La rottamazione rottamata

Apr 8th, 2016 | Di cc | Categoria: Politica

di Edoardo Barra

 

 

            Tutto era iniziato con un respiro che sapeva di nuovo. Tante belle parole, banali per quanto si vuole, ma di facile presa. Molti avevano creduto alla genuinità del dissacratore, del Davide che assaltava Golia. A tanti il Giovin Capitano fiorentino era apparso come il nuovo che cancella ogni lordume lasciando libero e pulito il cammino a venire. Senza troppa fatica, ben celando la poco democratica ascesa, colpendo con il sorriso, la carta d’identità, le slide e i social aveva conquistato la poltrona di comando. Tutto sembrava perfetto agli occhi di chi si affidava al suo fulgore e alle sue capacità, abbagliato da una ascesa velocissima e apparentemente libera da schemi e scheletri anche se la Leopolda già manifestava i propri tentacoli. Poi l’apoteosi con la vittoria alle elezioni europee, un successo esaltato oltre ogni misura considerato il forte astensionismo e i numeri di preferenza per il PD minori di quelli della volta precedente.

A quel punto Renzi sente di avere in pugno la situazione e, preso da una sorta di delirio d’onnipotenza, comincia a metter mano a leggi e riforme senza l’ausilio di nessun altro che non fosse il proprio entourage e il voto di fiducia. Richieste di fiducia poste a un Parlamento composto da persone terrorizzate dal poter perdere il tanto agognato scanno e quando i numeri non ci sono c’è Verdini a pensarci.

            Poi, lentamente, la realtà. Il governo che appare sempre più lontano dalla gente, provvedimenti che avrebbero dovuto creare occupazione e accompagnare la ripresa economica e invece si rivelano inutili e controproducenti, le tante perplessità su azioni e componenti del governo, la difficile convivenza con quel che rimane della sinistra del partito, fino a giungere al caso Banca Etruria e allo scandalo petroli (o più correttamente “scandalo Gemelli” dal nome del compagno del ministro e per le mille sfaccettature che sta assumendo) con le dimissioni del ministro Federica Guidi.

Casi, questi ultimi, emblematici di quanto il cosiddetto nuovo corso altro non sia che un copione riveduto e corretto di sceneggiature di infimo ordine. Cosa sarebbe successo se un ministro di altri governi fosse rimasto invischiato in una vicenda simile a quella della Banca Etruria nel modo in cui lo è stato la bella Maria Elena Boschi? Ma su questo nome il Giovin Capitano non fa sconti, al punto che seppure la onnipresente Maria Elena appare anche in quello che oggi definiamo scandalo Gemelli, per ora l’unica testa caduta è quella della Guidi. Ma è l’immagine della compagine governativa nel suo insieme che ne esce malconcia, apparendo come manovrata da comitati d’affari e d’interesse, da personaggi ambigui, oscuri, da nomi poco o per niente noti ma influenti al punto di determinare leggi, nomine e decisioni.

            Tante le cose da chiarire in una situazione nella quale trasparenza e genuinità delle azioni del governo risultano quanto meno appannate. Tutto ciò nonostante il buon Matteo e i suoi affiliati godano della benevolenza di buona parte dei mass media. Ma l’architettura renziana, quella dell’uomo solo al comando,  scricchiola e in questi momenti è lo stesso Matteo costretto ad uscire allo scoperto con una certa arroganza che non lascia del tutto tranquilli.

            Il Giovin Capitano è abituato a vincere senza troppo penare, è disturbato dalle dialettiche politiche, non accetta di buon grado il confronto, appare infastidito dalla gente a cui ogni tanto lancia qualche euro convinto di poterne comprare il consenso.

            Eccolo dunque esprimersi contro i magistrati di Potenza, ignorare volutamente la piazza, tentare di imporre le sue logiche. Si parla di Napoli come città derenzizzata? E il prode Matteo subito replica con un verrò più spesso. C’è chi critica la sua politica? Per Renzi non sono che gufi e altri animaletti vari. Ma l’immagine più inquietante è stata offerta dal Primo Ministro ospite qualche giorno fa di “in ½ ora” di Lucia Annunziata. In quella sede con una malcelata tracotanza, riferendosi al famigerato emendamento da cui è scaturita la bufera, ha affermato di aver scelto lui di farlo, di rivendicarlo, di essere roba sua.

Un atteggiamento da brividi. Son venute inconsciamente alla memoria le parole pronunciate in Parlamento da altro uomo solo al comando che, con le dovute e sostanziali diversità, affermò: “ebbene, dichiaro qui al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di quanto avvenuto”.

Lascia un commento

Devi essere Autenticato per scrivere un commento