Il nuovo anno politico, tra interessi di parte e omissioni
Gen 14th, 2016 | Di cc | Categoria: Politica
di Elia Fiorillo
Che augurarsi dall’anno che è appena entrato? Niente cose complicate ma possibili, che proprio però per la loro semplicità possono diventare vere chimere. Dai politici - a tutti i livelli - sarebbe auspicabile che arrivassero non slogan elettorali giornalieri, conditi con facezie opportunistiche e populiste, ma idee per governare la “polis”. Anche quando queste vanno contro il “sentire comune”. Perché non è vero che la gente vuole ascoltare sempre il solito ritornello rassicurante. Se spieghi le cose, anche le più difficili e delicate, se riesci a far capire qual è l’obiettivo da raggiungere per salvaguardare “il bene comune”, se sei coerente tra quello che “predichi” eppoi fai ogni santo giorno, allora c’è speranza che il tanto declamato “cambiamento” possa avvenire. Se, per converso, ci si limita invece agli spot radio-televisivi per dimostrare una bravura che non ha niente a che vedere con la “costruzione del futuro”, dove il mitragliamento di parole e di autocompiacimento è spesso fine a se stesso e non ha niente a che vedere con la produzione d’idee finalizzate all’interesse generale, allora il declino è assicurato. Ciò anche perché la globalizzazione del mondo non ammette né dilettantismi, né provincialismi.
Il “bene comune” i partiti, ma non solo loro in verità, spesso lo misurano sui loro interessi particolari, in una contrapposizione eterna, senza possibilità di alcuna sintesi. Certo, il pluralismo delle idee è “cosa buona e giusta”. Ma quando si parla d’interesse nazionale, quando in ballo ci sono questioni delicate che mettono in discussione la serietà e la rappresentatività del Paese allora, dopo confronti e scontri serrati, c’è bisogno di fare sintesi. C’è bisogno che l’Italia abbia una sola voce.
Due tematiche, in particolare, ricorrono nel dibattito politico e creano confusione tra i cittadini per come vengono approcciate. La prima è vecchia come il mondo: la legalità. Tutti ne parlano in riferimento agli altri, creando situazioni di reciproca delegittimazione e ottenendo l’effetto opposto a quello che si vuol raggiungere. Sulla lotta alle organizzazioni malavitose, proprio perché a parole tutti sono d’accordo a debellarle, non ci possono essere polemiche strumentali per portare a casa un voto in più. Sarebbe auspicabile un accordo sottoscritto da tutti i partiti per evitare infiltrazioni malavitose nelle istituzioni, ovvero regole semplici e condivise per mettere da parte certi candidati in “odor di malavita organizzata”.
L’altro argomento su cui non si può continuare il balletto di chi la “spara più grossa” è l’Europa e l’Euro. Chi pensa di poter tornare indietro, ad esempio alla lira, senza che si abbiano conseguenze disastrose per il Paese, o di cancellare l’Europa con un tratto di penna per ritornare all’Italia di una volta, “mente sapendo di mentire”. E tutto ciò serve solo a depotenziare la necessaria ed opportuna riforma sia dell’Europa che della sua moneta. Si pensi solo per un attimo se i nostri europarlamentari su alcune questioni avessero una “scaletta unica”, e se il primo ministro italiano potesse avanzare a none del Paese, maggioranza ed opposizione, ipotesi di riforma dell’attuale struttura europea. Utopie o semplice buon senso?
La politica, i partiti, i movimenti, le organizzazioni sociali, essenziali per la vita democratica del Paese, hanno bisogno di rinnovarsi, di essere un tutt’uno con la gente che li esprime. Uno specchio in cui tutti possano guardarsi e ritrovarsi, non altri mondi fatti di gnomi eternamente alla ricerca del “potere” personale e di gruppo.
Ma come si fa a credere che i passaggi da un partito ad un altro sono dettati unicamente da idealità da perseguire? Quando i cambi in una legislatura sono centinaia, allora la puzza di bruciato (leggi interessi personali per il mantenimento del posto al sole) si sente, eccome se si sente.
Ci sono poi i peccati di omissione che, per certi versi, sono allo stesso livello di gravità di quelli finalizzati all’interesse di parte. Perché l’omissione, il tirare a campare, “autorizza” chi sbaglia - e sa di sbagliare - a continuare sulla sua strada senza alcun possibile freno. Insomma, è troppo comodo prendersela con la politica, i partiti, le organizzazioni sociali se non si prova a dare il proprio contributo alla loro vita democratica, che poi è alla base di quella del Paese.