IL CAMBIO DI PASSO DEI PENTASTELLATI
Apr 19th, 2016 | Di cc | Categoria: Politica
di Elia Fiorillo
Gianroberto Casaleggio se n’è andato in punta di piedi, stroncato da un tumore al cervello che aveva scoperto qualche anno fa. Per evitare che i giornalisti ficcassero il naso nell’ospedale dove era ricoverato da giorni s’era fatto registrare sotto falso nome. Lui, Gianroberto, era fatto così: schivo ma tenace, che più non si poteva.
Il cordoglio del mondo politico è stato unanime e, in qualche caso, si è arrivati a superare le righe del buon senso (e gusto). Chi in vita l’aveva denigrato oltre misura, in morte non doveva esagerare negli elogi postumi. Una grave perdita per il “MoVimento” Cinque Stelle. Se n’è andato l’uomo che mise il “detonatore” alle idee politiche di Peppe Grillo, facendo esplodere il consenso intorno a quelle pensate. Che succederà ora ai grillini senza l’uomo delle strategie mediatiche-internettiane? I pentastellati all’unisono gridano che tutto girerà come prima., che nulla cambierà. Ma se fosse vero che Casaleggio era il burattinaio, l’uomo dalle intuizioni vincenti, la sua scomparsa complicazioni sicuramente ne potrebbe portare. E aver acclamato al suo posto il figlio Davide, pensando che tutto potesse restare come prima, è un’utopia confermata involontariamente anche da Casaleggio junior che nel suo intervento d’investitura batte il tasto, con un racconto immaginifico, sull’unità a tutti i costi. Segno che sono tante e diverse le ambizioni personali che appaiono più forti degli ideali del “MoVimento”.
Ai funerali Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carlo Sibilia e Carla Ruocco, membri del direttorio, entrano in Chiesa abbracciati. Il messaggio che vogliono lanciare - anche loro - è preventivo: non ci saranno divisioni, tutti insieme appassionatamente per continuare a perseguire gli obiettivi politici dei 5Stelle puntando tutto “sull’onestà” (interna ed esterna).
Nella vita di ogni persona c’è sempre il momento del distacco dai genitori. L’occasione per i pentastellati è probabilmente venuta con la morte di Casaleggio e con Grillo ritornato a calcare le scene dei teatri italiani. C’è chi invoca il ritorno a “tempo pieno” del comico-politico, ipotizzando l’impossibilità di andare avanti senza un leader che dia la linea. Ma potrebbe essere proprio l’inverso. Il direttorio formato da quelli che una volta - nella vecchia D.C. - si chiamavano “cavalli di razza”, potrebbe prendere collegialmente la guida del partito-movimento. Una novità assoluta nel nostro Paese dove i partiti sono diventati personali. Finito il capo finisce anche la sua creatura politica. Un esempio significativo è quello di Antonio Di Pietro con “Italia dei valori”.
Una leadership condivisa e concorde che di volta in volta, secondo il momento politico, designa uno dei suoi uomini per lo scranno di Palazzo Chigi o della Camera dei deputati o di qualsiasi altra istituzione. Ma quel gruppo dirigente, dopo due mandati, diciamo dopo dieci anni di attività, va a fare altro, esce dalla cabina di regia per far posto a nuovi nomi, proprio per evitare l’eterno giro dei soliti noti.
Di problemi i 5Stelle ne hanno diversi d’affrontare. La loro campagna elettorale a favore del “si” sulle trivellazioni non è andata bene. Il quorum non è stato raggiunto. Non per merito di Renzi che pur aveva indicato agli elettori di non andare a votare. E’ in generale la sensibilità dell’elettorato verso tante tematiche della politica che non c’è. Loro, i pentastellati, più di altri, da questo punto di vista possono avvicinare l’elettore alla gestione della “polis”, ma l’immagine dell’unità, congiunta alla concretezza delle proposte e successiva gestione delle stesse, può risultare vincente.
Un banco di prova decisivo per il “MoVimento” è Roma Capitale. Con un centro-destra diviso che non riesce a convergere su di un candidato unitario e con un Pd in perenne fibrillazione tra le sue varie anime, la vittoria di Virginia Raggi a sindaco potrebbe diventare una realtà. E trasformare i 5Stelle da partito della protesta a quello di governo. Un primo passo verso un bipolarismo, sottovalutato dal centro-destra, tra PD e Cinque Stelle.