sue determinazioni.
In pratica i ricorrenti sostengono che l’introito complessivo derivante dalle quote d’iscrizione sia inferiore rispetto a quello atteso visto gli iscritti dichiarati. Tale evenienza ha suscitato il dubbio che l’obiettivo fosse di gonfiare la consistenza degli iscritti al fine di assicurarsi un numero di delegati maggiore rispetto al dovuto (lo statuto prevede 1 delegato ogni 30 iscritti). Ebbene, il Tribunale di Roma gli ha dato ragione non trovando corrispondenza tra i dati e quindi ha sospeso gli effetti del Congresso, compresa la nomina a Segretario Nazionale di Riccardo Nencini, attuale viceministro alle infrastrutture del governo Renzi.
Questo fatto, del tutto inedito, determina - in concreto - una crisi interna al partito dalle conseguenze imprevedibili che già si stava manifestando con le diverse posizioni referendarie e con la creazione di Comitati Socialisti per il No, in opposizione alla linea dettata da Nencini.
L’Ufficio Stampa del PSI ha emesso un comunicato dove si evidenzia come la sentenza abbia sospeso l’efficacia delle delibere solo temporaneamente dichiarando di aspettare il dispositivo completo della sentenza e accusando i ribelli di “strumentalizzare il ricorso alla magistratura per rovesciare i congressi”.
Comunque si tratta di un colpo pesante inflitto alla credibilità della struttura. Non a caso Aldo Potenza, noto esponente del partito, tra coloro i quali sono ricorsi al Tribunale, ha affermato: “In 50 anni di vita politica mai avrei immaginato di dover ricorrere alla magistratura per chiedere il rispetto delle norme statutarie. La speranza è che quanto avvenuto serva ad avviare un radicale cambiamento di metodi e di guida del partito sempre più ridotto all’irrilevanza politica e a rischio di estinzione”.
In altre parole occorre recuperare l’identità del partito e rilanciarne la politica in un solco più consono alle proprie radici storiche, culturali e popolari: un’idea socialista che vada tra la gente e cresca con la gente.
E’ l’ennesimo travaglio di una compagine fondamentale nella storia e per la democrazia nel nostro paese. Un partito che forse andrebbe ricostruito anche attraverso una sorta di “costituente” tra le varie anime socialiste.
Questo è comunque un momento particolare anche per Renzi che deve valutare con attenzione le ricadute della situazione considerato come il PSI è l’altra gamba di sinistra di un governo sempre più a connotazione vaga e lontano dalle persone.