Conversazioni con le cose senza nome
Giu 14th, 2016 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura«Questo lavoro parla di musica contemporanea, quella che si suona nel nostro momento; perché il termine contemporaneo ha perso il suo vero significato, non è settario, non vuol dire suonata da pochi, seguita da pochi, ascoltata da pochissimi, bensì è tutto ciò che in quel momento avviene; un quartetto di Mozart, di Beethoven, è contemporaneo perché si suona ancora e si ascolta ancora, mentre ci sono musiche di autori contemporanei che non si suonano più». È con questa visione chiara e naturale della musica, come della vita,che Patrizio Marrone, compositorepartenopeo, già direttore del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, descrive “Conversazioni con le cose senza nome”, il suo ultimo lavoro discografico,edito da Stradivarius.Presentato presso la sala Chopin dell’Alberto Napolitano Pianoforti, al 6 di piazza Carità, nel cuore di Napoli, il disco si compone di 8 tracce,a Non è una carezza, per flauto dolce(2007), Adagio e Rondò(2005) per quartetto di sassofoni, si aggiungono 5 Conversazioni con le cose senza nome: tre per pianoforte, datate 1994, una per violino, datata 2010,e una per chitarra, datata 2014. «Le ho intitolate così perché queste forme musicali non hanno una collocazione, si tratta di un flusso musicale interiore, di forme libereche sono diventate molto complesse, perfino da catalogare -spiega l’autore-, forse proprio perché si riferiscono anche a questa attualità senza perché, a questo contemporaneo che non riesco a spiegare, a cui non riesco, appunto, a dare un nome».Il disco, vivamente apprezzato dalla casa discografica meneghina, che l’ha prontamente pubblicato, è un incontro tra sensi, ascoltandolo ci s’immerge in una foresta interiore, dove il pathos della curiosità, dell’indagine meditativa, della sensibilità più alta,corre, libero e palpitantesull’irregolareepopoloso sottobosco umano. Otto brani firmati da Marrone, interpretati da Daniele Colombo (violino), Antonio Grande (chitarra), Ciro Longobardi (pianoforte), Tommaso Rossi (flauto dolce), e il Quartetto di sassofoni Arcadia formato da Gianfranco Brundo (sax soprano), Corrado La Marca (sax alto), Salvatore Cutrò (sax tenore), Carmelo Ricciardi (sax baritono); 8 brani espressione di un linguaggio nuovo, rivolto alla musica strumentale pura, 8 brani ricchi di sfumature, di accenti, di intense pause, di bui affascinanti, 8 brani che gettano idealmente un ponte tra tradizione e modernità, proprio come la dedica che chiude il lavoro, la dedica ai Romualdo, padre e figlio, «i miei due pilastri -sottolinea il Maestro-, con lo sguardo aperto al futuro».
Rosaria Morra