DOPING: Chi è il vero colpevole?
Mar 9th, 2016 | Di cc | Categoria: Sport
È di pochissimi giorni fa la notizia che la super tennista modella russa Maria Sharapova è risultata positiva al test anti doping durante gli Australian Open.
La notizia è stata annunciata dalla tennista in una conferenza stampa, da lei stessa indetta, durante la quale ha dichiarato di essere risultata positiva ad un principio attivo (il Meldonium) contenuto in un farmaco per il diabete che assumeva ormai da dieci anni e che solo dal 1° gennaio è stato introdotto nell’elenco delle sostanze vietate. Il Meldonium è un farmaco anti-ischemico che migliora la resistenza, accelera la risposta del sistema nervoso centrale ed abbrevia i tempi di recupero.
Lo sponsor principale, NIKE, ha prontamente sospeso la ricchissima sponsorizzazione in attesa che
Di personaggi illustri del mondo dello sport risultati positivi al doping ce ne sono tantissimi ed in ogni ambito, dal ciclismo all’atletica, dal nuoto al calcio fino al body building.
Il doping è una continua corsa tra le case farmaceutiche, che creano sostanze sempre nuove, e gli istituti medici che cercano i mezzi per scoprirle. La lista delle sostanze vietate è in continuo aggiornamento ed è composta anche da elementi che non sono di per sé dopanti, ma che, se presenti all’interno delle urine o del sangue, sono emblematici dell’uso di doping (per esempio i diuretici).
Le Olimpiadi non sono solo tra gli atleti, ma anche tra le case farmaceutiche.
C’è da dire che vi sono due tipi di doping: quello migliorativo della prestazione e quello che non migliora la prestazione, bensì permette all’atleta di raggiungere prima il top della condizione affinché possa sopportare meglio i carichi di lavoro che gli permetteranno di ottenere la migliore performance.
Il ciclismo e l’atletica sono quelli che contano i casi più eclatanti; il ciclismo, è riconosciuto come lo sport più usurante in assoluto. I ciclisti sono obbligati a fare mediamente oltre
Appena scoperto positivo al doping l’atleta perde immediatamente le sponsorizzazioni. Ovviamente il marchio prende subito le distanze perché vuole essere associato ad un’immagine pulita, ad un vincente senza scorciatoie: ad un super uomo.
Questa continua corsa dei marchi pubblicitari ad indirizzare sempre più ad identificarsi con l’atleta che vive il sogno che la popolazione non osa vivere crea idolatria. All’atleta, come all’artista, piace essere idolo; milioni di persone che invocano il tuo nome, che vestono come vesti tu, che si tagliano i capelli come i tuoi, che, ancora non paghi, ti seguono sui social avidi di sapere ogni tua minima azione in ogni esatto momento per sentirsi ancora più vicini e …..simili.
Per far sì che questo avvenga l’atleta, la cui carriera è brevissima, deve restare quanto più possibile sulla cresta dell’onda e molti sono quelli disposti a barare.
C’è un problema però: chi è povero si abitua immediatamente ad essere ricco, ma a tornare povero non ci si abitua più… Ancor più della ricchezza, per alcuni, può la fama: per chi diventa idolo tornare nell’anonimato è la peggiore delle dannazioni, pertanto, poco male se l’EPO, aumentando la densità del sangue, può causare infarti fulminanti; non fa nulla se gli steroidi causano i tumori; non è vero che nelle gare di atletica femminile le donne hanno tutte la stessa fisionomia dovuta all’aumento delle dimensioni delle cartilagini causate dall’utilizzo di GH (ormone della crescita).
Nel Body Building, dove il doping è la normalità, ci sono addirittura due circuiti: quello classico (che contempla l’uso di sostanze dopanti) e quello “Natural” dove partecipano gli atleti che ripudiano la pratica del doping. Inutile dire che gli atleti famosi e sponsorizzati sono quelli del circuito classico.
Ci si dopa perfino nel tiro con l’arco e negli sport di sparo prendendo i beta bloccanti che rallentano il battito cardiaco che, pulsando, fa vibrare l’arto a scapito della precisione.
Questa società ha creato idoli ed il desiderio spasmodico di alcuni di farne parte innesca un meccanismo perverso.
Le case farmaceutiche spendono milioni per produrre sostanze dopanti affinché l’atleta possa diventare un “super uomo”, ricco e famoso, utile agli sponsor che guadagneranno miliardi con lui, ma che però lo scaricheranno immediatamente, laddove si scoprisse il trucco, puntando su un altro che, nel frattempo, già avevano creato.
Individuare il vero colpevole nell’universo doping è molto più arduo di quello che si pensi.
L’atleta è assolutamente colpevole, ma è la rotella piccolissima di un ingranaggio gigante che sfugge sempre all’occhio di chi guarda.
Vincenzo Barba