Dopo l’incontro di ieri tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, il governo parte deciso verso una nuova stagione di riforme. La giustizia, certo, ma non solo. Abbiamo detto non a caso il governo, perché lì si fanno le cose mentre nelle coalizioni è inevitabile che si discuta anche di politica. Accade da noi – ed i giornali ne riferiscono abbondantemente con interpretazioni spesso maliziose, spesso esagerate – e figuriamoci qual è la situazione nella sinistra.Ma torniamo appunto al governo. Berlusconi, mentre il Paese sta uscendo dalla crisi, aveva annunciato non una “fase due”, ma il proseguimento della spinta innovatrice ed il mantenimento della promessa ad attuare le grandi riforme. Così sarà. · Il codice di procedura penale verrà profondamente rinnovato per renderlo degno dei paesi più civili. I processi non potranno durare più di sei anni, ognuno dei tre gradi di giudizio non dovrà occupare più di due anni. Sarà un disegno di legge di iniziativa parlamentare – ovviamente della maggioranza –incardinato al Senato, ma sul quale Fini, nella sua veste di alleato e presidente della Camera, ha dato le più ampie garanzie. · Una giustizia giusta è una giustizia veloce: ognuno ha diritto ad essere giudicato nei tempi più rapidi possibili. È quanto ci ha sempre rimproverato l’Europa, con un monito indirizzato ovviamente al nostro apparato giudiziario. Non si può appellarsi alle istituzioni europee solo quando ci sono di mezzo i crocifissi o inesistenti attacchi alla libertà di stampa. Questo dunque è un affare molto serio e concreto: processi interminabili significa iniquità e danno per i privati cittadini, e per un politico significa rischiare di finire in balìa dei magistrati. Per la politica in generale vuol dire veder mutare le scelte democratiche degli elettori in base agli orientamenti delle procure. · Berlusconi nei 15 anni di attività politica ha subito innumerevoli processi, tutti incardinati in modo strumentale con un uso politico della giustizia, e da tutti è uscito indenne. I magistrati stanno cercando di raschiare il fondo del barile con i procedimenti Mills e Mediatrade. Ma la fantasia delle toghe politicizzate è fertile. La faziosità di alcuni di loro altrettanto acclarata. Il 6 novembre, appena ricevuto il famoso “papello” di Vito Ciancimino del quale il figlio Massimo parla a modo suo in ogni talk show della sinistra, il sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia si è precipitato ad una manifestazione a Napoli dell’Italia dei Valori per sferrare un duro attacco al governo. Un comizio vero e proprio. All’estero comportamenti simili costerebbero la sospensione dal lavoro del magistrato: se vuoi fare politica, lascia la toga. Al minimo, da noi, quel pm non dovrebbe più occuparsi di mafia e politica, per una evidente legittima suspicione. · La faziosità di alcune toghe rosse, ripetiamo una minoranza tra tanti che invece fanno il loro dovere, pone un problema più generale di credibilità della magistratura e rende non più eludibile un’altra riforma, in aggiunta a quella concordata ieri tra Fini e Berlusconi: la separazione della carriere tra giudici e pm, ed il divieto per chiunque indossi la toga di far politica. Per averne parlato in un editoriale il direttore del Tg1 è stato accusato di “inaudita faziosità” dalla sinistra. Ma questi sono i fatti. Così come un fatto è che la fiducia nella magistratura è scesa tra gli italiani al livello minimo del 18 per cento. · In questo contesto si è svolto ieri l’incontro Berlusconi-Fini, dove è stato deciso di mettere mano per ora al codice di procedura penale. Ci siamo soffermati sul contesto per puntualizzare lo stato delle cose, al di là dei ruoli certamente diversi fra il premier ed il presidente della Camera. · Fini comunque, proprio da presidente della Camera, si è assunto la responsabilità e si è fatto garante di una riforma che verrà approvata in tempi rapidissimi, articolata su tre punti.- Il primo punto: ogni cittadino ha diritto ad una giustizia rapida, ed il giusto processo non può durare più di sei anni complessivi, tra primo grado e Cassazione. Non più di due anni per grado di giudizio. Chiunque abbia subito un processo più lungo può chiedere un indennizzo.- Il secondo punto: sanato il pregresso, da qui in avanti la legge si applica ai procedimenti per pene non superiori a 10 anni, ed ai cittadini incensurati e non recidivi o di cui non sia stata accertata la pericolosità sociale. Dal tetto alla durata dei procedimenti, oltre agli omicidi, restano esclusi i reati di mafia, terrorismo o di elevato allarme sociale.- Il terzo punto: per i processi già in corso è prevista una norma transitoria che stabilisce la prescrizione se il giudizio non arriva nei due anni dall’avvio del procedimento. · Contro quest’ultimo punto è già insorta la sinistra. Il Pd vi individua una “tagliola” per reintrodurre di fatto la prescrizione abbreviata di cui si era parlato nei giorni scorsi. Con questa levata di scudi, il Pd anche nella versione Bersani rivela il proprio vero intento: non contribuire ad una riforma organica e parlamentare della giustizia, ma continuare ad utilizzare la via giudiziaria contro Berlusconi.
· L’itinerario concordato ieri da Berlusconi e Fini – e del quale, ripetiamo, il presidente della Camera ha assunto pubblicamente la responsabilità e in un certo senso rivendicato la paternità – è tutto fuorché una legge ad personam. Prevede l’itinerario parlamentare e non sarà una legge del governo. Dunque, un provvedimento di cui il Quirinale dovrà prendere atto, senza paletti preventivi.
il mattinale